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Home » Attualità » Iran, la protesta è donna: la libertà di espressione che fa paura alla Repubblica Islamica

Iran, la protesta è donna: la libertà di espressione che fa paura alla Repubblica Islamica

Venti giornalisti arrestati dal regime, che risponde con il pugno di ferro alla rivolta scatenata dalla morte di Masha Amini. Manifestazioni in oltre 80 città del mondo

Nicolò Guelfi
29 Settembre 2022
Proteste a Berlino dopo la morte di Masha Amini

Proteste a Berlino dopo la morte di Masha Amini

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“Donne. Vita. Libertà“. La nuova rivoluzione in Iran è cominciata, e a portarla avanti sono proprio le donne. Intanto, nel pugno di ferro della repressione mira anche alla libertà d’espressione, con 20 giornalisti – tra cui la fotoreporter Yalda Moaiery (resa famosa da una foto delle proteste del novembre 2019) – arrestati dalle forze dell’ordine, mentre il dissenso popolare verso il governo di Ebrahim Raisi non accenna a fermarsi. Disordini e manifestazioni sono in atto da settimane nel Paese retto dall’Ayatollah, ma la situazione è degenerata dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale semplicemente poiché indossava il velo in maniera “scorretta”. Secondo il gruppo fondato da esuli iraniani in Norvegia, Iran Human Rights, gli arresti sono più di 1200, mentre i manifestanti uccisi sono 76. La famiglia della ragazza ha deciso nel frattempo di presentare una denuncia contro gli “autori del suo arresto”.

Una manifestante tiene un cartello con l’immagine della 22enne Masha Amini, morta dopo l’arresto per aver indossato male il velo

La libertà d’espressione che spaventa il regime

L’associazione Reporter Senza Frontiere e l’organizzazione americana Committee to Protect Journalists hanno riportato il fermo di 20 giornalisti. Tra di essi figura, oltre alla citata Moaiery, Nilufar Hamedi che, rischiando anche la vita, ha visitato l’ospedale dove Mahsa Amini era in coma e ha contribuito ad allertare l’opinione pubblica mondiale sulla sua sorte. Mentre oltreoceano fa ancora parlare di sé il gesto Christiane Amanpour, che si è rifiutata di indossare il velo davanti al presidente Raisi, facendo sì che quest’ultimo rifiutasse l’intervista della Cnn.
Fermati anche numerosi attivisti e avvocati, tra cui Hossein Ronaghi, arrestato e ora in custodia nel carcere di Evin insieme ai propri legali. Per tentare di limitare la portata del dissenso, il governo ha aggiunto restrizioni all’uso di internet e in particolare di app di messaggistica e social. “Prendendo di mira i giornalisti dopo aver limitato l’accesso a WhatsApp e Instagram, le autorità iraniane stanno inviando un chiaro messaggio: non ci deve essere copertura delle proteste”, ha affermato Reporter senza Frontiere in un comunicato. Ma alla lista dei nemici politici del regime si aggiungono anche volti noti del mondo dell’intrattenimento e della cultura, come il regista Asghar Farhadi, reo di aver espresso la propria condanna delle violenze sui social.

Iran proteste Masha Amini
Fiori su un ritratto di Mahsa Amini durante una manifestazione a suo sostegno davanti all’ambasciata iraniana a Bruxelles, il 23 settembre 2022

Le Nazioni Unite hanno chiesto alle autorità iraniane di garantire il rilascio dei detenuti: “Molti iraniani sono stati uccisi, feriti e detenuti durante le proteste – ha affermato a Ginevra la portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasan –. Siamo molto preoccupati per la risposta violenta delle forze di sicurezza alle proteste e per l’apparente uso non necessario e sproporzionato della forza contro i manifestanti. Le armi da fuoco non devono mai essere usate per disperdere una manifestazione”. Shamdasan non si è fermata e ha tirato in causa gli stessi leader iraniani: “Sono preoccupata per i commenti di alcuni leader che diffamano i manifestanti e per l’interruzione dei servizi di comunicazione. Chiediamo alle autorità di ripristinare completamente l’accesso a internet”.

La rivoluzione femminile iraniana

Una donna iraniana tiene in mano un ciuffo dei suoi capelli, tagliati durante una protesta davanti al Consolato iraniano in seguito alla morte di Mahsa Amini, a Istanbul, il 26 settembre

L’elemento principale che caratterizza la protesta è il suo connotato chiaramente femminile. Dalla Rivoluzione Culturale attuata nel ’79 dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini, le donne hanno visto i loro diritti e le loro libertà assottigliarsi sempre di più. Lo slogan che viene dalle strade di Teheran è “Donne, vita, libertà“, con le giovani che sventolavano i loro hijab e li bruciavano davanti alla polizia. Tra le vittima della repressione, ha perso la vita domenica 25 settembre Hadith Najafi,  una ragazza di soli 20 anni divenuta celebre per un video in cui, senza il velo, raccoglieva i propri capelli in una coda. Alcuni sostengono che la ragazza del video non sia Najafi, ma la protesta ha già trovato in quel gesto un nuovo simbolo.

