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"Questa mascherina è prodotta da schiavi": il misterioso bigliettino in una confezione di Ffp2

di MARIANNA GRAZI -
15 febbraio 2022
Messaggio mascherina LaPresse

Messaggio mascherina LaPresse

"Non usate questa mascherina. È stata prodotta da schiavi africani nella prigione di Yingde, nella provincia del Guangdong, in Cina. Per favore, aiuto. Contattate un'organizzazione internazionale". Un gesto semplice, ormai quotidiano, abituale, come aprire il sacchetto della mascherina Ffp2 nuova. Al suo interno però, non c'era solo il dispositivo di protezione personale diventato, da oltre 2 anni, un accessorio indispensabile, ma anche un messaggio. Poche parole scritte a mano, in inglese, su un pezzetto di carta, erano nascoste all'interno della confezione sigillata, acquistata in una farmacia del quartiere Eur di Roma.
Messaggio Mascherina Ffp2

Il messaggio ritrovato nella confezione della mascherina (LaPresse)

Lo strano ritrovamento è stato comunicato all'agenzia stampa LaPresse dall'ignaro acquirente, che ha trovato il biglietto nascosto nella confezione e ha avvertito la redazione. Il fogliettino, secondo la ricostruzione ipotizzata, sarebbe stato inserito nella busta – all'acquisto correttamente sigillata – soltanto al momento del confezionamento della mascherina nello stabilimento di produzione. Il suo autore resta però ignoto, non avendo lasciato traccia delle proprie generalità.

I precedenti: abiti e biglietti di auguri

Le etichette con la richiesta di aiuto o di denuncia di sfruttamento nei vestiti a marchio Zara

Il caso non può non richiamare alla mente altri episodi simili, come gli strani messaggi ritrovati sulle etichette o nelle tasche dei vestiti del marchio spagnolo Zara ("Ho fatto io questo capo d'abbigliamento che stai comprando, ma non sono stato pagato per farlo" vi si leggeva) nei negozi di Istanbul, o il paio di jeans acquistati in uno shop della catena Primark, nella cui tasca un giovane di Belfast ha trovato un cartoncino con scritto: "SOS! SOS! SOS!", e sotto, in caratteri cinesi, la frase inquietante "Ci trattano come schiavi, salvateci". E ancora, fuori dall'ambito vestiario, il caso della bambina inglese che, a Natale 2019, si è trovata fra le mani uno strano biglietto di auguri: "Siamo prigionieri stranieri nella prigione di Qingpu in China. Obbligati a lavorare contro la nostra volontà. Per favore aiutateci e avvertite le organizzazioni per i diritti umani”. È successo a Londra: la cartolina faceva parte di una confezione acquistata in un negozio Tesco, la maggiore catena di supermercati britannici, che ha subito interrotto il contratto con l’azienda cinese che le forniva i bigliettini natalizi. Insomma dal lontano oriente, nel corso degli anni, sono state molte le richieste di aiuto camuffate e nascoste che sono riuscite a trapelare attraverso le maglie del governo.

L'ipotesi del falso

I messaggi apparsi in foto su Reddit (Fanpage)

In merito al biglietto ritrovato a Roma, all'interno della confezione della mascherina, secondo quanto riportato da Fanpage, spunta l'ipotesi del falso. La stessa frase, scritta in inglese, che recita: “Non usate questa mascherina. È stata prodotta da schiavi africani nella prigione di Yingde, nella provincia del Guangdong, in Cina. Per favore, aiuto. Contattate un’organizzazione internazionale" la si ritrova nella foto di un (altro?) foglio apparsa per la prima volta su Reddit sei giorni fa. L'utente che l'aveva postata aveva anche scritto: "Questi appunti sono stati trovati in un pacco di FFP2 acquistato in un drugstore a Roma da un nostro amico. Apparentemente non sono stampati, ma scritti a mano in fretta, cosa dovremmo fare?". Il post è stato però rimosso dai moderatori, ma molte persone sostengono che fosse privo di fondamento, in quanto non si poteva verificare se fosse vero o meno che il bigliettino era stato confezionato con le mascherine. Sempre secondo il sito Fanpage un altro dato da valutare sarebbe il fatto che esistono più versioni dello stesso biglietto: due sono state fotografate dall'utente su Reddit e un'altra è quella pubblicata da LaPresse. Stesse parole, stessa scrittura, ma non ci sono prove che siano state scritte dalla stessa mano, così come del contrario. Basta fare poi una veloce ricerca sul web per scoprire che la prigione cinese citata, quella di Yingde, nella provincia del Guangdong, esiste davvero dal 1952. Ma al suo interno non dovrebbe esserci alcuna fabbrica di mascherine, o comunque non vi è alcuna prova che vi sia. Il misterioso messaggio ritrovato a Roma (o i messaggi, se avvalorata la tesi che siano più di uno i biglietti) è quindi una vera richiesta di aiuto oppure di tratta di una bravata per attirare l'attenzione? Il mistero resta, nascosto tra le pieghe di una mascherina.