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Home » Attualità » Lui, lei, loro: ecco come utilizzare i pronomi per rispettare le persone non binary

Lui, lei, loro: ecco come utilizzare i pronomi per rispettare le persone non binary

In inglese esiste il "singular they" per le persone non-binarie. Ma la lingua italiana è più complicata: ecco alcuni consigli per non ferire la sensibilità altrui

Barbara Berti
1 Agosto 2022
Jennifer Lopez ha presentato la figlia Emme sul palco prima di un'esibizione insieme a Los Angeles usando il pronome neutro inglese "they" ('loro')

Jennifer Lopez ha presentato la figlia Emme sul palco prima di un'esibizione insieme a Los Angeles usando il pronome neutro inglese "they" ('loro')

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Una volta si usavano il “lei” e il “voi” come pronomi di cortesia e poteva esserci un po’ di confusione su quale utilizzare, ma generalmente il “lei” era quello più diffuso e andava bene indipendentemente dal sesso della persona a cui era rivolto. Oggi, invece, l’utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile. Al posto del lei\lui cosa utilizzare? Il loro. Ma non è così facile.

In inglese esiste il “singular they” (letteralmente il “loro singolare”), un pronome che rispetta l’interlocutore o l’interlocutrice in quanto non costringe a scegliere tra il pronome di terza persona singolare maschile “he” (lui) e quello femminile “she” (lei). E, infatti, le persone transgender o non binarie usano la frase “my pronouns are they / them” per chiedere che venga usato il pronome di terza persona plurale “they” anche quando ci si riferisce singolarmente a ciascuno/a di loro. L’ampio uso in lingua inglese del “singular they” che non fa distinzione in base al genere (al contrario dei pronomi singolari “he” e “she”) è un’innovazione linguistica così rilevante che negli Stati Uniti la prestigiosa American Dialect Society ha scelto “singular they” come parola dell’anno nel 2015 e come parola del decennio nel 2019.

L'utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile
L’utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile

Recentemente, la popstar Jennifer Lopez ha presentato sul palco sua figlia Emme Maribel Muniz, 14 anni, utilizzando i pronomi neutri they/them. JLo, comunque, non è l’unica mamma vip il cui figlio/a non è a suo agio nel rispondere alle tradizionali espressioni di genere. In passato, la primogenita di Angelina Jolie e Brad Pitt, Shiloh – come spesso ha raccontato l’attrice – voleva vestire ‘da maschio’, portare i capelli corti e farsi chiamare John. Megan Fox, invece, ha parlato esplicitamente dell’esplorazione dello spettro dell’identità di genere di suo figlio Noah, che attualmente vuole vestire ‘da femmina’. I figli della cantante Pink stanno crescendo in una prospettiva gender neutral, mentre la top model Emily Ratajkowski, durante la gravidanza, a chi chiedeva se il futuro bebè fosse maschio o femmina replicava asserendo che lo avrebbe comunicato lui o lei da grande: una risposta che sottintendeva la volontà di non forzare stereotipi di genere.

Se l’uso del “singular they” per le persone anglofone è entrato nella quotidianità, più difficoltà si ha con una lingua come l’italiano. Nel nostro idioma, infatti, non ha molto senso tradurre letteralmente ‘they’ con ‘loro’ e ancora meno cercare di importare soluzioni da una lingua che ricorre a meccanismi grammaticali diversi perché il genere rimarrebbe comunque marcato (in italiano dobbiamo comunque continuare ad accordare al maschile e al femminile sostantivi, aggettivi e participi passati. Che fare allora? Grazie al movimento Lgbtq+ e femminista ci sono al momento tante sperimentazioni come l’asterisco, la x, la u, la y, la barra, l’apostrofo, lo schwa, eccetera.