La risposta del regime e del mondo

Le autorità iraniane non sembrano però voler fare alcun passo indietro: “I rivoltosi dovrebbero sapere che la sicurezza del nostro Paese è la nostra linea rossa e la polizia la salvaguarderà, con tutti i mezzi” afferma il capo della polizia Hossein Ashtari, mentre il numero uno della giustizia iraniana, Gholamhossein Mohseni Ejei, ha avvertito che “la magistratura affronterà con decisione e con forza i mercenari nemici“. Il ministro degli Esteri, Hossein Amir Abdollahian, ha affermato che “in Iran c’è una piena democrazia”, negando la veridicità delle immagini diffuse sui social e sulle tv occidentali.

Migliaia di iraniani filo-regime partecipano a una manifestazione di massa contro le recenti proteste antigovernative in Iran, a Teheran

Unione europea e Stati Uniti stanno invece valutando nuove sanzioni contro l’Iran. Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la Politica estera, ha condannato l’uso sproporzionato della forza da parte dell’Iran e ha affermato che tutte le opzioni saranno sul tavolo alla prossima riunione dei ministri degli Affari esteri dell’Unione prevista per il 17 ottobre. Questa ondata di manifestazioni, scontri, cortei e proteste è la più violenta degli ultimi tre anni e tra le maggiori dai tempi della fuga dello Scià di Persia. Tutto è iniziato a luglio, il 12 per la precisione, giornata nazionale dell’hijab, in cui alcune donne si sono rifiutate di onorare il velo tradizionale. Il governo Raisi ha risposto con fermezza approvando una legge che ne regolava l’obbligatorietà il 15 agosto, a seguito della quale ha deciso di utilizzare i sistemi di riconoscimento facciale attraverso le telecamere per punire le donne che non avessero rispettato la legge. Dal 2015, in Iran, il governo possiede i dati biometrici dei suoi cittadini-sudditi e quindi avrebbe avuto gioco facile.

Il leader Raisi, ultraconservatore, in passato presidente della Corte Suprema, gode dell’appoggio dell’ayatollah Khamenei e si è dedicato con fervore alla soppressione dei diritti delle donne, tralasciando altre questioni cardine per la vita del Paese, come i problemi infrastrutturali, economici e ambientali. Il cambiamento dell’Iran è, anche per questo, nelle mani delle donne. Anche perché chi non ha più niente, non ha niente da perdere.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
"Donne. Vita. Libertà". La nuova rivoluzione in Iran è cominciata, e a portarla avanti sono proprio le donne. Intanto, nel pugno di ferro della repressione mira anche alla libertà d'espressione, con 20 giornalisti - tra cui la fotoreporter Yalda Moaiery (resa famosa da una foto delle proteste del novembre 2019) - arrestati dalle forze dell’ordine, mentre il dissenso popolare verso il governo di Ebrahim Raisi non accenna a fermarsi. Disordini e manifestazioni sono in atto da settimane nel Paese retto dall’Ayatollah, ma la situazione è degenerata dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale semplicemente poiché indossava il velo in maniera "scorretta". Secondo il gruppo fondato da esuli iraniani in Norvegia, Iran Human Rights, gli arresti sono più di 1200, mentre i manifestanti uccisi sono 76. La famiglia della ragazza ha deciso nel frattempo di presentare una denuncia contro gli "autori del suo arresto".
Una manifestante tiene un cartello con l'immagine della 22enne Masha Amini, morta dopo l'arresto per aver indossato male il velo

