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Home » Attualità » Poliziotto vestito da donna fu destituito, ora il giudice: “Deve avere gli arretrati”

Poliziotto vestito da donna fu destituito, ora il giudice: “Deve avere gli arretrati”

Il Tar dà ragione all'agente che nel 2005 girava per Venezia con abiti femminili: "Ha un disturbo dell'identità di genere"

Barbara Berti
7 Febbraio 2023
Poliziotto vestito da donna fu destituito, ora il Tar lo risarcisce

Poliziotto vestito da donna fu destituito, ora il Tar lo risarcisce

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Poliziotto vestito da donna era stato destituito, ora il Tar stabilisce che la persona transgender ha diritto a ricevere gli arretrati.

La vicenda è ambientata a Venezia e risale all’autunno del 2005 quando un agente della polizia in servizio nella città lagunare era stato visto dai colleghi vestito da donna mentre passeggiava in minigonna tra Rialto e Strada Nuova, nel centro storico. Come racconta il “Gazzettino”, il poliziotto era stato sospeso e quindi destituito, a causa di una condotta considerata “riprovevole, che denota mancanza del senso dell’onore e della morale”. Una lunga storia umana e giudiziaria, culminata nella sentenza depositata dal Tar del Veneto, datata 6 febbraio 2023, che ne svela il finale, al netto delle possibili impugnazioni in Consiglio di Stato: a distanza di quasi vent’anni, è stato deciso che la persona transgender, oggi sessantenne, ha il diritto di ricevere gli arretrati non percepiti in conseguenza del procedimento disciplinare.

Poliziotto vestito da donna viene licenziato, il giudice: "Deve avere gli stipendi arretrati"
Poliziotto vestito da donna viene licenziato, il giudice: “Deve avere gli stipendi arretrati”

Il verdetto del giudici amministrativi regionali riassume il travaglio personale e professionale vissuto dall’allora agente, che diceva di non essere “gay né transessuale” ma semplicemente di amare gli abiti femminili al punto da indossarli fuori dall’orario di lavoro, rivendicando così “un modo di sentire estroso, anticonformista, non certo immorale” riportano le carte del Tar. Dopo l’istruttoria condotta dalla Questura nel 2006 era però scattata la sospensione e la decadenza, successivamente annullate dai giudici.

Il poliziotto era stato poi riammesso al lavoro, ma con un temporaneo collocamento in aspettativa speciale, dispensato dal servizio per inabilità fisica: “Veniva dichiarato affetto da un disturbo dell’identità di genere che, oltre a chiarire la condotta oggetto di censura, determinava la declaratoria di permanente non idoneità al servizio”, ricorda infatti il Tar, accogliendo il ricorso dell’ex agente sul piano del trattamento economico.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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