Lei, lui, loro: su Instagram si può scegliere
Lei, lui, loro: su Instagram si può scegliere

Un’altra soluzione proposta dalla comunità queer è il ricorso ai pronomi indefiniti o ai verbi impersonali: se non sappiamo il genere della persona con cui ci interfacciamo o se non ci è dato saperlo, dobbiamo necessariamente utilizzare i pronomi indefiniti e i verbi impersonali. Anziché chiedere ‘ieri ti sei divertito?’ o ‘ieri ti sei divertita?’, chiederemo ‘ieri è stato divertente?’, così da indicare qualcuno o qualcosa in modo generico ed evitare di urtare la sensibilità e di invadere la privacy altrui. Comunque, per evitare dribbling linguistici, la cosa migliore è ascoltare il modo in cui l’interlocutore usa i pronomi per riferirsi a se stesso. E poi riutilizzare lo stesso pronome.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Una volta si usavano il "lei" e il "voi" come pronomi di cortesia e poteva esserci un po' di confusione su quale utilizzare, ma generalmente il "lei" era quello più diffuso e andava bene indipendentemente dal sesso della persona a cui era rivolto. Oggi, invece, l'utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile. Al posto del lei\lui cosa utilizzare? Il loro. Ma non è così facile. In inglese esiste il "singular they" (letteralmente il “loro singolare”), un pronome che rispetta l’interlocutore o l’interlocutrice in quanto non costringe a scegliere tra il pronome di terza persona singolare maschile “he” (lui) e quello femminile “she” (lei). E, infatti, le persone transgender o non binarie usano la frase “my pronouns are they / them” per chiedere che venga usato il pronome di terza persona plurale “they” anche quando ci si riferisce singolarmente a ciascuno/a di loro. L'ampio uso in lingua inglese del “singular they” che non fa distinzione in base al genere (al contrario dei pronomi singolari “he” e “she”) è un'innovazione linguistica così rilevante che negli Stati Uniti la prestigiosa American Dialect Society ha scelto “singular they” come parola dell’anno nel 2015 e come parola del decennio nel 2019.
L'utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile
L'utilizzo dei pronomi sta cambiando per rispettare chi non si riconosce nel genere maschile e neppure in quello femminile
Recentemente, la popstar Jennifer Lopez ha presentato sul palco sua figlia Emme Maribel Muniz, 14 anni, utilizzando i pronomi neutri they/them. JLo, comunque, non è l'unica mamma vip il cui figlio/a non è a suo agio nel rispondere alle tradizionali espressioni di genere. In passato, la primogenita di Angelina Jolie e Brad Pitt, Shiloh - come spesso ha raccontato l'attrice - voleva vestire 'da maschio', portare i capelli corti e farsi chiamare John. Megan Fox, invece, ha parlato esplicitamente dell’esplorazione dello spettro dell’identità di genere di suo figlio Noah, che attualmente vuole vestire 'da femmina'. I figli della cantante Pink stanno crescendo in una prospettiva gender neutral, mentre la top model Emily Ratajkowski, durante la gravidanza, a chi chiedeva se il futuro bebè fosse maschio o femmina replicava asserendo che lo avrebbe comunicato lui o lei da grande: una risposta che sottintendeva la volontà di non forzare stereotipi di genere. Se l'uso del “singular they” per le persone anglofone è entrato nella quotidianità, più difficoltà si ha con una lingua come l'italiano. Nel nostro idioma, infatti, non ha molto senso tradurre letteralmente ‘they’ con ‘loro’ e ancora meno cercare di importare soluzioni da una lingua che ricorre a meccanismi grammaticali diversi perché il genere rimarrebbe comunque marcato (in italiano dobbiamo comunque continuare ad accordare al maschile e al femminile sostantivi, aggettivi e participi passati. Che fare allora? Grazie al movimento Lgbtq+ e femminista ci sono al momento tante sperimentazioni come l’asterisco, la x, la u, la y, la barra, l’apostrofo, lo schwa, eccetera.
Lei, lui, loro: su Instagram si può scegliere
Lei, lui, loro: su Instagram si può scegliere
Un'altra soluzione proposta dalla comunità queer è il ricorso ai pronomi indefiniti o ai verbi impersonali: se non sappiamo il genere della persona con cui ci interfacciamo o se non ci è dato saperlo, dobbiamo necessariamente utilizzare i pronomi indefiniti e i verbi impersonali. Anziché chiedere 'ieri ti sei divertito?' o 'ieri ti sei divertita?', chiederemo 'ieri è stato divertente?', così da indicare qualcuno o qualcosa in modo generico ed evitare di urtare la sensibilità e di invadere la privacy altrui. Comunque, per evitare dribbling linguistici, la cosa migliore è ascoltare il modo in cui l'interlocutore usa i pronomi per riferirsi a se stesso. E poi riutilizzare lo stesso pronome.
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