La libertà d'espressione che spaventa il regime

L’associazione Reporter Senza Frontiere e l’organizzazione americana Committee to Protect Journalists hanno riportato il fermo di 20 giornalisti. Tra di essi figura, oltre alla citata Moaiery, Nilufar Hamedi che, rischiando anche la vita, ha visitato l’ospedale dove Mahsa Amini era in coma e ha contribuito ad allertare l’opinione pubblica mondiale sulla sua sorte. Mentre oltreoceano fa ancora parlare di sé il gesto Christiane Amanpour, che si è rifiutata di indossare il velo davanti al presidente Raisi, facendo sì che quest'ultimo rifiutasse l’intervista della Cnn. Fermati anche numerosi attivisti e avvocati, tra cui Hossein Ronaghi, arrestato e ora in custodia nel carcere di Evin insieme ai propri legali. Per tentare di limitare la portata del dissenso, il governo ha aggiunto restrizioni all’uso di internet e in particolare di app di messaggistica e social. "Prendendo di mira i giornalisti dopo aver limitato l’accesso a WhatsApp e Instagram, le autorità iraniane stanno inviando un chiaro messaggio: non ci deve essere copertura delle proteste”, ha affermato Reporter senza Frontiere in un comunicato. Ma alla lista dei nemici politici del regime si aggiungono anche volti noti del mondo dell’intrattenimento e della cultura, come il regista Asghar Farhadi, reo di aver espresso la propria condanna delle violenze sui social.
Iran proteste Masha Amini
Fiori su un ritratto di Mahsa Amini durante una manifestazione a suo sostegno davanti all'ambasciata iraniana a Bruxelles, il 23 settembre 2022
Le Nazioni Unite hanno chiesto alle autorità iraniane di garantire il rilascio dei detenuti: "Molti iraniani sono stati uccisi, feriti e detenuti durante le proteste – ha affermato a Ginevra la portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasan –. Siamo molto preoccupati per la risposta violenta delle forze di sicurezza alle proteste e per l’apparente uso non necessario e sproporzionato della forza contro i manifestanti. Le armi da fuoco non devono mai essere usate per disperdere una manifestazione". Shamdasan non si è fermata e ha tirato in causa gli stessi leader iraniani: "Sono preoccupata per i commenti di alcuni leader che diffamano i manifestanti e per l'interruzione dei servizi di comunicazione. Chiediamo alle autorità di ripristinare completamente l'accesso a internet”.

La rivoluzione femminile iraniana

Una donna iraniana tiene in mano un ciuffo dei suoi capelli, tagliati durante una protesta davanti al Consolato iraniano in seguito alla morte di Mahsa Amini, a Istanbul, il 26 settembre
L’elemento principale che caratterizza la protesta è il suo connotato chiaramente femminile. Dalla Rivoluzione Culturale attuata nel '79 dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini, le donne hanno visto i loro diritti e le loro libertà assottigliarsi sempre di più. Lo slogan che viene dalle strade di Teheran è "Donne, vita, libertà", con le giovani che sventolavano i loro hijab e li bruciavano davanti alla polizia. Tra le vittima della repressione, ha perso la vita domenica 25 settembre Hadith Najafi,  una ragazza di soli 20 anni divenuta celebre per un video in cui, senza il velo, raccoglieva i propri capelli in una coda. Alcuni sostengono che la ragazza del video non sia Najafi, ma la protesta ha già trovato in quel gesto un nuovo simbolo.

La risposta del regime e del mondo

Le autorità iraniane non sembrano però voler fare alcun passo indietro: "I rivoltosi dovrebbero sapere che la sicurezza del nostro Paese è la nostra linea rossa e la polizia la salvaguarderà, con tutti i mezzi" afferma il capo della polizia Hossein Ashtari, mentre il numero uno della giustizia iraniana, Gholamhossein Mohseni Ejei, ha avvertito che "la magistratura affronterà con decisione e con forza i mercenari nemici". Il ministro degli Esteri, Hossein Amir Abdollahian, ha affermato che "in Iran c'è una piena democrazia", negando la veridicità delle immagini diffuse sui social e sulle tv occidentali.
Migliaia di iraniani filo-regime partecipano a una manifestazione di massa contro le recenti proteste antigovernative in Iran, a Teheran
Unione europea e Stati Uniti stanno invece valutando nuove sanzioni contro l’Iran. Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la Politica estera, ha condannato l’uso sproporzionato della forza da parte dell’Iran e ha affermato che tutte le opzioni saranno sul tavolo alla prossima riunione dei ministri degli Affari esteri dell’Unione prevista per il 17 ottobre. Questa ondata di manifestazioni, scontri, cortei e proteste è la più violenta degli ultimi tre anni e tra le maggiori dai tempi della fuga dello Scià di Persia. Tutto è iniziato a luglio, il 12 per la precisione, giornata nazionale dell’hijab, in cui alcune donne si sono rifiutate di onorare il velo tradizionale. Il governo Raisi ha risposto con fermezza approvando una legge che ne regolava l’obbligatorietà il 15 agosto, a seguito della quale ha deciso di utilizzare i sistemi di riconoscimento facciale attraverso le telecamere per punire le donne che non avessero rispettato la legge. Dal 2015, in Iran, il governo possiede i dati biometrici dei suoi cittadini-sudditi e quindi avrebbe avuto gioco facile. Il leader Raisi, ultraconservatore, in passato presidente della Corte Suprema, gode dell’appoggio dell’ayatollah Khamenei e si è dedicato con fervore alla soppressione dei diritti delle donne, tralasciando altre questioni cardine per la vita del Paese, come i problemi infrastrutturali, economici e ambientali. Il cambiamento dell’Iran è, anche per questo, nelle mani delle donne. Anche perché chi non ha più niente, non ha niente da perdere.
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