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Home » Attualità » Nuova Zelanda, pugno duro contro il fumo. Come è la situazione negli altri paesi

Nuova Zelanda, pugno duro contro il fumo. Come è la situazione negli altri paesi

Il provvedimento in chiave economica: "Il sistema sanitario guadagnerà 5 miliardi di dollari non avendo più bisogno di curare certe malattie"

Edoardo Martini
18 Dicembre 2022
In Nuova Zelanda sigarette vietate a nati dal 2009

In Nuova Zelanda sigarette vietate a nati dal 2009

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Un piano per eliminare gradualmente il fumo di tabacco. E’ quanto è stato deciso dalla Nuova Zelanda  attraverso una nuova legge, approvata dal Parlamento con 76 voti a favore e 43 contrari, che ha stabilito il divieto di vendere il tabacco a chiunque sia nato dal 1° gennaio 2009 in poi. Ciò significa che l’età minima per l’acquisto di sigarette continuerà a salire.

La ministra della salute neozelandese, Ayesha Verrall

“Migliaia di persone vivranno vite più lunghe e più sane”

Per ora quindi i ragazzi sotto i 14 anni non possono compare sigarette, ma tra 10 anni non potranno farlo le persone con meno di 24 anni e tra 20 anni anche agli under 34 sarà vietato l’acquisto in tabaccheria. E così via. Per cui, tra 50 anni, chi volesse comprare un pacchetto di sigarette dovrà avere almeno 64 anni.

L’obiettivo dichiarato è quello di rendere la Nuova Zelanda libera dal fumo entro il 2025, obiettivo reso ancora più concreto dalle parole delle ministra della salute neozelandese Ayesha Verrall che ha dichiarato: “Migliaia di persone vivranno vite più lunghe e più sane e il sistema sanitario guadagnerà 5 miliardi di dollari non avendo bisogno di curare le malattie causate dal fumo, come numerosi tipi di cancro, infarti e ictus”. La norma sarà infatti accompagnata da una serie di altre misure per rendere il fumo meno economico e accessibile, compresa una drastica riduzione della quantità legale di nicotina nei prodotti del tabacco e la vendita limitata solo a tabaccherie specializzate, piuttosto che negozi e supermercati. Il numero di negozi legalmente autorizzati a vendere le sigarette sarà così ridotto da 6.000 a soli 600 in tutto il Paese che punta a divenire “smoke free” entro il 2025.

L’altra statistica importate è quella diffusa il mese scorso. Il numero di neozelandesi che fumano quotidianamente sta continuando a calare: si passa dal 9,4 per cento del 2021 all’8 per cento di quest’anno. Si tratta della percentuale più bassa registrata sul consumo di tabacco. La nuova legge tuttavia non restringe le vendite di Vape, le sigarette elettroniche, il cui uso è in aumento: dal 6,2 per cento lo scorso anno all’8,3 per cento nel 2022.

I precedenti in giro per il mondo

Il precedente più importante nelle strategie di lotta al fumo è stato sicuramente quello canadese che possiamo dirlo ha fatto scuola, essendo stato il primo Paese a lanciare già due decenni fa la campagna di foto shock sui pacchetti di sigarette segnando una tendenza a livello internazionale. La capitale del Canada, Ottawa, visto il successo, ha deciso di rilanciare: adesso ha l’ambizione di diventare il primo Paese al mondo in cui sarà obbligatorio stampare su ogni singola sigaretta un messaggio di avvertenza riguardante i rischi del fumo per la salute.

E nei paesi europei? I fumatori ormai non hanno vita facile. L’attenzione sempre maggiore ai problemi causati dal fumo ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad organizzare ogni anno, a partire dal 2005, il World No Tobacco Day, celebrata il 15 maggio. Prendiamo alcuni esempi particolari: in Danimarca, assistiamo ad un divieto di fumare nei luoghi pubblici, nei bar, nei ristoranti, negli uffici (a meno che non vi lavori una sola persona) e nei trasporti pubblici. In Irlanda, invece, esiste una legge anti-fumo in vigore dal 2004 che stabilisce il divieto nei luoghi di lavoro chiusi, ma anche nei club, bar e ristoranti. Inoltre non sono mai state previste possibili aree fumatori. L’ultimo esempio è quello della Repubblica Ceca dove vi è una legge in vigore che limita il fumo in alcuni luoghi pubblici. Tuttavia, dal 2009, nei bar e nei ristoranti è sufficiente esporre un cartello che indica se è permesso fumare, se ci sono stanze separate per fumatori e non fumatori nel locale.

