Agnieszka T., 37 anni, è la donna morta in Polonia per la legge anti-aborto
Un dramma agghiacciante. In
Polonia una
donna è
morta perché le era stato negato l’
aborto.
Agnieszka T., 37 anni, incinta di due gemelli, è deceduta dopo aver portato in grembo un
feto morto per circa una settimana. La donna, infatti, non sarebbe stata operata prima di partorire a causa della
legge anti-aborto vigente in Polonia. Il feto morto avrebbe portato al deterioramento delle condizioni di salute della donna, alla
morte del secondo feto, e infine al suo decesso. L’ospedale nega ogni responsabilità, ma la famiglia di Agnieszka e le associazioni locali accusano il
divieto di aborto, che avrebbe spinto i medici dell’ospedale a rifiutarsi di operare la donna.
Dal ricovero ai feti morti, la dinamica del decesso di Agnieszka
Il calvario di Agnieszka è iniziato, secondo i familiari della vittima, lo scorso 21 dicembre all’
ospedale di Częstochowa dove la donna era stata ricoverata. Il primo feto è morto nel grembo materno due giorni dopo il ricovero. In questo momento i medici dell’ospedale si sarebbero rifiutati di operare la donna proprio per le stringenti normative anti-aborto che vigono in Polonia. Sempre secondo la famiglia, lo stato di salute di Agnieszka “si è rapidamente deteriorato”. E dopo una settimana è morto anche il secondo feto. La donna avrebbe quindi portato in grembo per altri due giorni i due feti morti, e poi, il 31 dicembre, i medici la avrebbero operata. Entrambi i feti sono stati rimossi, ma le condizioni della donna non sono migliorate. E alla fine, il 25 gennaio, dopo oltre un mese dal ricovero, Agnieszka è morta.
L'ospedale si difende e la procura avvia un'inchiesta
La famiglia di Agnieszka sostiene che la donna sia morta di
setticemia. “Questa è la prova del fatto che l
’attuale governo ha le mani insanguinate”, ha scritto la famiglia della donna in un post sui social. L’ospedale si è invece difeso comunicando di aver “intrapreso tutte le azioni possibili e richieste per salvare la vita dei bambini e della paziente” e spiegando che “il comportamento dei medici non è stato influenzato da nient’altro che considerazioni mediche, la cura della paziente e i suoi medici”. La procura della città di Częstochowa ha aperto
un’inchiesta per i reati di “esposizione di un paziente al rischio di perdere la vita” e omicidio colposo.
Isabella Sajbor, 30 anni, morta in Polonia per la legge anti-aborto
Un'altra donna morta per la legge anti-aborto: il precedente di Izabela
Non è la prima volta che in Polonia una donna incinta muore a causa della legge anti-aborto. Lo scorso settembre
Izabela Sajbor, parrucchiera polacca di 30 anni, è morta in un ospedale della città meridionale di
Pszczyna. Alla 22esima settimana, ad appena metà gravidanza, la donna era stata ricoverata per la perdita del liquido amniotico. I medici, invece di intervenire con una interruzione della gravidanza per evitare infezioni alla donna, avevano deciso di aspettare che il feto – che era malformato – morisse da solo. Quando questo è successo, 24 ore dopo, era ormai troppo tardi ed è morta anche la madre, per
choc settico.
Proteste in Polonia per la legge anti-aborto
Legge anti-aborto in Polonia, che cosa prevede
La legge anti-aborto è entrata in vigore a gennaio del 2021. Vieta l’aborto anche in caso di
malformazione del feto, e dunque comporta il
divieto quasi totale di abortire. Dopo l’introduzione di questa legge, il partito di governo, PiS (Diritto e Giustizia) provò anche a far approvare una legge ancor più restrittiva per introdurre il
divieto totale delle interruzioni di gravidanza. Il partito, di ispirazione conservatrice, si rivolse alla Corte costituzionale la quale stabilì che l’aborto, se non nei casi di stupro e di pericolo di vita della madre, non rispetta i valori della Carta fondamentale polacca. Ma non è finita qui: lo scorso dicembre il Parlamento polacco votò per la creazione di un Istituto per la famiglia e la demografia con lo scopo di
scoraggiare divorzi, impedire aborti e disgregare le famiglie arcobaleno. E con questo scopo venne istituita la figura di un
superprocuratore con libero accesso a tutti i dati personali dei cittadini polacchi e con la libertà di perseguire penalmente le donne che procedono all’aborto, le famiglie arcobaleno e le comunità Lgbt+.