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Home » Attualità » Schiave della prostituzione, vittime di aguzzini e clienti: ora c’è chi le strappa alla strada e le avvia ad una nuova vita / VIDEO

Schiave della prostituzione, vittime di aguzzini e clienti: ora c’è chi le strappa alla strada e le avvia ad una nuova vita / VIDEO

18 ottobre: giornata internazionale contro la tratta delle donne. Inchiesta di Luce! sul fenomeno delle migranti dall'Est europeo e dall'Africa avviate alla prostituzione. Ventiseimila in Ue, duemila in Italia. L'associazione Lule opera per sottrarle agli aguzzini e a dar loro autonomia e dignità

Claudia Cangemi
17 Ottobre 2021
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Le scorgiamo quotidianamente sulle strade urbane e sulle statali. Di giorno e di notte. Ragazze spesso molto giovani, seminude anche in pieno inverno, quando trovano un po’ di sollievo accostandosi a bracieri improvvisati. Per questo le chiamano “lucciole”, espressione poetica che niente ha a che fare con la reale condizione di queste donne, per la stragrande maggioranza costrette a prostituirsi con violenze fisiche e psicologiche terribili, sfruttate brutalmente e rese schiave da persone ciniche e senza scrupoli.

“Stivali” da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

Tre volte vittime

Le vediamo sì, ma non le guardiamo, voltando la testa con un senso di disagio. Già, perché il termine corretto per queste donne non è “lucciola” e neppure il più neutro “prostituta” (per non parlare di termini più volgari), ma “vittima di tratta”. Queste persone infatti sono tre volte vittime: in primo luogo degli sfruttatori che le costringono alla strada per il proprio tornaconto (nell’ambito di organizzazioni criminali contigue o aggregate alle mafie), in secondo luogo dell’indifferenza dei clienti, che “usano” quei corpi per il proprio piacere senza interrogarsi sulle proprie responsabilità nel perpetuarsi dello sfruttamento.

Ma esiste anche un terzo anello della catena: la società in genere, che tende a emarginare queste persone anche dopo che con grande coraggio hanno affrontato il lungo e difficile percorso di emancipazione dalla tratta. Una società che le considera con disprezzo: non vittime da aiutare a integrarsi per iniziare una nuova vita, bensì corresponsabili delle proprie disgrazie, inaffidabili e “sporche”.

Un fiore per il riscatto

L’associazione Lule (“fiore” in albanese) da oltre vent’anni è capofila di progetti finanziati dal Dipartimento delle pari opportunità per la realizzazione di programmi di emersione, assistenza e integrazione sociale a favore delle vittime di tratta. Attualmente il progetto anti tratta “Mettiamo le ali – Dall’emersione all’integrazione” è attivo su 7 province della Lombardia. Le unità mobili composte da educatori professionali e volontari specificamente formati scendono in strada due o tre volte la settimana per conoscere e poi mantenere i rapporti con le vittime di tratta (quasi sempre donne straniere, in piccola percentuale trans e uomini).

“Sedia” da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

L’attività è finalizzata alla prevenzione e tutela sanitaria, alla costruzione di relazioni significative e alla promozione di percorsi di autonomia. Ma durante il lockdown l’attività di assistenza si è estesa anche all’aiuto materiale per donne e bambini rimasti senza mezzi, grazie al progetto “A fianco degli invisibili”, finanziato da Fondazione Ticino Olona. Ai pacchi alimentari si sono aggiunti aiuti per acquistare farmaci e pagare le bollette.

Indirizzo segreto

L’obiettivo ultimo di Lule Onlus è però aiutare quante più vittime di tratta possibile a emanciparsi dai loro sfruttatori. A questo serve l’attività di pronta accoglienza, finalizzata a garantire tutela e protezione all’interno di strutture a indirizzo segreto con presenza socioeducativa 24 ore su 24. Alle donne accolte è garantita assistenza sanitaria e l’avvio delle pratiche per ottenere i documenti.

