
Le ragazze della Ran
Livorno, Porto Cervo e Capri, per poi fare ritorno al punto di partenza, per un totale di 630 miglia. Questo è il percorso della Regata dell’Accademia Navale organizzata con lo Yacht Club Livorno, tra le più lunghe tra le regate del Mediterraneo. Quest'anno tra i 12 equipaggi partecipanti, ce n'è uno tutto al femminile: "Le Ragazze della RAN", 8 persone, più 2 di riserva, che gareggia a bordo di Audace, un First 47.7 armato da Celia – ma si pronuncia Silia – Oliverio. L'abbiamo intervistata alla partenza.
Chi sono le “Ragazze della Ran"?
“Otto amiche che si sono unite per questa sfida, che è quella di completare la regata con Audace, la barca mia e del mio compagno, Beppe Agliardi, che ha già fatto la RAN 630 per due volte, in coppia con un suo amico Pasquale Volpe. E ora ci proviamo noi . L'anno scorso avevo detto basta alle regate, perché farle 'da terra' è uno stress. Però mi dispiaceva rinunciare ad un'avventura così bella. In doppio non me la sentivo, allora ho coinvolto delle mie amiche esperte, alcune anche sinceramente più di me, ed eccomi/ci qua. Naturalmente è una bella sfida perché sono tante le miglia da fare. Quest'anno il meteo sembra clemente, ma comunque il percorso è lungo… vedremo...”.
Esiste secondo te un approccio specificamente 'femminile' alla vela?
“Sì. È un approccio diverso: a mio modo di vedere noi donne siamo più legate all'ambiente, al rapporto con la natura. Al lato romantico, se vuoi. Almeno io la vedo così. Magari mi sbaglio. Ma secondo me noi donne siamo molto più attente, alle nuvole, al sole, all'ambiente circostante, e secondo me quindi anche all'interpretazione del meteo, che è più intuitiva, istintiva se vuoi. Almeno lo spero. E poi siamo più prese appunto dallo stare in mare, dallo stare in una barca, dall'atmosfera. Vedo che i maschi invece sono più presi dalla competizione, dal guardare quello che fanno gli altri e agire di conseguenza. Noi mi sembra siamo più concentrate sul nostro essere a nostro agio e coinvolte nell'ambiente in cui ci troviamo. E traiamo da quello la nostra forza. Qualcosa di diverso che loro non vedono come lo vediamo noi, insomma”.
La vela negli anni è diventato uno sport sempre più diffuso, anche tra le donne, che oggi anche in questo ambiente sono numerose. Esiste ancora secondo te una discriminazione di genere nel mondo velistico?
“Sì. Esiste. Ancora oggi e non poca. Non l'ho vissuta direttamente sulla mia pelle, almeno non in maniera eclatante, ma ho visto molti atteggiamenti in qualche modo discriminatori. A partire dal fatto che, sembra incredibile, ma ancora oggi per qualcuno una donna a bordo è sinonimo di sfortuna. E poi atteggiamenti poco gradevoli. E infatti quello che stiamo facendo, come equipaggio tutto femminile, secondo me è molto importante. Dare cioè l'esempio che si può fare, indicare alle ragazze che magari hanno timore di entrare in ambiente ancora molto maschile, che invece è possibile e che non devono limitarsi. È uno stimolo a credere nelle loro possibilità. Poi negli ultimi anni anche nella vela ci sono molte attrezzature che ti aiutano, e quindi è leggermente meno pesante, per cui indubbiamente è un vantaggio rispetto a prima”.
La tua passione per la vela da dove nasce?
“Semplicemente dalla passione per il mare. Perché io sin da piccola volevo vedere le balene. E quindi ho lavorato perché questo mio sogno diventasse realtà. Ho fatto una settimana in mare con un gruppo di ricercatori di Milano, dell’Istituto Thetys per la tutela dell’ambiente marino, cercando cetacei nel Mediterraneo per studiarli. Alla fine li ho anche visti, ed è stato bellissimo. Un'esperienza fantastica. E lì ho pensato a quanto si stesse bene in mare, a come mi piacesse quella vita. Così ho deciso di privarci, ho fatto un corso al Lago Maggiore dove ho conosciuto il mio compagno, con cui abbiamo preso insieme Audace e il resto è la storia di questi giorni”.
Prossimi progetti?
“Beh, innanzitutto finire questa regata, poi andrò in Grecia col mio compagno, faremo l'estate lì. Abbiamo un sogno nel cassetto che per scaramanzia non dico, ma in generale la nostra vita si sta trasformando in una vita in barca”.
Che consigli daresti a una donna, ad una ragazza che magari sta leggendo questo articolo e vorrebbe avvicinarsi al mondo della vela e delle regate?
“Di non fermarsi, non scoraggiarsi, di provare un corso, di tentare. Le prime volte può sembrare tutto nuovo, tutto difficile, a partire dalla lingua che si usa a bordo, che è infarcita di termini che non sono comuni e che quindi vanno imparati. Di non fermarsi alle prime difficoltà, ma credere nelle proprie possibilità di superare gli ostacoli. Senza pensarci troppo magari. Ecco: fare le cose un po' d’istinto. Poi il mare ti aiuta, il vento ti aiuta. Devi averne rispetto ovviamente, ma poi ti dà tantissimo. Se tu gli vuoi bene, il mare, la natura, l'Universo, ti danno tantissimo”.