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Home » Attualità » Nel mondo esistono 9mila specie di alberi sconosciute: ecco dove si trovano

Nel mondo esistono 9mila specie di alberi sconosciute: ecco dove si trovano

Il 14% di tutte le piante e gli arbusti presenti sulla Terra è ancora tutto da scoprire. Ma adesso grazie a un progetto di ricerca internazionale, è possibile sapere quanti sono gli alberi a noi sconosciuti e dove sono

Domenico Guarino
2 Febbraio 2022
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Vi siete mai chiesti quanti siano le specie di alberi presenti sulla Terra? Ebbene, sono 73mila. A fornire la risposta è stato uno studio dal titolo “The number of tree species on Earth” pubblicato sulla rivista PNAS. La ricerca è frutto di un ampio progetto internazionale, durato tre anni, che rappresenta la prima stima mai realizzata della ricchezza di specie arboree a livello globale. Primo autore del paper è Roberto Cazzolla Galli, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna.

Quante sono le specie di alberi ancora da scoprire (e dove sono nel mondo)

E non è tutto. Ben il 14% di questi, ovvero circa 9 mila sono del tutto sconosciute all’uomo. Rappresentano cioè un’incognita di cui non sappiamo praticamente nulla. Il 40% di queste si troverebbe in Sud America, in particolare nei due biomi di “praterie, savane e macchie” e di “foreste tropicali e subtropicali” dell’Amazzonia e delle Ande. E circa 3.000 di queste specie sconosciute sarebbero rare, endemiche a livello continentale e presenti in aree tropicali o sub-tropicali.

Incredibile, in un mondo che si crede assolutamente conosciuto e studiato fin nei più reconditi recessi. E invece a quanto pare potrebbero esserci quasi diecimila specie di alberi ancora da scoprire, di cui circa un terzo sarebbero specie rare, con una popolazione molto limitata e circoscritta in aree spesso anche molto molto piccole.

La Foresta Amazzonica è la più grande foresta pluviale della Terra

Mappatura degli alberi, un progetto realizzato da 150 scienziati

Non è stato facile arrivare a questo risultato. Anzi, si è trattato di un’impresa decisamente eccezionale considerando le difficoltà sia finanziarie che logistiche legate alla ricerca sul campo, oltre alle problematiche relative alla catalogazione delle diverse tassonomie. Per superare queste difficoltà, gli studiosi hanno prima di tutto realizzato una raccolta dei più grandi database esistenti di specie arboree forestali. Una mappatura che ha coinvolto 150 scienziati da tutto il mondo nell’ambito della Global Forest Biodiversity Initiative (GFBI), dalla quale è emerso un totale di circa 40 milioni di alberi appartenenti a 64.000 specie.

Da questo primo risultato, sono poi state realizzate ulteriori e complesse analisi statistiche utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e super-computer del Forest Advanced Computing and Artificial Intelligence (FACAI) Laboratory della Purdue University in Indiana (Stati Uniti).

Il 40% delle specie ancora da scoprire si trova in Sud America

Biodiversità ed ecosistemi, un mondo di ricchezze da esplorare

Alla fine gli studiosi sono riusciti a stimare il numero di specie arboree non ancora conosciute alla scienza, identificando anche in quali aree del mondo saranno probabilmente scoperte. Risultati, questi, che ancora una volta mettono in luce l’estrema ricchezza degli ecosistemi e al tempo stesso la loro vulnerabilità ai cambiamenti prodotti dall’azione dell’uomo.

“Conoscere la diversità e la ricchezza in specie degli alberi è fondamentale per preservare la stabilità e la funzionalità degli ecosistemi”, spiega Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. “Fino ad oggi però, per ampie aree del pianeta avevamo dati limitati, basati su osservazioni sul campo e liste di specie con coperture del territorio tra loro differenti: tutte limitazioni che impedivano di arrivare ad avere una prospettiva globale”.