Il video della Giornata europea contro la tratta

Non basta infatti che le vittime di tratta siano sottratte ai loro aguzzini, l’emersione è soltanto il primo passo di un nuovo percorso. E in questo contesto si inserisce un nuovo importante progetto europeo intitolato Win, Trafficked Women Integration, campagna di sensibilizzazione su un tema scomodo. Parte integrante del progetto è il video “Shifting”, realizzato in occasione della Giornata Europea contro la tratta – che si celebra ogni anno il 18 ottobre – per sensibilizzare sull’integrazione socioeconomica delle donne vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale

Per esigenze di protezione delle donne vittime di tratta, le protagoniste del video “Shifting” sono attrici e i nomi sono di fantasia, ma le storie raccontante sono reali.

Prevenire il “ritraffico”

Borsetta e superalcolico: strumenti di lavoro e sopravvivenza per le prostitute; foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

“La tratta è una grave violazione dei diritti umani. Le donne vittime di tratta hanno diritto a sostegno e protezione per inserirsi nelle nostre società: questa è l’unica soluzione di lungo periodo per prevenire l’abuso. Se non supportate efficacemente, e soprattutto se non sono offerte loro opportunità di lavoro legale, le donne migranti sono fortemente esposte a fenomeni di sfruttamento nel lavoro domestico, nei servizi di assistenza, nell’industria del sesso o in altri settori non regolamentati dalla legislazione del lavoro. L’indipendenza finanziaria consente alle donne di avere il controllo della propria vita”.

Questo il pensiero che accomuna le 5 associazioni in 3 Stati europei (Italia, Spagna, Bulgaria) che hanno unito le forze per concretizzare un progetto mirato a favorire l’integrazione sociale e lavorativa delle donne vittime di tratta, sensibilizzando l’opinione pubblica e le aziende per offrire alle donne occasioni di riscatto, e contribuendo infine a prevenire il loro “ri-traffico”.

I numeri

Secondo i dati dell’Ue, in Europa le vittime di tratta – l’attività criminale di reclutamento e trasporto delle persone con la forza o la minaccia a scopo di sfruttamento – sono oltre 26mila, di cui il 68% donne. Sempre in riferimento al dato totale, il 56% delle vittime proviene da Paesi terzi, e il 46% è sottoposto a sfruttamento sessuale.
In Italia, si stima che le donne vittime siano oltre duemila. Nel concreto, il progetto Win ha coinvolto in due anni (2019-2021) 57 donne, di cui 15 in Italia (21 in Spagna e 21 in Bulgaria), avviate a percorsi individuali di integrazione sociale e lavorativa grazie al supporto degli operatori specializzati di Lule ed Energheia.

La seconda occasione

Le beneficiarie del progetto italiano sono tutte di origine nigeriana, di età media tra i 20 e i 30 anni, con un livello di istruzione basso (nella maggior parte dei casi non hanno terminato il ciclo scolastico) e senza lavoro.

“Scarpe”, da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

Sognano di diventare commesse, parrucchiere, magazziniere; di lavorare
nella ristorazione o negli hotel; oppure di dedicarsi ai bambini come babysitter o agli anziani come badanti; alcune di dedicarsi alle pulizie. Provengono da esperienze di sfruttamento sessuale da cui sono riuscite dopo anni ad allontanarsi, grazie alle comunità protette e a un Piano di integrazione individuale: corsi di lingua e di formazione professionale, supporto all’inserimento lavorativo: la creazione del curriculum e la preparazione dei colloqui, la ricerca delle proposte in rete, i contatti con le aziende e l’organizzazione di tirocini. Previsto anche un supporto psicologico.
I risultati sono molto promettenti: 13 donne su 15 sono riuscite a ottenere un lavoro regolare (come badante, magazziniera, addetta alle pulizie) o uno stage retribuito (cameriera, assistente in cucina, addetta alla preparazione e alla vendita in un fast food, addetta all’assemblaggio).

È importante però che tale “promessa” possa essere mantenuta ampliando numeri ancora troppo esigui. E la campagna video “Shifting” disponibile su YouTube può indurre le persone a interrogarsi sulla colpevole indifferenza e ipocrisia di tanta parte della nostra società. La prossima volta che dovremo assumere una babysitter o una badante per la nostra famiglia o una commessa o un’impiegata per la nostra azienda forse prenderemo in considerazione persone che si meritano davvero una seconda occasione.