 

 

 

 

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Un piano per eliminare gradualmente il fumo di tabacco. E' quanto è stato deciso dalla Nuova Zelanda  attraverso una nuova legge, approvata dal Parlamento con 76 voti a favore e 43 contrari, che ha stabilito il divieto di vendere il tabacco a chiunque sia nato dal 1° gennaio 2009 in poi. Ciò significa che l'età minima per l'acquisto di sigarette continuerà a salire.
La ministra della salute neozelandese, Ayesha Verrall

"Migliaia di persone vivranno vite più lunghe e più sane"

Per ora quindi i ragazzi sotto i 14 anni non possono compare sigarette, ma tra 10 anni non potranno farlo le persone con meno di 24 anni e tra 20 anni anche agli under 34 sarà vietato l'acquisto in tabaccheria. E così via. Per cui, tra 50 anni, chi volesse comprare un pacchetto di sigarette dovrà avere almeno 64 anni. L'obiettivo dichiarato è quello di rendere la Nuova Zelanda libera dal fumo entro il 2025, obiettivo reso ancora più concreto dalle parole delle ministra della salute neozelandese Ayesha Verrall che ha dichiarato: "Migliaia di persone vivranno vite più lunghe e più sane e il sistema sanitario guadagnerà 5 miliardi di dollari non avendo bisogno di curare le malattie causate dal fumo, come numerosi tipi di cancro, infarti e ictus". La norma sarà infatti accompagnata da una serie di altre misure per rendere il fumo meno economico e accessibile, compresa una drastica riduzione della quantità legale di nicotina nei prodotti del tabacco e la vendita limitata solo a tabaccherie specializzate, piuttosto che negozi e supermercati. Il numero di negozi legalmente autorizzati a vendere le sigarette sarà così ridotto da 6.000 a soli 600 in tutto il Paese che punta a divenire "smoke free" entro il 2025. L'altra statistica importate è quella diffusa il mese scorso. Il numero di neozelandesi che fumano quotidianamente sta continuando a calare: si passa dal 9,4 per cento del 2021 all’8 per cento di quest’anno. Si tratta della percentuale più bassa registrata sul consumo di tabacco. La nuova legge tuttavia non restringe le vendite di Vape, le sigarette elettroniche, il cui uso è in aumento: dal 6,2 per cento lo scorso anno all’8,3 per cento nel 2022.

I precedenti in giro per il mondo

Il precedente più importante nelle strategie di lotta al fumo è stato sicuramente quello canadese che possiamo dirlo ha fatto scuola, essendo stato il primo Paese a lanciare già due decenni fa la campagna di foto shock sui pacchetti di sigarette segnando una tendenza a livello internazionale. La capitale del Canada, Ottawa, visto il successo, ha deciso di rilanciare: adesso ha l'ambizione di diventare il primo Paese al mondo in cui sarà obbligatorio stampare su ogni singola sigaretta un messaggio di avvertenza riguardante i rischi del fumo per la salute. E nei paesi europei? I fumatori ormai non hanno vita facile. L’attenzione sempre maggiore ai problemi causati dal fumo ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad organizzare ogni anno, a partire dal 2005, il World No Tobacco Day, celebrata il 15 maggio. Prendiamo alcuni esempi particolari: in Danimarca, assistiamo ad un divieto di fumare nei luoghi pubblici, nei bar, nei ristoranti, negli uffici (a meno che non vi lavori una sola persona) e nei trasporti pubblici. In Irlanda, invece, esiste una legge anti-fumo in vigore dal 2004 che stabilisce il divieto nei luoghi di lavoro chiusi, ma anche nei club, bar e ristoranti. Inoltre non sono mai state previste possibili aree fumatori. L'ultimo esempio è quello della Repubblica Ceca dove vi è una legge in vigore che limita il fumo in alcuni luoghi pubblici. Tuttavia, dal 2009, nei bar e nei ristoranti è sufficiente esporre un cartello che indica se è permesso fumare, se ci sono stanze separate per fumatori e non fumatori nel locale.          
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