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Home » Attualità » Scotch sui jeans strappati della studentessa, bufera su una vicepreside di una scuola a Cosenza

Scotch sui jeans strappati della studentessa, bufera su una vicepreside di una scuola a Cosenza

La denuncia di un collettivo su Facebook: la ragazza è stata redarguita perché aveva un abbigliamento "poco decoroso" e "inadeguato al contesto scolastico"

Remy Morandi
25 Maggio 2022
jeans strappati

jeans strappati

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Ci risiamo. Dopo il caso della studentessa che si è sentita dire “questa zoccoletta avrà quel che si merita“, una nuova bufera legata al dress code scolastico è scoppiata a Cosenza. Una studentessa andata a scuola con i jeans strappati, è stata redarguita dalla vicepreside, che ha deciso di coprire i pantaloni della ragazza con dei pezzi di scotch, in quanto il suo abbigliamento era “poco decoroso” e “inadeguato al contesto scolastico“.

Una studentessa si è presentata in una scuola a Cosenza con i jeans strappati, la vicepreside le ha coperto i pantaloni con dei pezzi di scotch

La denuncia di quanto accaduto è arrivata con un post su Facebook dal Fronte della Gioventù comunista di Cosenza. “Stamattina in una scuola di Cosenza – si legge nel post – una ragazza è andata a scuola indossando questi jeans (dei normalissimi jeans strappati) e la vicepreside ha deciso di coprire gli strappi dei suoi jeans con dei pezzi di scotch, definendoli ‘poco decorosi’ e ‘inadeguati al contesto scolastico'”.

Dopo la spiegazione di quanto accaduto, il gruppo del Fronte della Gioventù comunista di Cosenza ha commentato che “l’abbigliamento di un* ragazz* non può essere determinato da un presunto ‘Dress Code’ della scuola, che in primis non è riportato in alcun documento legale, e che nega il diritto di ogni persona di esprimere se stessa anche con il suo modo di vestire”.

“Riteniamo totalmente vergognosi – si legge ancora nel post pubblicato sui social – atti di questo genere che, a detta di diversi studenti e studentesse dell’Istituto, già si sarebbero ripetuti svariate volte, e che sono il frutto di ciò che sta diventando oggi la scuola pubblica. La competizione tra i vari istituti, sempre più simili ad aziende che hanno come loro capi i vari dirigenti scolastici, porta ognuno di essi a voler apparire all’esterno come ‘scuola d’elite’ con studenti perfetti, imponendo loro norme assurde come questa”.

“Siamo pronti a mobilitarci al fianco degli studenti e delle studentesse affinché non si verifichino più episodi inaccettabili di questo tipo!”, conclude il gruppo.

Roma, un prof alla studentessa: “Questa zoccoletta avrà quel che si merita”

Pochi giorni era scoppiata una bufera sull’offesa di un professore di Genova nei confronti di una studentessa. “Sta zoccoletta avrà quel che si merita non appena troverà un superiore nella sua vita lavorativa”. Queste le parole che ha scritto il prof sotto al post di un’altra docente. In sostanza, era successo che al liceo classico Pilo Albertelli di Roma una studentessa sarebbe stata redarguita, anche in questo caso, per il suo abbigliamento ‘poco adeguato’. In un post pubblicato su Facebook, una docente di quel liceo ha raccontato nel dettaglio quanto accaduto.

“Una docente, non io, fa notare a un’alunna che non ha un abbigliamento adeguato, anche in base al regolamento. L’alunna, come se rispondesse a una bambina, risponde: ‘E chi lo dice? Come si permette? Vogliamo andare a continuare questa discussione dal preside?’. La docente va in vicepresidenza, dove l’alunna era già andata a denunciare l’ardire dell’insegnante insieme a mezza classe accorsa per sostenere la compagna. Poi, alla fine, tutto si conclude con un nulla di fatto”. Sotto a quel post, il docente di un altro liceo a Genova ha scritto quella frase finita in una bufera: “Sta zoccoletta avrà quel che si merita”…

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  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

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Ci risiamo. Dopo il caso della studentessa che si è sentita dire "questa zoccoletta avrà quel che si merita", una nuova bufera legata al dress code scolastico è scoppiata a Cosenza. Una studentessa andata a scuola con i jeans strappati, è stata redarguita dalla vicepreside, che ha deciso di coprire i pantaloni della ragazza con dei pezzi di scotch, in quanto il suo abbigliamento era "poco decoroso" e "inadeguato al contesto scolastico".
Una studentessa si è presentata in una scuola a Cosenza con i jeans strappati, la vicepreside le ha coperto i pantaloni con dei pezzi di scotch
La denuncia di quanto accaduto è arrivata con un post su Facebook dal Fronte della Gioventù comunista di Cosenza. "Stamattina in una scuola di Cosenza - si legge nel post - una ragazza è andata a scuola indossando questi jeans (dei normalissimi jeans strappati) e la vicepreside ha deciso di coprire gli strappi dei suoi jeans con dei pezzi di scotch, definendoli 'poco decorosi' e 'inadeguati al contesto scolastico'". Dopo la spiegazione di quanto accaduto, il gruppo del Fronte della Gioventù comunista di Cosenza ha commentato che "l'abbigliamento di un* ragazz* non può essere determinato da un presunto 'Dress Code' della scuola, che in primis non è riportato in alcun documento legale, e che nega il diritto di ogni persona di esprimere se stessa anche con il suo modo di vestire". "Riteniamo totalmente vergognosi - si legge ancora nel post pubblicato sui social - atti di questo genere che, a detta di diversi studenti e studentesse dell'Istituto, già si sarebbero ripetuti svariate volte, e che sono il frutto di ciò che sta diventando oggi la scuola pubblica. La competizione tra i vari istituti, sempre più simili ad aziende che hanno come loro capi i vari dirigenti scolastici, porta ognuno di essi a voler apparire all'esterno come 'scuola d'elite' con studenti perfetti, imponendo loro norme assurde come questa". "Siamo pronti a mobilitarci al fianco degli studenti e delle studentesse affinché non si verifichino più episodi inaccettabili di questo tipo!", conclude il gruppo.

Roma, un prof alla studentessa: "Questa zoccoletta avrà quel che si merita"

Pochi giorni era scoppiata una bufera sull'offesa di un professore di Genova nei confronti di una studentessa. "Sta zoccoletta avrà quel che si merita non appena troverà un superiore nella sua vita lavorativa". Queste le parole che ha scritto il prof sotto al post di un'altra docente. In sostanza, era successo che al liceo classico Pilo Albertelli di Roma una studentessa sarebbe stata redarguita, anche in questo caso, per il suo abbigliamento 'poco adeguato'. In un post pubblicato su Facebook, una docente di quel liceo ha raccontato nel dettaglio quanto accaduto. "Una docente, non io, fa notare a un'alunna che non ha un abbigliamento adeguato, anche in base al regolamento. L'alunna, come se rispondesse a una bambina, risponde: 'E chi lo dice? Come si permette? Vogliamo andare a continuare questa discussione dal preside?'. La docente va in vicepresidenza, dove l'alunna era già andata a denunciare l'ardire dell'insegnante insieme a mezza classe accorsa per sostenere la compagna. Poi, alla fine, tutto si conclude con un nulla di fatto". Sotto a quel post, il docente di un altro liceo a Genova ha scritto quella frase finita in una bufera: "Sta zoccoletta avrà quel che si merita"...
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