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Home » Attualità » “Profughi vi accogliamo, ma se siete neri no”. Il razzismo nella guerra in Ucraina, quei (troppi) casi di discriminazione

“Profughi vi accogliamo, ma se siete neri no”. Il razzismo nella guerra in Ucraina, quei (troppi) casi di discriminazione

Dall'accoglienza negata a Palermo a due studenti universitari di Kiev alle persone bloccate al confine "perché neri". Il razzismo è la guerra nella guerra che i profughi di colore stanno vivendo in Ucraina

Remy Morandi
29 Marzo 2022
Profughi Ucraina

I profughi di colore in fuga dall'Ucraina stanno affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo

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Una guerra nella guerra. Come la vivono le donne transgender respinte al confine perché sul documento hanno scritto “maschio”, così anche i profughi e i rifugiati di colore in fuga dalla guerra stanno, oltre alle bombe, affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo. Un paio di giorni fa è uscita la notizia di una suora, suor Anna Alonzo, che ha denunciato sulle pagine del Corriere della Sera cosa le era successo. La signora ha temporaneamente accolto due ventenni, due studenti universitari, perché un’altra donna aveva negato ai due ragazzi l’ospitalità e l’accoglienza promessa. Il motivo? “La proprietaria si era offerta di accoglierli, ma mi ha detto che non voleva ospitare due africani. Due profughi bianchi andavano bene, neri no“, ha raccontato suor Anna Alonzo al Corsera. L’episodio, da quando è scoppiato il conflitto lo scorso 24 febbraio, non è l’unico caso di razzismo nella guerra in Ucraina. Sono tanti infatti, per lo più studenti, i profughi di colore che hanno denunciato le discriminazioni subite unicamente per il colore della pelle. Ai media internazionali, dalla Cbs a France24, molti hanno detto di essere stati respinti al confine “perché neri” e di aver dovuto aspettare prima di salire sui treni in partenza dall’Ucraina. Si sentivano dire: “Prima i bianchi, poi voi“.

I profughi di colore in fuga dall'Ucraina stanno affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo
I profughi di colore in fuga dall’Ucraina stanno affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo

“Profughi sì, neri no”, l’accoglienza negata a Palermo a due studenti in fuga dall’Ucraina

A Palermo una donna si era offerta volontaria per accogliere nella sua seconda casa due profughi ucraini. Ma quando ha saputo che i ragazzi, Michael e Meshack, erano due universitari originari della Nigeria, l’offerta di accoglienza è stata ritirata. Suor Anna Alonzo, la donna che ha temporaneamente accolto i due ragazzi, ha raccontato al Corsera cosa le aveva riferito la proprietaria della casa a Palermo: “Mi ha detto che non voleva ospitare due africani. Due profughi bianchi andavano bene, neri no”. Ora i due studenti ventenni sono stati accolti nella ‘Casa Regina della Pace’, la fondazione a Casteldaccia dove suor Anna accoglie di solito ragazze nigeriane sottratte alla prostituzione. Adesso la suora sta cercando un alloggio stabile a Palermo per i due studenti universitari – entrambi hanno perso i genitori in Nigeria – in modo che possano proseguire gli studi. “Michael studia economia, per lui non ci sono problemi a frequentare i corsi anche in Italia. Meshack invece fa Medicina, ha già dato 12 materie, ma qui a Palermo c’è il numero chiuso”, ha fatto sapere suor Anna.

“Respinti perché neri”, profughi di colore bloccati al confine

A inizio marzo il presidente dell’Unione africana e del Senegal Macky Sall e il presidente della Commissione dell’Unione africana Moussa Faki Mahamat denunciarono che molti profughi di origini africane in fuga dalla guerra in Ucraina erano stati respinti al confine con la Polonia. La stessa denuncia di maltrattamenti e discriminazioni razziali era arrivata a fine febbraio via Twitter anche dal portavoce del ministero degli Esteri sudafricano, Clayson Monyela.

pic.twitter.com/e2IFBrkzdb

— Clayson Monyela (@ClaysonMonyela) February 27, 2022

“Ci hanno fermato al confine e ci hanno detto che i neri non erano ammessi. Ma abbiamo potuto vedere i bianchi che passavano”. Così Moustapha Bagui Sylla, uno studente originario della Guinea ha raccontato a France24. Il giovane ha spiegato che pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa si è subito affrettato a lasciare l’Ucraina. Lo studente si trovava nella sua residenza universitaria a Kharkiv quando si è trovato costretto, come migliaia di altri civili ucraini, a incamminarsi per ore verso il confine per fuggire dalle bombe. Il giovane ha detto di aver camminato per ore prima di arrivare alla frontiera polacca di Medyka. Da lì ha ricevuto l’ordine di tornare indietro. “Non fanno entrare gli africani. I neri senza passaporto europeo non possono attraversare il confine. Ci stanno respingendo solo perché siamo neri”, ha detto un altro studente nigeriano, Michael, a France24. “Siamo tutti umani – ha aggiunto il ragazzo – Non dovrebbero discriminarci a causa del colore della nostra pelle”.

Many black Africans fleeing Ukraine are being denied entry into Poland.

