
Il 61% degli intervistati mostra un livello di malessere psicologico crescente
Il benessere psicologico dei lavoratori italiani nel 2025 è un tema di crescente rilevanza che evidenzia una situazione di malessere diffuso e una crescente richiesta di supporto da parte dei dipendenti. E Serenis, centro medico online per il benessere mentale e fisico, in collaborazione con un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università di Padova (Martina Gianecchini, Simona Leonelli, Alessandra Tognazzo), ha pubblicato la seconda edizione del progetto di ricerca “Osservatorio sul benessere psicologico nelle aziende italiane“, per fotografare lo stato di benessere psicologico dei lavoratori italiani.
Come è strutturata l'indagine
La nuova rilevazione ha coinvolto oltre 1.200 lavoratori, dai 18 fino oltre i 60 anni. Il campione dei rispondenti all'indagine è composto prevalentemente da donne (77,6%), a fronte del 21,8% di uomini e dello 0,6% che si identifica come non binario. Dal punto di vista anagrafico, la fascia maggiormente rappresentata è quella tra i 18 e i 25 anni (63,1%), seguita dai 36-45enni (26,5%), dai 46-60enni (9,1%) e, in misura minore, dagli over 60 (1,3%). Quindi, se ve lo state chiedendo, sì anche i giovani - e in particolare la Generazione Z e i Millennials - stanno mostrando un crescente interesse per il benessere psicologico sul lavoro, spesso più marcato rispetto alle generazioni precedenti.
Il 61% mostra un livello di malessere psicologico crescente
Ma veniamo adesso ad alcuni risultati dell'indagine partendo subito da un dato critico: il 61% degli intervistati mostra un livello di malessere psicologico crescente, in netto aumento rispetto al 49,4% rilevato nel 2023. In media, l'indicatore GHQ-12 ( General Health Questionnaire a 12 è uno strumento che rileva la presenza e la frequenza di sintomi psicologici non cronici esperiti dall'individuo nelle settimane precedenti) si attesta su 21,4 punti, in rialzo rispetto ai 20,1 dell'ultima analisi. Per darvi un'idea, in questo studio, punteggi inferiori a 15 sono indicativi di uno stato di benessere, valori compresi tra 15 e 20 suggeriscono la presenza di segnali moderati di ansia e stress, mentre punteggi superiori a 20 indicano un malessere psicologico con livelli crescenti di severità. Un quadro quindi drammatico, considerando che soltanto il 17% dei rispondenti presenta segnali di benessere mentale.
“Il benessere si costruisce con ambienti dove le persone possono esprimersi e dove sono libere di sbagliare“
“Se per oltre 6 persone su 10 il benessere psicologico sul lavoro è un tema molto importante, il 57,8% dei rispondenti dichiara che la propria azienda mostra scarso interesse per questo aspetto, in crescita rispetto al 52,9% del 2024. Molto spesso le aziende faticano a comprendere che il benessere non si costruisce con i benefit, ma con ambienti in cui le persone possono esprimersi, sentirsi ascoltate e libere di sbagliare. Dove mancano autonomia e sicurezza psicologica, è più facile che emergano ansia, insoddisfazione e distacco”, afferma Martina Migliore, psicoterapeuta e Direttrice della Formazione in Serenis.
La settima corta che mette d'accordo giovani e meno giovani
Ma se ai giovani (Millennials e Generazione Z) a lavoro fa stare meglio l'essere ascoltati e non semplicemente “gestiti“, e se vogliono sapere “perché“ stanno facendo qualcosa e non solo “cosa“ devono fare, i più maturi invece trovano maggiore sollievo nel sentirsi apprezzati per le competenze e l'esperienza maturata e preferiscono poter decidere come gestire i compiti in autonomia. Entrambi però concordano su un fatto. Tra le proposte che raccolgono maggior consenso, infatti, la settimana lavorativa di quattro giorni è la più apprezzata: il 47,2% dei lavoratori rinuncerebbe fino al 10% dello stipendio pur di lavorare solo un giorno in meno, anche se in presenza e con orari fissi, evidenziando una forte esigenza di flessibilità. Quest'ultima, soprattutto se strutturata in modo efficace, si conferma quindi centrale per migliorare il benessere psicologico dei lavoratori.
Cosa vorrebbero davvero i lavoratori per stare meglio
In definitiva, cosa vorrebbero veramente i lavoratori delle aziende per migliore il proprio benessere mentale? In primis programmi di supporto psicologico citati bensì dall'85,3%. Poi controlli sanitari e campagne di prevenzione, messi in evidenza dal 49,9%. Infine, mentoring e percorsi di crescita (39,3%). “Oggi il benessere dei lavoratori è una priorità imprescindibile. Le persone chiedono alle aziende un impegno reale, fatto di ascolto, prevenzione e crescita. Iniziative come il supporto psicologico o i percorsi di mentoring non sono più un “plus“, ma elementi chiave per costruire un ambiente di lavoro sano, motivante e sostenibile nel lungo periodo“, conclude la psicoterapeuta.
La disillusione verso il mondo del lavoro
Insomma, che si parli di Generazione X, di Millennials o di Generazione Z, la situazione non cambia. Serve al più presto un cambiamento culturale e organizzativo per migliorare la qualità del lavoro e la soddisfazione dei lavoratori italiani. Anche perché altrimenti si rischia, oltre a stress, burnout e disagio mentale, soprattutto tra i più giovani, il fenomeno della “great regret“: si cambia lavoro spesso, ma nessun posto sembra andare bene perché “pensavo fosse colpa del mio primo lavoro, ma forse è tutto il sistema che non fa per me“.