"Avrei rinunciato a tutto pur di non giurare in gonna e tacchi". Ma alla fine Alessio Avellino, napoletano di 26 anni, ce l'ha fatta. Il poliziotto trans* è riuscito a prestare giuramento, come voleva, con i pantaloni. "Quando sono entrato in Polizia non ero Alessio", racconta lui. I suoi documenti, infatti, erano quelli di una donna e così lo era anche il suo corpo. Ma quel corpo non apparteneva ad Alessio, come non gli apparteneva il fatto di essere considerato una ragazza. Alla fine però è riuscito a diventare quello che era, che si sentiva, che voleva: un poliziotto con i pantaloni, non una poliziotta con la gonna. La storia di Alessio Avellino è riportata sulla pagina Facebook di Polis Aperta, l'Associazione Lgbti+ delle Forze dell'Ordine e delle Forze Armate, di cui lo stesso Avellino è presidente da dicembre del 2021.
Il "doloroso" regolamento: in Polizia le donne giurano in gonna e gli uomini in pantaloni
Alessio Avellino racconta la sua storia nel post pubbicato da Polis Aperta. "Quando sono entrato in Polizia - comincia il post - non ero Alessio, se non per me stesso soltanto". Nel 2019 Alessio sta per partire per il 208mo Corso Agenti della Polizia di Stato "con la consapevolezza di dover affrontare il periodo di formazione considerato come una ragazza, perché così urlavano i miei documenti e tant'è, per quanto doloroso fosse, anche il mio corpo". Ma le sofferenze di Alessio continuano: "Nel buio di una notte di quel mese, nel caldo napoletano poco dopo aver saputo la destinazione, davanti ai miei occhi apparì il video di un giuramento di qualche anno prima e lì, presi consapevolezza di una realtà più dolorosa di tutte le altre: le donne giuravano in gonna e gli uomini in pantaloni". Alessio - continua a raccontare all'associazione - cerca in modo spasmodico "qualsiasi altro video di giuramento scrutando ogni collega per capire se qualcuna avesse addosso i pantaloni. Ad ogni tentativo prendevo sempre più coscienza della verità: le donne giuravano in gonna, tassativamente, così dicono i regolamenti".La svolta: l'aiuto e il confronto con una poliziotta omosessuale
Poi arriva la svolta. In una delle notti "passate in bianco" prima della partenza per il corso, Alessio trova "un articolo di una Segretaria Nazionale del SILP Cgil che si dichiarava apertamente lesbica. In me - racconta ancora Alessio a Polis Aperta - si aprì la speranza di poter avere un contatto con qualcuno che indossasse quei colori e non era completamente avulso dal mondo Lgbt+". La donna di cui parla Alessio è Michela Pascali, la prima poliziotta omosessuale ad aver scalato nel 2019 il vertice di un sindacato delle forze di polizia. È a lei che Alessio si rivolge, "pregandola di aiutarmi, perché io non avrei giurato in gonna e tacchi e piuttosto avrei rinunciato a tutto anziché provare quella sofferenza: quello che ero - spiega Alessio all'associazione - non poteva essere messo da parte per quello che facevo, più di quanto non stessi già provando a fare".I compagni del corso iniziano a rivolgersi a "Ale" al maschile
L'aiuto di Michela Pascali è stato fondamentale per Alessio. Finalmente aveva qualcuno con cui poter parlare e al quale confidarsi, senza pregiudizi e senza imposizioni. E infatti lo stesso Alessio confida a Polis Aperta: "È nel comunicare la paura che ho iniziato a capire di potermi fidare, di pochi, ma di potermi fidare. Di potermi esporre, di poterci provare a farmi vedere. E così nel dolore che mi invadeva e pervadeva, ho scoperto occhi che vestiti coi miei stessi colori hanno abbracciato la mia sofferenza, stravolgendola. La mia compagna di stanza e altre vite consapevoli hanno fatto in modo che fossi Ale, dandomi il maschile nei momenti extra-formativi e alleviando l'inadeguatezza con la comprensione dettata dal cuore e dalla conoscenza".Visualizza questo post su Instagram