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Home » Attualità » Padre accoltella la figlia e la sua compagna per la relazione lesbica. “Volete morire insieme?”

Padre accoltella la figlia e la sua compagna per la relazione lesbica. “Volete morire insieme?”

Prima le ha colpite con l'aiuto della moglie che, anziché fermarlo, ha provato a bloccare le due ragazze mentre tentavano la fuga

Edoardo Martini
12 Agosto 2022
Violenza sulle donne

Violenza sulle donne

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Un episodio orribile quello accaduto a Salerno dove due donne lesbiche sono state accoltellate dal padre di una di loro perché questo rifiutava la loro relazione omosessuale. Le due giovani hanno deciso di denunciare il fatto ai carabinieri e la vicenda è stata resa nota dal consigliere regionale campano di Europa Verde Francesco Borrelli, che ha parlato di “storia folle e agghiacciante”.

Le due ragazze prima di essere accoltellate sono state colpite dal padre

Relazione inaccettabile

La vicenda è iniziata quando le due ragazze, Francesca e Immacolata, la prima 39enne di Crotone e la seconda 23enne della provincia di Napoli, sono arrivate a Salerno per lavorare; nel capoluogo campano sono state ospitate a casa di una parente di Immacolata teatro dell’aggressione. “Mio padre ci ha detto ‘Voglio fare 30 anni di carcere: volete morire insieme? È arrivato il momento’ e poi ci ha colpito. Mia madre ha assistito all’aggressione e non ha fermato mio padre, anzi ha provato a bloccarci mentre scappavamo”, ha raccontato la più giovane. “Entrambe abbiamo riportato qualche ferita, ma siamo riuscite a scappare. Fino alle 5 del mattino però mio padre ci ha inseguite e minacciate. Abbiamo chiamato il 112 e i carabinieri sono intervenuti accompagnandoci nel nostro domicilio di Salerno per fare le valigie e tornare poi a Crotone in sicurezza Lui ad oggi nega tutto, ma abbiamo le prove di quello che ha fatto”, ha raccontato Immacolata.
Le due ragazze sono quindi tornate in Calabria e si sono anche recate al Pronto Soccorso dell’ospedale di Crotone per farsi medicare; sul corpo avevano numerose escoriazioni e ferite lievi di arma da taglio.

L’orribile precedente di Palermo

Questo episodio è soltanto l’ultimo di tanti. Nel 2011, infatti, a Palermo una 15enne fu picchiata, chiusa in una stanza e infine stuprata da suo padre perché omosessuale. “Meglio morta che lesbica” urlò la madre alla ragazzina, prima di chiuderla in camera, dove fu anche abusata dall’imputato. La violenza contro la vittima da parte dei suoi parenti scattò nel momento in cui fu scoperto il suo orientamento sessuale, attraverso alcuni messaggi trovati sul suo cellulare. A leggerli per prima fu la sorella della vittima, che poi raccontò tutto ai genitori. La giovane ha denunciato quanto le sarebbe accaduto soltanto anni dopo, nel 2016, quando era maggiorenne. “Vennero a prendermi a scuola e mentre eravamo in macchina mi davano botte dappertutto“, raccontò la ragazza. Una volta rientrati nella loro abitazione, il padre si spogliò e disse alla figlia: “Queste cose devi guardare, non le donne“. Oggi la vittima è parte civile nel processo con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Bruno.

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«Ho ricevuto un messaggio dalla scuola... hanno messo tutti i bambini in classe perché c’era dell’attività della polizia e il mio cuore è esploso di paura. Per fortuna non è successo niente perciò sto tornando a casa. Però l’idea che mia figlia di 7 anni, suona l’allarme a scuola e deve di corsa andare in classe e chiudersi a chiave... è assurdo.»

Dopo la preoccupazione, ha postato una nuova storia in cui ha rassicurato tutti, annunciando la buona riuscita dell’operazione.

#lucenews #lucelanazione #biancabalti
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Un episodio orribile quello accaduto a Salerno dove due donne lesbiche sono state accoltellate dal padre di una di loro perché questo rifiutava la loro relazione omosessuale. Le due giovani hanno deciso di denunciare il fatto ai carabinieri e la vicenda è stata resa nota dal consigliere regionale campano di Europa Verde Francesco Borrelli, che ha parlato di "storia folle e agghiacciante”.
Le due ragazze prima di essere accoltellate sono state colpite dal padre

Relazione inaccettabile

La vicenda è iniziata quando le due ragazze, Francesca e Immacolata, la prima 39enne di Crotone e la seconda 23enne della provincia di Napoli, sono arrivate a Salerno per lavorare; nel capoluogo campano sono state ospitate a casa di una parente di Immacolata teatro dell'aggressione. "Mio padre ci ha detto 'Voglio fare 30 anni di carcere: volete morire insieme? È arrivato il momento' e poi ci ha colpito. Mia madre ha assistito all'aggressione e non ha fermato mio padre, anzi ha provato a bloccarci mentre scappavamo", ha raccontato la più giovane. "Entrambe abbiamo riportato qualche ferita, ma siamo riuscite a scappare. Fino alle 5 del mattino però mio padre ci ha inseguite e minacciate. Abbiamo chiamato il 112 e i carabinieri sono intervenuti accompagnandoci nel nostro domicilio di Salerno per fare le valigie e tornare poi a Crotone in sicurezza Lui ad oggi nega tutto, ma abbiamo le prove di quello che ha fatto", ha raccontato Immacolata. Le due ragazze sono quindi tornate in Calabria e si sono anche recate al Pronto Soccorso dell'ospedale di Crotone per farsi medicare; sul corpo avevano numerose escoriazioni e ferite lievi di arma da taglio.

L'orribile precedente di Palermo

Questo episodio è soltanto l'ultimo di tanti. Nel 2011, infatti, a Palermo una 15enne fu picchiata, chiusa in una stanza e infine stuprata da suo padre perché omosessuale. "Meglio morta che lesbica" urlò la madre alla ragazzina, prima di chiuderla in camera, dove fu anche abusata dall'imputato. La violenza contro la vittima da parte dei suoi parenti scattò nel momento in cui fu scoperto il suo orientamento sessuale, attraverso alcuni messaggi trovati sul suo cellulare. A leggerli per prima fu la sorella della vittima, che poi raccontò tutto ai genitori. La giovane ha denunciato quanto le sarebbe accaduto soltanto anni dopo, nel 2016, quando era maggiorenne. "Vennero a prendermi a scuola e mentre eravamo in macchina mi davano botte dappertutto", raccontò la ragazza. Una volta rientrati nella loro abitazione, il padre si spogliò e disse alla figlia: "Queste cose devi guardare, non le donne". Oggi la vittima è parte civile nel processo con l'assistenza dell'avvocato Giuseppe Bruno.
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