L’intervista: “Fidanzamenti e magie per iniziarle, figli per non farle più smettere”

Come si diventa prostitute, in Lombardia e in Italia? E come lo si rimane per tutta la vita? E’ possibile affrancarsi dalla morsa degli aguzzini e recuperare una vita propria, autonoma, con una famiglia al fianco, un lavoro dignitoso e legale? A queste domande risponde Mimiam Longhi coordinatrice di  Lule, l’associazione che si batte in Italia, Spagna e Bulgaria per il riscatto delle prostitute coatte e opera in sette province della Lombardia.  Clicca per leggere l’intervista di Claudia Cangemi

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
Le scorgiamo quotidianamente sulle strade urbane e sulle statali. Di giorno e di notte. Ragazze spesso molto giovani, seminude anche in pieno inverno, quando trovano un po' di sollievo accostandosi a bracieri improvvisati. Per questo le chiamano “lucciole”, espressione poetica che niente ha a che fare con la reale condizione di queste donne, per la stragrande maggioranza costrette a prostituirsi con violenze fisiche e psicologiche terribili, sfruttate brutalmente e rese schiave da persone ciniche e senza scrupoli.
"Stivali" da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

Tre volte vittime

Le vediamo sì, ma non le guardiamo, voltando la testa con un senso di disagio. Già, perché il termine corretto per queste donne non è “lucciola” e neppure il più neutro “prostituta” (per non parlare di termini più volgari), ma “vittima di tratta”. Queste persone infatti sono tre volte vittime: in primo luogo degli sfruttatori che le costringono alla strada per il proprio tornaconto (nell'ambito di organizzazioni criminali contigue o aggregate alle mafie), in secondo luogo dell'indifferenza dei clienti, che “usano” quei corpi per il proprio piacere senza interrogarsi sulle proprie responsabilità nel perpetuarsi dello sfruttamento. Ma esiste anche un terzo anello della catena: la società in genere, che tende a emarginare queste persone anche dopo che con grande coraggio hanno affrontato il lungo e difficile percorso di emancipazione dalla tratta. Una società che le considera con disprezzo: non vittime da aiutare a integrarsi per iniziare una nuova vita, bensì corresponsabili delle proprie disgrazie, inaffidabili e “sporche”.

Un fiore per il riscatto

L'associazione Lule (“fiore” in albanese) da oltre vent'anni è capofila di progetti finanziati dal Dipartimento delle pari opportunità per la realizzazione di programmi di emersione, assistenza e integrazione sociale a favore delle vittime di tratta. Attualmente il progetto anti tratta “Mettiamo le ali – Dall'emersione all'integrazione” è attivo su 7 province della Lombardia. Le unità mobili composte da educatori professionali e volontari specificamente formati scendono in strada due o tre volte la settimana per conoscere e poi mantenere i rapporti con le vittime di tratta (quasi sempre donne straniere, in piccola percentuale trans e uomini).
"Sedia" da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
L'attività è finalizzata alla prevenzione e tutela sanitaria, alla costruzione di relazioni significative e alla promozione di percorsi di autonomia. Ma durante il lockdown l'attività di assistenza si è estesa anche all'aiuto materiale per donne e bambini rimasti senza mezzi, grazie al progetto “A fianco degli invisibili”, finanziato da Fondazione Ticino Olona. Ai pacchi alimentari si sono aggiunti aiuti per acquistare farmaci e pagare le bollette.

Indirizzo segreto

L'obiettivo ultimo di Lule Onlus è però aiutare quante più vittime di tratta possibile a emanciparsi dai loro sfruttatori. A questo serve l'attività di pronta accoglienza, finalizzata a garantire tutela e protezione all'interno di strutture a indirizzo segreto con presenza socioeducativa 24 ore su 24. Alle donne accolte è garantita assistenza sanitaria e l'avvio delle pratiche per ottenere i documenti.

Il video della Giornata europea contro la tratta

Non basta infatti che le vittime di tratta siano sottratte ai loro aguzzini, l'emersione è soltanto il primo passo di un nuovo percorso. E in questo contesto si inserisce un nuovo importante progetto europeo intitolato Win, Trafficked Women Integration, campagna di sensibilizzazione su un tema scomodo. Parte integrante del progetto è il video “Shifting”, realizzato in occasione della Giornata Europea contro la tratta - che si celebra ogni anno il 18 ottobre - per sensibilizzare sull’integrazione socioeconomica delle donne vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale Per esigenze di protezione delle donne vittime di tratta, le protagoniste del video “Shifting” sono attrici e i nomi sono di fantasia, ma le storie raccontante sono reali.

