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Sanremo, Checco Zalone accusato di omofobia dalla comunità Lgbt: "Più che far ridere, hai deriso i trans"

di REMY MORANDI -
3 febbraio 2022
Checco Zalone Sanremo 2022

Checco Zalone Sanremo 2022

Arcigay e la comunità Lgbt accusano Checco Zalone di omofobia e transfobia. Nella seconda serata del Festival di Sanremo, il comico pugliese ha recitato con Amadeus una fiaba, una sorta di Cenerentola in chiave trans*. La storia è ambientata in Calabria: Oreste, transessuale brasiliano, viene invitato al ballo di corte del re. Il principe calabrese se ne innamora, ma il re e padre omofobo – “cliente affezionato” di Oreste – rifiuta l’unione dei due. Tutto viene raccontato tra le battute e le risate di Amadeus e Checco Zalone, che imita in modo grottesco la voce del transessuale brasiliano. Uno sketch che viene inscenato nella prima parte della serata della kermesse, dopo il monologo sul razzismo di Lorena Cesarini.

Checco Zalone e Amadeus durante la fiaba del brasiliano trans* a Sanremo 2022

Il discorso di Checco Zalone contro l'omofobia, fin da subito, divide i social, tanto da far diventare #CheccoZalone hashtag di tendenza in Italia. Twitter si spacca, tra chi difende il comico e il suo essere "pungente, ironico e provocatore" e chi lo critica per non aver "portato niente di nuovo sul palco: i soliti stereotipi sui trans". Tra coloro a cui non è andata giù la sua fiaba c'è, come si diceva, l'associazione Arcigay e la comunità Lgbt.

ArciGay attacca Zalone: "Hai fatto un circo sulle persone trans"

Francesco Angeli, presidente di ArciGay Roma, condivide un post molto critico su Facebook e dice: "Ovviamente non è Sanremo se non c'è un po' di omofobia. O transfobia". E poi parte nel raccontare la fiaba di Zalone: "In questa fiaba un vecchio re, che viveva un gran disagio, si dispera perché il figlio non trova moglie. E perciò indice una chiamata tra le donne calabre. Tra queste, una certa Oreste, nome maschile ma atteggiamento femminile, ciò che può sembrare dunque una persona trans? Oppure un omosessuale effemminato? Fatto sta che Oreste parla di se stessa al femminile. Una fata la 'femminilizza' togliendole peli e pomo d'Adamo. Oreste si reca al ballo e conosce il figlio del principe. Immediatamente Oreste ci dice di essere brasiliana, come nello stereotipo delle persone trans. Balla con il principe ma a mezzanotte non sa 'che cosa accade sotto'. Chiaramente - commenta Angeli - il riferimento è a un presunto organo genitale maschile che probabilmente gli era stato 'tolto' dalla fata. E risate... risate... risate... su quello che per le persone trans può essere un difficile percorso. L'ironia continua quando viene trovata la scarpa di Oreste. Numero 48. E di nuovo ironia su questa mascolinizzazione. Il re, il padre del figlio invaghito di Oreste, scopre la transessualità, o forse per lui l'omosessualità come spesso capita di confondere le due cose, e Oreste dice lui di essere 'un cliente affezionato'. Ed è qui che entra in gioco lo stereotipo sulla prostituzione. Il principe decide di suicidarsi. E di nuovo Oreste, con accento brasiliano, dice: 'è finita, mi ammazzo, solamente perché ho il ...'. Dopo di che Oreste intona una canzone con accento brasiliano che condannerebbe gli omofobi. O i transofobi. Recita specificatamente: 'Sao c'è gente strana che vuole a fragola e a banana. Viene da me continuamente, poi dopo un po' si pente, non è più cliente. Ma poi torna da capo, chiediglielo a Lapo'". Dopo aver raccontato la fiaba di Zalone, il presidente di ArciGay Roma commenta: "Se c'era bisogno di fare un discorso contro la transfobia non era necessario fare dieci minuti di esibizione pietosa in questo modo. Ciò non ha nulla a che vedere con le persone trans, con la lotta contro la transfobia. Non è ironia. È voler fare un circo sulle persone trans, facendo finta che non lo si fa. Cosa dovrebbe dire una mamma con una figlia trans davanti alla tv? Farsi una risata?". Non ci sta nemmeno Luce Visco, presidente di ArciGay Molise: "Accogliamo con delusione che quello che doveva essere il Festival dell’inclusione diventa luogo di ripercussione di stereotipi macchiettistici ormai superati e facenti parte di una modalità di intrattenimento discriminatoria e superata", scrive Visco. "Il teatrino andato in scena tra Amadeus e Checco Zalone descrive le persone trans in maniera anacronistica e fuorviante, e per questo è necessario chiedere scusa a tutte quelle persone offese da tale momento. Le persone trans, con tanto di accostamento alla prostituzione, non meritano di essere ancora etichettate in tal modo".

