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Home » Attualità » Scattavano foto e le ritoccavano, aggiungendo insulti sessisti: a Cuneo sospesi 300 alunni

Scattavano foto e le ritoccavano, aggiungendo insulti sessisti: a Cuneo sospesi 300 alunni

Una decisione che arriva alla vigilia dell’ultimo giorno di scuola, assunta dal Collegio docenti dell’istituto comprensivo Riberi di Caraglio. La preside: “Amareggiati perché nessuno ha ritenuto di fermare questa catena, segnalando la cosa ai genitori o agli insegnanti”

Camilla Prato
11 Giugno 2021
E-Learning from home. Teenage boy studying from home

E-Learning from home. Teenage boy studying from home

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Pensavano di essere protetti, al sicuro, dietro gli schermi del computer di casa o di nascosto, in aula, senza che nessuno notasse cosa stavano facendo. Così scattavano foto a insegnanti e compagni, durante le lezioni in Dad ma anche in presenza, pubblicandole poi sui gruppi social modificate con “scopi denigratori e accompagnate da parolacce, insulti, pesanti allusioni sessuali“. Ma la fortuna non ha giocato in loro favore e così circa 300 alunni della scuola media di Caraglio, in provincia di Cuneo, sono stati sospesi ma, allo stesso, obbligati a frequentare le lezioni.

La scoperta è arrivata per caso, una settimana fa. Un ragazzino disegna una svastica sul diario, ma il professore se ne accorge e lo riprende: “Lo sai, almeno, cosa significa?”. Ma lo studente ribatte: “Ma dai, prof, se la prende per questo? Non sa quello che gira sui cellulari?”. Basta una breve indagine ed ecco che salta fuori la verità. Sconcertante. Un via vai pericoloso di immagini e insulti che circolava su gruppi social creati ad hoc dai ragazzi.

Di qui la decisione “indispensabile e non procrastinabile” del Collegio docenti dell’istituto comprensivo Riberi. Drastica, senza dubbio, ma anche necessaria: la sospensione alla vigilia dell’ultimo giorno di scuola, per tutte le 12 classi, dalla Prima alla Terza, con centinaia di studenti dagli 11 ai 14 anni comunque andati a scuola ma per seguire “iniziative di riflessione su quanto accaduto”. Ovvero lezioni di educazione civica sulle regole, i rischi del web, il rispetto della privacy delle persone e le possibili conseguenze, anche penali, per chi trasgredisce.

A informare le famiglie è stata la preside Raffaella Curetti: “Alcuni hanno ammesso le loro responsabilità, i più hanno negato. Moltissimi hanno riconosciuto di aver visto le immagini. La cosa che ci amareggia di più è che nessuno ha ritenuto di fermare questa catena, segnalando la cosa ai genitori o agli insegnanti”. Poi avverte: “Alcune immagini circolate e diffuse in modo molto ampio sono altamente offensive, e i genitori degli alunni interessati, o i docenti, faranno le loro valutazioni se procedere in altre sedi. Tali comportamenti non possono essere tollerati”. Ma ha tenuto anche a precisare che “nessuno sarà bocciato o è rimasto a casa. Al massimo l’episodio inciderà sul voto in condotta. Non è stato un provvedimento punitivo, ma didattico ed educativo. Perché sia chiaro a tutti – conclude Curetti – che la responsabilità individuale è la base di una cittadinanza consapevole”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Pensavano di essere protetti, al sicuro, dietro gli schermi del computer di casa o di nascosto, in aula, senza che nessuno notasse cosa stavano facendo. Così scattavano foto a insegnanti e compagni, durante le lezioni in Dad ma anche in presenza, pubblicandole poi sui gruppi social modificate con "scopi denigratori e accompagnate da parolacce, insulti, pesanti allusioni sessuali". Ma la fortuna non ha giocato in loro favore e così circa 300 alunni della scuola media di Caraglio, in provincia di Cuneo, sono stati sospesi ma, allo stesso, obbligati a frequentare le lezioni. La scoperta è arrivata per caso, una settimana fa. Un ragazzino disegna una svastica sul diario, ma il professore se ne accorge e lo riprende: "Lo sai, almeno, cosa significa?". Ma lo studente ribatte: "Ma dai, prof, se la prende per questo? Non sa quello che gira sui cellulari?". Basta una breve indagine ed ecco che salta fuori la verità. Sconcertante. Un via vai pericoloso di immagini e insulti che circolava su gruppi social creati ad hoc dai ragazzi. Di qui la decisione "indispensabile e non procrastinabile" del Collegio docenti dell’istituto comprensivo Riberi. Drastica, senza dubbio, ma anche necessaria: la sospensione alla vigilia dell'ultimo giorno di scuola, per tutte le 12 classi, dalla Prima alla Terza, con centinaia di studenti dagli 11 ai 14 anni comunque andati a scuola ma per seguire "iniziative di riflessione su quanto accaduto". Ovvero lezioni di educazione civica sulle regole, i rischi del web, il rispetto della privacy delle persone e le possibili conseguenze, anche penali, per chi trasgredisce. A informare le famiglie è stata la preside Raffaella Curetti: "Alcuni hanno ammesso le loro responsabilità, i più hanno negato. Moltissimi hanno riconosciuto di aver visto le immagini. La cosa che ci amareggia di più è che nessuno ha ritenuto di fermare questa catena, segnalando la cosa ai genitori o agli insegnanti". Poi avverte: "Alcune immagini circolate e diffuse in modo molto ampio sono altamente offensive, e i genitori degli alunni interessati, o i docenti, faranno le loro valutazioni se procedere in altre sedi. Tali comportamenti non possono essere tollerati". Ma ha tenuto anche a precisare che "nessuno sarà bocciato o è rimasto a casa. Al massimo l'episodio inciderà sul voto in condotta. Non è stato un provvedimento punitivo, ma didattico ed educativo. Perché sia chiaro a tutti – conclude Curetti – che la responsabilità individuale è la base di una cittadinanza consapevole".
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