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Home » Attualità » Olesya Krivtsova, chi è l’adolescente russa con il tatuaggio contro Putin

Olesya Krivtsova, chi è l’adolescente russa con il tatuaggio contro Putin

Definita terrorista ed estremista, rischia fino a dieci anni di carcere. Al momento è ai domiciliari a casa della madre

Barbara Berti
30 Gennaio 2023
La 19enne russa Olesya Krivtsova

La 19enne russa Olesya Krivtsova

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Si chiama Olesya Krivtsova, ha 19 anni ed è russa. Segni particolari: un tatuaggio contro Putin, rischia fino a 10 anni di carcere.

L’adolescente originaria della regione dell’Arkhangelsk (che si trova a nord-ovest della Russia) da alcuni mesi si trova agli arresti domiciliari, nell’appartamento della madre a Severodvinsk. Un dispositivo di localizzazione, che le hanno applicato alla caviglia, ne traccia ogni spostamento: non è autorizzata ad accedere a Internet né a comunicare con l’esterno.

Olesya Krivtsova (Foto: 29.ru)
Olesya Krivtsova (Foto: 29.ru)

La ragazza è stata definita terrorista ed estremista e messa sullo stesso piano di talebani e appartenenti a Isis e al Qaeda. La sua colpa? Aver condiviso su Instagram una storia sull’esplosione del ponte di Crimea in ottobre scorso, criticando la Russia per aver invaso l’Ucraina. La studentessa Krivtsova, secondo quanto riporta la Cnn, “sta anche affrontando accuse penali per aver screditato l’esercito russo in un presunto repost critico della guerra in una chat studentesca sul social network russo Vk”. Pare siano stati gli stessi compagni a denunciarla all’Fsb, il servizio di sicurezza erede del Kgb sovietico. L’accusa per cui è stata arresta è presunta diffamazione dell’esercito russo. Lo scorso 26 dicembre, la polizia ha fatto irruzione nell’appartamento in cui la Krivtsova viveva con il marito. Gli agenti hanno costretto entrambi a sdraiarsi a faccia in giù sul pavimento. “Durante la perquisizione, l’ufficiale di sicurezza era in piedi con una mazza” ha dichiarato alla Cnn la madre della 19enne, Natalya Krivtsova. Gli agenti avrebbero minacciato la giovane dicendole che si trattava di un “saluto” dal Gruppo Wagner. E come monito le avrebbero mostrato un video in cui si vedeva un prigioniero, Yevgeny Nuzhin, ucciso a martellate perché accusato di tradimento dal famigerato gruppo di mercenari russi.

Olesya Krivtsova: su una caviglia il dispositivo per controllare i suoi spostamenti, sull'altra il tatuaggio contro Putin
Olesya Krivtsova: su una caviglia il dispositivo per controllare i suoi spostamenti, sull’altra il tatuaggio contro Putin

Le posizioni dell’allieva della scuola di scienze sociali dell’Università federale dell’Artico (Narfu) in merito all’invasione della Russia in Ucraina sono ben chiare, tanto che la giovane si è tatuata sulla caviglia la faccia del presidente russo Vladimir Putin su un corpo di un ragno. Accanto, la parole “il Grande Fratello ti sta guardando”.

Secondo l’avvocato di Krivtsova, Alexei Kichin, la giovane donne rischia fino a tre anni di carcere per aver diffamato l’esercito russo e fino a sette anni di carcere ai sensi dell’articolo sulla giustificazione del terrorismo. Tuttavia, la difesa legale di Krivtsova spera in una punizione più leggera come una multa. Il 13 febbraio la corte deciderà se prolungare la pena e se fargliela scontare in carcere. “Il caso di Olesya non è il primo, né sarà l’ultimo” è l’amaro commento dell’avvocato. Secondo un osservatorio indipendente per i diritti umani, OVD-Info, almeno 61 procedimenti giudiziari per presunto terrorismo sono stati avviati in Russia nel 2022. Già 26 di questi sono arrivati alla definizione della pena.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Si chiama Olesya Krivtsova, ha 19 anni ed è russa. Segni particolari: un tatuaggio contro Putin, rischia fino a 10 anni di carcere. L’adolescente originaria della regione dell'Arkhangelsk (che si trova a nord-ovest della Russia) da alcuni mesi si trova agli arresti domiciliari, nell’appartamento della madre a Severodvinsk. Un dispositivo di localizzazione, che le hanno applicato alla caviglia, ne traccia ogni spostamento: non è autorizzata ad accedere a Internet né a comunicare con l'esterno.
Olesya Krivtsova (Foto: 29.ru)
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Olesya Krivtsova: su una caviglia il dispositivo per controllare i suoi spostamenti, sull'altra il tatuaggio contro Putin
Olesya Krivtsova: su una caviglia il dispositivo per controllare i suoi spostamenti, sull'altra il tatuaggio contro Putin
Le posizioni dell'allieva della scuola di scienze sociali dell’Università federale dell’Artico (Narfu) in merito all’invasione della Russia in Ucraina sono ben chiare, tanto che la giovane si è tatuata sulla caviglia la faccia del presidente russo Vladimir Putin su un corpo di un ragno. Accanto, la parole “il Grande Fratello ti sta guardando”. Secondo l'avvocato di Krivtsova, Alexei Kichin, la giovane donne rischia fino a tre anni di carcere per aver diffamato l’esercito russo e fino a sette anni di carcere ai sensi dell’articolo sulla giustificazione del terrorismo. Tuttavia, la difesa legale di Krivtsova spera in una punizione più leggera come una multa. Il 13 febbraio la corte deciderà se prolungare la pena e se fargliela scontare in carcere. “Il caso di Olesya non è il primo, né sarà l'ultimo” è l’amaro commento dell’avvocato. Secondo un osservatorio indipendente per i diritti umani, OVD-Info, almeno 61 procedimenti giudiziari per presunto terrorismo sono stati avviati in Russia nel 2022. Già 26 di questi sono arrivati alla definizione della pena.
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