Vladimir Luxuria, 56 anni

Vladimir Luxuria: "Più che far ridere, hai deriso i trans"

Anche Vladimir Luxuria è critica nei confronti della fiaba di Zalone: "Mi è sembrata intanto una performance un po' scarsa, da Zalone ci saremmo aspettati di più. È anche un po' una ripetizione, questa volta più fallita rispetto alla canzone sugli uomini sessuali che invece aveva fatto tanto ridere". Così commenta Luxuria che aggiunge: "Apprezzo la finalità di condanna all'ipocrisia dei falsi moralisti, di quelli che ci cercano e poi fanno finta che non sono mai stati con noi. Però una trans si può cercare anche in un locale, in un luogo di lavoro, su un autobus - spiega Luxuria - non è che per avere un contatto con una trans si debba per forza andare nel vicoletto buio. Poi una trans brasiliana che si chiama Oreste: lo sketch era tutto improntato sulla impossibilità e sulla ridicolizzazione del tentativo di essere femminile da parte di una trans. Tutto un mix di pomo d'Adamo, numero di scarpe 48, la rima con 'azzo', il fatto che un uomo che va con una trans si piega e vuole la banana: tutta una ossessione sul ridicolizzare la femminilità di una trans. Una persona in quanto trans è una potenziale prostituta o una dalla femminilità impossibile". E aggiunge: "Sarebbe un po' come se, poiché esistono delle donne che si prostituiscono, tutte le volte che si parla di donne si deve parlare di prostitute. La prostituzione non è un reato, ovviamente, e non c'è alcun moralismo sulla prostituzione ma è un corto circuito che viene fatto troppo spesso. E come se Zalone avesse voluto fare lui, stavolta, l'ipocrita: da una parte condannare il falso perbenismo di quelli che ci condannano, dall'altro però far ridere il popolino su tutti quegli stereotipi che ci vogliono ad esempio col 48 di piedi. Vorrei dire a Checco che sono alta 1.78 e porto il 41 di piedi. Non ho neanche il pomo d'Adamo. Non sono per la censura ma rivendico il diritto alla critica di sketch che più che far ridere deridono", conclude.

Efe Bal: "Un monologo stupido e inutile"

Anche la trans turca Efe Bal si scaglia contro Checco Zalone: "È un monologo stupido e inutile, perché parla ancora di nazionalità brasiliana, della ceretta per diventare più bella o più donna, del numero di piede 48. Io non ho peli sulle gambe, porto il 40 come numero di scarpe, sono originaria di Instanbul in Turchia e non del Brasile. Vivo in Italia da più di 20 anni, sono trans e non ho mai avuto problemi con il razzismo e omofobia perché ho rispettato la cultura e le persone di questo bel Paese. Non credo che gli italiani - ha aggiunto Efe Bal - siano omofobi, ma che questi spettacoli possano aumentare la quota di omofobia. Lasciateci in pace. L'unico modo per vivere bene è rispettare le regole, la cultura e la gente di un Paese. Sono molto delusa da Checco Zalone".