“Per arrivare ad una stima attendibile della biodiversità, incluse le specie ancora da scoprire, è necessario prestare attenzione al numero di specie rare attualmente note: quelle che durante il campionamento sul campo sono state trovate solo una o due o tre volte”, spiega ancora Cazzolla Gatti. “Se infatti la maggior parte delle specie è comune e abbondante, poche saranno quelle che incontriamo raramente e quindi pochissime quelle sconosciute; se però ci sono molte specie incontrate solo poche volte, probabilmente saranno molte quelle specie così rare che non sono state ancora documentate”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

Vi siete mai chiesti quanti siano le specie di alberi presenti sulla Terra? Ebbene, sono 73mila. A fornire la risposta è stato uno studio dal titolo “The number of tree species on Earth” pubblicato sulla rivista PNAS. La ricerca è frutto di un ampio progetto internazionale, durato tre anni, che rappresenta la prima stima mai realizzata della ricchezza di specie arboree a livello globale. Primo autore del paper è Roberto Cazzolla Galli, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna.

Quante sono le specie di alberi ancora da scoprire (e dove sono nel mondo)

E non è tutto. Ben il 14% di questi, ovvero circa 9 mila sono del tutto sconosciute all’uomo. Rappresentano cioè un’incognita di cui non sappiamo praticamente nulla. Il 40% di queste si troverebbe in Sud America, in particolare nei due biomi di "praterie, savane e macchie" e di "foreste tropicali e subtropicali" dell'Amazzonia e delle Ande. E circa 3.000 di queste specie sconosciute sarebbero rare, endemiche a livello continentale e presenti in aree tropicali o sub-tropicali.

Incredibile, in un mondo che si crede assolutamente conosciuto e studiato fin nei più reconditi recessi. E invece a quanto pare potrebbero esserci quasi diecimila specie di alberi ancora da scoprire, di cui circa un terzo sarebbero specie rare, con una popolazione molto limitata e circoscritta in aree spesso anche molto molto piccole.

La Foresta Amazzonica è la più grande foresta pluviale della Terra

Mappatura degli alberi, un progetto realizzato da 150 scienziati

Non è stato facile arrivare a questo risultato. Anzi, si è trattato di un’impresa decisamente eccezionale considerando le difficoltà sia finanziarie che logistiche legate alla ricerca sul campo, oltre alle problematiche relative alla catalogazione delle diverse tassonomie. Per superare queste difficoltà, gli studiosi hanno prima di tutto realizzato una raccolta dei più grandi database esistenti di specie arboree forestali. Una mappatura che ha coinvolto 150 scienziati da tutto il mondo nell’ambito della Global Forest Biodiversity Initiative (GFBI), dalla quale è emerso un totale di circa 40 milioni di alberi appartenenti a 64.000 specie.

Da questo primo risultato, sono poi state realizzate ulteriori e complesse analisi statistiche utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e super-computer del Forest Advanced Computing and Artificial Intelligence (FACAI) Laboratory della Purdue University in Indiana (Stati Uniti).

Il 40% delle specie ancora da scoprire si trova in Sud America

Biodiversità ed ecosistemi, un mondo di ricchezze da esplorare

Alla fine gli studiosi sono riusciti a stimare il numero di specie arboree non ancora conosciute alla scienza, identificando anche in quali aree del mondo saranno probabilmente scoperte. Risultati, questi, che ancora una volta mettono in luce l’estrema ricchezza degli ecosistemi e al tempo stesso la loro vulnerabilità ai cambiamenti prodotti dall’azione dell’uomo.

“Conoscere la diversità e la ricchezza in specie degli alberi è fondamentale per preservare la stabilità e la funzionalità degli ecosistemi”, spiega Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. “Fino ad oggi però, per ampie aree del pianeta avevamo dati limitati, basati su osservazioni sul campo e liste di specie con coperture del territorio tra loro differenti: tutte limitazioni che impedivano di arrivare ad avere una prospettiva globale”.

"Per arrivare ad una stima attendibile della biodiversità, incluse le specie ancora da scoprire, è necessario prestare attenzione al numero di specie rare attualmente note: quelle che durante il campionamento sul campo sono state trovate solo una o due o tre volte", spiega ancora Cazzolla Gatti. "Se infatti la maggior parte delle specie è comune e abbondante, poche saranno quelle che incontriamo raramente e quindi pochissime quelle sconosciute; se però ci sono molte specie incontrate solo poche volte, probabilmente saranno molte quelle specie così rare che non sono state ancora documentate".

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