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Senato, no alla parità di genere nelle comunicazione istituzionale scritta

La proposta avanzata dalla senatrice pentastellata Maiorino non ha raggiunto la maggioranza dei voti, fermandosi a 152 sì

di MARIANNA GRAZI -
27 luglio 2022
No parità genere Senato

No parità genere Senato

Parità di genere? No grazie. Questa volta a rifiutare la possibilità di dare una corretta e più equilibrata rappresentazione del genere femminile nella società è la politica stessa, che in genere se ne fa invece promotrice (almeno a parole) per abbattere il fenomeno del gender gap. L'Aula del Senato ha respinto  l'emendamento della senatrice pentastellata Alessandra Maiorino, che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta, in modo da rappresentare anche le milioni di cittadine italiane che, nella forma, non vengono prese in considerazione da leggi e norme. La proposta ha ottenuto però solo 152 voti favorevoli, non sufficienti a raggiunge la maggioranza assoluta necessaria per questa votazione. Molte le contestazioni procedurali in Aula, soprattutto da parte del M5s, ma è la presidente Casellati stessa - una donna!- che taglia corto e le definisce proteste "pretestuose e inaccettabili". I senatori, precisa, "dovrebbero conoscere le regole".

Cosa prevedeva la proposta Maiorino

Alessandra Maiorino, senatrice del M5S

La proposta Maiorino (M5s), che puntava a introdurre nel Regolamento "l'utilizzo di un linguaggio inclusivo", è stata votata a scrutinio segreto e ha ottenuto nell'aula di Palazzo Madama 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti. L'emendamento prevedeva nello specifico che "Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività dell'amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l'adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne". Le proposte di adeguamento del testo sarebbero passate al vaglio della Giunta per il regolamento.

Le reazioni: "Persa un'importante occasione per ribadire l'eguaglianza"

Valeria Valente, senatrice Pd, presidente della Commissione Femminicidio

"Respinto ora con voto segreto l'emendamento per introdurre nel Regolamento del Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. Se questo è l'anticipo del nuovo Parlamento, abbiamo un motivo in più per lottare con forza. La nostra Italia crede nell'eguaglianza". Lo scrive in un tweet la senatrice Monica Cirinnà, responsabile Diritti del Pd. Rincara la dose la collega di partito Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio.  "Ciò che è avvenuto oggi al Senato è gravissimo. Fratelli d'Italia, con la complicità di tutta la destra, ha manifestato cosa pensa del ruolo delle donne nella società, chiedendo il voto segreto sull'emendamento che avrebbe consentito di utilizzare la differenza di genere nel linguaggio ufficiale di un'istituzione importante come Palazzo Madama. I nodi vengono al pettine - sentenzia la senatrice dem -. Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità. Verbalizzare la differenza vuol dire riconoscerla, negarla vuol dire chiedere l'omologazione. Il ruolo non è neutro, è maschile. Impedire alle donne di essere riconosciute nel ruolo che svolgono significa dare per scontato che quel ruolo sia appannaggio maschile- aggiunge -. Il tema non si è mai posto per maestra o infermiera, chiediamoci perché si pone per  parlamentare o presidente. Negare questo passo di civiltà e di progresso a una delle più importanti istituzioni del Paese racconta molto dei rischi che una cultura reazionaria può innescare", conclude Valente. "Al Senato oggi si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale con la mancata approvazione dell'emendamento Maiorino al regolamento che aveva lo scopo di aprire all'uso della distinzione di genere nel linguaggio delle comunicazioni istituzionali e nel Regolamento. FdI lo ha ritenuto una questione 'etica e di coscienza', chiedendo il voto segreto che la presidente Casellati ha prontamente concesso. È evidente la misoginia di chi ha votato contro rifiutando l'utilizzo del femminile e confermando così l'imposizione del solo maschile. Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura". Così invece in una nota le parlamentari e i parlamentari del MoVimento 5 stelle del Gruppo Pari Opportunità.