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Ombre di sangue dietro il Nobel per la Pace al primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali

L'esercito del Paese sarebbe responsabile del massacro di almeno 83 ex commilitoni 'colpevoli' di provenire dalla regione del Tigray

di BARBARA BERTI -
10 dicembre 2022
La guerra civile etiope è iniziata nel novembre 2020

La guerra civile etiope è iniziata nel novembre 2020

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali nel 2019 è stata premiato con il Nobel per la Pace. Oggi, però, c’è un’ombra su questo premio. All’epoca la motivazione per il riconoscimento a colui che era stato definito “la più grande speranza per il futuro democratico” dell'Etiopia, era chiara: “per i suoi sforzi nel raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per le sue iniziative decisive per risolvere i conflitti lungo il confine con l’Eritrea”. Secondo quanto emerge da un’inchiesta del “Washington Post” il Nobel sarebbe macchiato di sangue.
Il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali che nel 2019 è stata premiato con il Nobel per la Pace

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali che nel 2019 è stata premiato con il Nobel per la Pace

Mirab Abaya è la località dell’Etiopia vicino a cui sorge un campo di prigionia per soldati tigrini. Qui, secondo il “Washington Post”, i militari etiopi nel novembre 2021 hanno massacrato a freddo almeno 83 ex commilitoni che avevano come unica colpa la provenienza dalla regione del Tigray. In pratica i soldati di Abiy Ahmed Ali si sarebbero lasciati andare ad atrocità contro gli ex compagni d’arme, quei compagni a fianco dei quali avevano portato il Casco blu nelle missioni di peacekeeping dell’Onu o la divisa dell’Unione africana. E all’origine del massacro ci sarebbe un motivo banale: provenivano dalla regione ribelle. Per rappresaglia etnica o per paura dunque, e tutto questo nonostante i prigionieri non avessero mai rivolto le armi contro le truppe governative. Ad uccidere, sempre secondo l’inchiesta dei giornalisti americani, sarebbero stati anche gli abitanti del villaggio dopo aver deriso i soldati per la loro etnia tigraya. Quanto avvenuto nel campo vicino a Mirab Abaya, che è stato insabbiato e non è stato riportato in precedenza, sarebbe il più grande massacro di soldati imprigionati dall'inizio della guerra, ma non l'unico. Le guardie avrebbero ucciso soldati imprigionati in almeno altri sette luoghi, secondo testimoni. Ma nessuno di questi incidenti è stato segnalato in precedenza.
I militari etiopi, nel novembre 2021, avrebbero massacrato a freddo almeno 83 ex commilitoni che avevano come unica colpa la provenienza dalla regione del Tigray

I militari etiopi, nel novembre 2021, avrebbero massacrato a freddo almeno 83 ex commilitoni che avevano come unica colpa la provenienza dalla regione del Tigray

La guerra civile etiope è iniziata nel novembre 2020, quando il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF) – partito al potere nella regione nel nord-est del Paese – ha attaccato le basi militari del governo federale guidato dal primo ministro etiope Abiy Ahmed, dopo una serie di scontri e proteste contro quest’ultimo per lo scioglimento della coalizione di governo e il rinvio delle elezioni. Temendo ulteriori attacchi, il governo ha arrestato migliaia di soldati tigrini in servizio in altre parti del paese. Sono stati detenuti in campi di prigionia per quasi due anni senza poter comunicare con le famiglie o con organizzazioni dei diritti umani. Altri soldati tigrini sono stati disarmati quando è scoppiata la guerra, ma hanno continuato a svolgere lavori d'ufficio. Molti di loro sono stati arrestati nel novembre 2021 mentre le forze tigrine avanzavano verso la capitale, Addis Abeba. La maggior parte degli omicidi, compreso il massacro di Mirab Abaya, è avvenuta allora. I prigionieri, secondo quanto scrive il “Washington Post”, hanno ipotizzato che gli attacchi potrebbero essere stati innescati dalla paura o dalla vendetta. Nessuno dei soldati uccisi era stato combattente contro gli etiopi e, quindi, prigioniero di guerra. "Non ci sono prove”, scrive il Washington Post, che le uccisioni fossero parte di una manovra coordinata, ma ci sono evidenze di impunità diffusa e, quindi, gli abusi sono un peso sulle spalle del premier etiopico insignito del Nobel per la Pace.