Some Africans were forced to wait for Ukrainians to go first in several trains, and had to wait until all Ukrainians had boarded trains before they would be allowed to get into onepic.twitter.com/6i3lXlvg8G

— Africa View Facts (@AfricaViewFacts) February 27, 2022

A Nbc News un ragazzo di 25 anni, Alexander Somto Orah, ha raccontato di essere stato respinto mentre stava salendo su un treno alla stazione ferroviaria di Kiev. Il giovane aveva provato a fuggire dall’Ucraina con alcuni amici su un treno diretto in Polonia. “I funzionari ci dicevano ‘solo ucraini‘. Io ho provato a dirgli: “Tu dici ‘solo ucraini’. Ma non ti vedo controllare i passaporti. Vedo che scegli solo i bianchi”, ha raccontato il 25enne a Nbc News, spiegando poi com’è riuscito finalmente a mettersi in fuga con gli amici. Uno dopo l’altro, Orah e gli altri hanno provato invano a salire sui treni in partenza da Kiev. Poi alla fine, nel disperato tentativo di salvarsi, si sono lanciati a bordo di un treno in movimento: “Il treno era già partito, siamo saltati e ci siamo aggrappati alla porta del vagone dicendo a un macchinista: ‘O apri la porta o moriamo per strada’. Finalmente l’uomo ha aperto la porta. Eravamo gli unici tre africani su quel treno, che tra l’altro – ha concluso il ragazzo di 25 anni – non era nemmeno pieno”.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Una guerra nella guerra. Come la vivono le donne transgender respinte al confine perché sul documento hanno scritto "maschio", così anche i profughi e i rifugiati di colore in fuga dalla guerra stanno, oltre alle bombe, affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo. Un paio di giorni fa è uscita la notizia di una suora, suor Anna Alonzo, che ha denunciato sulle pagine del Corriere della Sera cosa le era successo. La signora ha temporaneamente accolto due ventenni, due studenti universitari, perché un'altra donna aveva negato ai due ragazzi l'ospitalità e l'accoglienza promessa. Il motivo? "La proprietaria si era offerta di accoglierli, ma mi ha detto che non voleva ospitare due africani. Due profughi bianchi andavano bene, neri no", ha raccontato suor Anna Alonzo al Corsera. L'episodio, da quando è scoppiato il conflitto lo scorso 24 febbraio, non è l'unico caso di razzismo nella guerra in Ucraina. Sono tanti infatti, per lo più studenti, i profughi di colore che hanno denunciato le discriminazioni subite unicamente per il colore della pelle. Ai media internazionali, dalla Cbs a France24, molti hanno detto di essere stati respinti al confine "perché neri" e di aver dovuto aspettare prima di salire sui treni in partenza dall'Ucraina. Si sentivano dire: "Prima i bianchi, poi voi".
I profughi di colore in fuga dall'Ucraina stanno affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo
I profughi di colore in fuga dall'Ucraina stanno affrontando un altro tipo di piaga: il razzismo

"Profughi sì, neri no", l'accoglienza negata a Palermo a due studenti in fuga dall'Ucraina

A Palermo una donna si era offerta volontaria per accogliere nella sua seconda casa due profughi ucraini. Ma quando ha saputo che i ragazzi, Michael e Meshack, erano due universitari originari della Nigeria, l'offerta di accoglienza è stata ritirata. Suor Anna Alonzo, la donna che ha temporaneamente accolto i due ragazzi, ha raccontato al Corsera cosa le aveva riferito la proprietaria della casa a Palermo: "Mi ha detto che non voleva ospitare due africani. Due profughi bianchi andavano bene, neri no". Ora i due studenti ventenni sono stati accolti nella 'Casa Regina della Pace', la fondazione a Casteldaccia dove suor Anna accoglie di solito ragazze nigeriane sottratte alla prostituzione. Adesso la suora sta cercando un alloggio stabile a Palermo per i due studenti universitari - entrambi hanno perso i genitori in Nigeria - in modo che possano proseguire gli studi. "Michael studia economia, per lui non ci sono problemi a frequentare i corsi anche in Italia. Meshack invece fa Medicina, ha già dato 12 materie, ma qui a Palermo c'è il numero chiuso", ha fatto sapere suor Anna.

"Respinti perché neri", profughi di colore bloccati al confine

A inizio marzo il presidente dell'Unione africana e del Senegal Macky Sall e il presidente della Commissione dell'Unione africana Moussa Faki Mahamat denunciarono che molti profughi di origini africane in fuga dalla guerra in Ucraina erano stati respinti al confine con la Polonia. La stessa denuncia di maltrattamenti e discriminazioni razziali era arrivata a fine febbraio via Twitter anche dal portavoce del ministero degli Esteri sudafricano, Clayson Monyela.

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— Clayson Monyela (@ClaysonMonyela) February 27, 2022
"Ci hanno fermato al confine e ci hanno detto che i neri non erano ammessi. Ma abbiamo potuto vedere i bianchi che passavano". Così Moustapha Bagui Sylla, uno studente originario della Guinea ha raccontato a France24. Il giovane ha spiegato che pochi giorni dopo l'inizio dell'invasione russa si è subito affrettato a lasciare l'Ucraina. Lo studente si trovava nella sua residenza universitaria a Kharkiv quando si è trovato costretto, come migliaia di altri civili ucraini, a incamminarsi per ore verso il confine per fuggire dalle bombe. Il giovane ha detto di aver camminato per ore prima di arrivare alla frontiera polacca di Medyka. Da lì ha ricevuto l'ordine di tornare indietro. "Non fanno entrare gli africani. I neri senza passaporto europeo non possono attraversare il confine. Ci stanno respingendo solo perché siamo neri", ha detto un altro studente nigeriano, Michael, a France24. "Siamo tutti umani - ha aggiunto il ragazzo - Non dovrebbero discriminarci a causa del colore della nostra pelle".

Many black Africans fleeing Ukraine are being denied entry into Poland.

Some Africans were forced to wait for Ukrainians to go first in several trains, and had to wait until all Ukrainians had boarded trains before they would be allowed to get into onepic.twitter.com/6i3lXlvg8G — Africa View Facts (@AfricaViewFacts) February 27, 2022
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