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Home » Attualità » Sam Neill: “Ho avuto il cancro al sangue: non ho paura di morire”

Sam Neill: “Ho avuto il cancro al sangue: non ho paura di morire”

L'attore neozelandese, volto noto di "Jurassic Park", ha raccontato nel libro di memorie della battaglia contro un tumore al terzo stadio. "Sono contento di essere vivo"

Marianna Grazi
18 Marzo 2023
Sam Neill, attore di Jurassic Park, rivela di essere in cura per un cancro al sangue al terzo stadio

Sam Neill, attore di Jurassic Park, rivela di essere in cura per un cancro al sangue al terzo stadio

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Indimenticabile nel suo ruolo del paleontologo Alan Grant nella saga di Jurassic Park, Sam Neill ha recentemente rivelato di aver combattuto contro un cancro al sangue al terzo stadio. Stando al Guardian, che ha intervistato l’attore in occasione dell’uscita martedì prossimo del suo libro di memorie “Did I Ever Tell You This?”, il 75enne neozelandese ha scoperto di avere un linfoma angioimmunoblastico a cellule T e si è sottoposto alla chemioterapia. Una volta in remissione ha iniziato ad assumere un farmaco chemioterapico relativamente nuovo, che dovrà prendere ogni mese per il resto della sua vita.

“Sono contento di essere vivo”

Sam Neill, 75 anni, è un attore neozelandese

“Non sono fuori pericolo ma non c’è più il cancro nel mio corpo”, ha dichiarato Neill al Guardian. “Non voglio fingere di non aver avuto momenti bui nell’ultimo anno”, ha aggiunto nell’intervista. “Ma quei momenti bui fanno risaltare la luce, sapete, e mi hanno reso grato per ogni giorno e immensamente riconoscente nei confronti di tutti i miei amici. Sono solo contento di essere vivo“. L’attore ora sta “molto bene ed è tornato al lavoro”, ha aggiunto il suo rappresentante. La sua carriera di attore è iniziata negli anni ’70 e comprende oltre 150 ruoli, da “La mia brillante carriera” a “Il pianoforte”, da “Jurassic Park” a “Peaky Blinders”, si sta attualmente preparando per l’inizio delle riprese dell’adattamento televisivo del romanzo bestseller di Liane Moriarty “Le mele non cadono mai”, che sarà girato in Australia e avrà come protagonista Annette Bening.

La scrittura come balsamo contro il cancro

La star di Jurassic Park ha iniziato a scrivere il suo libro di memorie mentre si sottoponeva alla chemio

Neill ha manifestato per la prima volta un ingrossamento delle ghiandole durante la pubblicità di Jurassic World Dominion nel marzo dello scorso anno e in breve tempo gli è stato diagnosticato un linfoma a cellule T angioimmunoblastico. È stato sottoposto a chemioterapia, ma quando questa ha cominciato a non funzionare più, ha intrapreso una nuova terapia che continuerà a seguire mensilmente per il resto della sua vita, anche se ora è guarito dal cancro.
La star 75enne ha parlato della sua carriera nel cinema e nella televisione, della durata della celebrità, della vita nella sua fattoria in Nuova Zelanda e della morte, aprendo il suo libro con una rivelazione shock: “Il fatto è che sono malato. Forse sto morendo – scrive nel primo capitolo – forse devo accelerare i tempi”. Sam Neill ha iniziato a scrivere episodi della sua vita come modo per tenersi occupato – e come sollievo – mentre era in cura per il cancro l’anno scorso. “Mi sono ritrovato senza nulla da fare”, ha detto al quotidiano britannico. “E io sono abituato a lavorare. Mi piace, amo andare al lavoro. Mi piace stare con le persone ogni giorno. E all’improvviso ne sono stato privato. Quindi ho pensato: ‘Cosa farò?’. Non ho mai avuto l’intenzione di scrivere un libro – ha spiegato -. Ma man mano che andavo avanti e continuavo a scrivere, mi sono reso conto che mi dava una sorta di ragione di vita e andavo a letto pensando: ‘Domani scriverò di questo… mi farà stare bene’. E questo mi ha salvato la vita, perché non avrei potuto affrontare tutto questo senza avere nulla da fare”. “Did I Ever Tell You This?” non è un libro di memorie sul cancro, ma l’autore afferma che la sua malattia rappresenta un “flusso continuo” nel corso della narrazione.

 

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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