Prevenire il "ritraffico"

Borsetta e superalcolico: strumenti di lavoro e sopravvivenza per le prostitute; foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
“La tratta è una grave violazione dei diritti umani. Le donne vittime di tratta hanno diritto a sostegno e protezione per inserirsi nelle nostre società: questa è l’unica soluzione di lungo periodo per prevenire l’abuso. Se non supportate efficacemente, e soprattutto se non sono offerte loro opportunità di lavoro legale, le donne migranti sono fortemente esposte a fenomeni di sfruttamento nel lavoro domestico, nei servizi di assistenza, nell’industria del sesso o in altri settori non regolamentati dalla legislazione del lavoro. L’indipendenza finanziaria consente alle donne di avere il controllo della propria vita”. Questo il pensiero che accomuna le 5 associazioni in 3 Stati europei (Italia, Spagna, Bulgaria) che hanno unito le forze per concretizzare un progetto mirato a favorire l’integrazione sociale e lavorativa delle donne vittime di tratta, sensibilizzando l’opinione pubblica e le aziende per offrire alle donne occasioni di riscatto, e contribuendo infine a prevenire il loro “ri-traffico”.

I numeri

Secondo i dati dell’Ue, in Europa le vittime di tratta - l’attività criminale di reclutamento e trasporto delle persone con la forza o la minaccia a scopo di sfruttamento - sono oltre 26mila, di cui il 68% donne. Sempre in riferimento al dato totale, il 56% delle vittime proviene da Paesi terzi, e il 46% è sottoposto a sfruttamento sessuale. In Italia, si stima che le donne vittime siano oltre duemila. Nel concreto, il progetto Win ha coinvolto in due anni (2019-2021) 57 donne, di cui 15 in Italia (21 in Spagna e 21 in Bulgaria), avviate a percorsi individuali di integrazione sociale e lavorativa grazie al supporto degli operatori specializzati di Lule ed Energheia.

La seconda occasione

Le beneficiarie del progetto italiano sono tutte di origine nigeriana, di età media tra i 20 e i 30 anni, con un livello di istruzione basso (nella maggior parte dei casi non hanno terminato il ciclo scolastico) e senza lavoro.
"Scarpe", da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
Sognano di diventare commesse, parrucchiere, magazziniere; di lavorare nella ristorazione o negli hotel; oppure di dedicarsi ai bambini come babysitter o agli anziani come badanti; alcune di dedicarsi alle pulizie. Provengono da esperienze di sfruttamento sessuale da cui sono riuscite dopo anni ad allontanarsi, grazie alle comunità protette e a un Piano di integrazione individuale: corsi di lingua e di formazione professionale, supporto all’inserimento lavorativo: la creazione del curriculum e la preparazione dei colloqui, la ricerca delle proposte in rete, i contatti con le aziende e l’organizzazione di tirocini. Previsto anche un supporto psicologico. I risultati sono molto promettenti: 13 donne su 15 sono riuscite a ottenere un lavoro regolare (come badante, magazziniera, addetta alle pulizie) o uno stage retribuito (cameriera, assistente in cucina, addetta alla preparazione e alla vendita in un fast food, addetta all’assemblaggio). È importante però che tale “promessa” possa essere mantenuta ampliando numeri ancora troppo esigui. E la campagna video “Shifting” disponibile su YouTube può indurre le persone a interrogarsi sulla colpevole indifferenza e ipocrisia di tanta parte della nostra società. La prossima volta che dovremo assumere una babysitter o una badante per la nostra famiglia o una commessa o un'impiegata per la nostra azienda forse prenderemo in considerazione persone che si meritano davvero una seconda occasione.

L'intervista: "Fidanzamenti e magie per iniziarle, figli per non farle più smettere"

Come si diventa prostitute, in Lombardia e in Italia? E come lo si rimane per tutta la vita? E' possibile affrancarsi dalla morsa degli aguzzini e recuperare una vita propria, autonoma, con una famiglia al fianco, un lavoro dignitoso e legale? A queste domande risponde Mimiam Longhi coordinatrice di  Lule, l'associazione che si batte in Italia, Spagna e Bulgaria per il riscatto delle prostitute coatte e opera in sette province della Lombardia.  Clicca per leggere l'intervista di Claudia Cangemi
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