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Home » Attualità » Silvia Redigolo, Pangea onlus, lancia l’allarme: “I talebani stanno girando casa per casa alla ricerca di chi ha collaborato con gli occidentali”

Silvia Redigolo, Pangea onlus, lancia l’allarme: “I talebani stanno girando casa per casa alla ricerca di chi ha collaborato con gli occidentali”

"Le ragazze che hanno lavorato con noi rischiano stupri e violenze e, come tutti, rischiano la vita. motivo per cui l'altro giorno abbiamo dovuto bruciare tutti gli archivi"

Francesco Lommi
18 Agosto 2021
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“Cosa succederà in Afghanistan? Non lo sappiamo, ma sappiamo qual è la nostra priorità: abbiamo a Kabul 20 ragazze afghane che facevano parte del nostro staff e che per 18 anni hanno lavorato per i diritti delle donne. In questo momento sono barricate in casa perché i talebani stanno girando casa per casa alla ricerca di persone che abbia collaborato con gli occidentali”.

Lo dice ad Adnkronos Silvia Redigolo di Pangea, Onlus presente a Kabul dal 2003 con progetti di microcredito e formazione professionale per le donne afghane: “Il nostro è un percorso di crescita a 360 gradi per le donne afghane, non è assistenziale o sanitario e per questo dà fastidio ai talebani. In questo momento rischiamo la vita ed è questo il motivo per cui l’altro giorno abbiamo dovuto bruciare tutti gli archivi, perché se i talebani trovano un nome di chi ha collaborato con gli occidentali vanno a colpo sicuro”.

In questo momento la Onlus non ha a Kabul personale italiano: “Purtroppo perché se ci fossimo stati avremmo portato via le ragazze che lavorano con noi. Queste donne rischiano stupri e violenze e, come tutti, rischiano la vita“, spiega Redigolo che non crede alle affermazioni talebane su una ‘transizione pacifica’.

“Spero di essere smentita -aggiunge- ma al momento riporto quello che mi dicono le mie colleghe a Kabul e cioè che passano le giornate chiuse in casa, che hanno paura di sentire bussare alla loro porta perché sanno che per loro sarebbe la morte. Le visite casa per casa dei talebani sono già iniziate, e tra poco inizieranno le denunce dei vicini e degli amici, perché ognuno in quella circostanza cerca di salvarsi la pelle”.

Pangea però non si farà fermare nemmeno dalle minacce dei talebani: “Il progetto continuerà, anche se devo dire con onestà che esattamente come continuerà non lo so, ma una cosa è sicura: Pangea non abbandonerà gli afghani”.

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"Ve lo risparmio ragazzi, non è proprio il mio forte" ha risposto l
  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
"Cosa succederà in Afghanistan? Non lo sappiamo, ma sappiamo qual è la nostra priorità: abbiamo a Kabul 20 ragazze afghane che facevano parte del nostro staff e che per 18 anni hanno lavorato per i diritti delle donne. In questo momento sono barricate in casa perché i talebani stanno girando casa per casa alla ricerca di persone che abbia collaborato con gli occidentali". Lo dice ad Adnkronos Silvia Redigolo di Pangea, Onlus presente a Kabul dal 2003 con progetti di microcredito e formazione professionale per le donne afghane: "Il nostro è un percorso di crescita a 360 gradi per le donne afghane, non è assistenziale o sanitario e per questo dà fastidio ai talebani. In questo momento rischiamo la vita ed è questo il motivo per cui l'altro giorno abbiamo dovuto bruciare tutti gli archivi, perché se i talebani trovano un nome di chi ha collaborato con gli occidentali vanno a colpo sicuro". In questo momento la Onlus non ha a Kabul personale italiano: "Purtroppo perché se ci fossimo stati avremmo portato via le ragazze che lavorano con noi. Queste donne rischiano stupri e violenze e, come tutti, rischiano la vita", spiega Redigolo che non crede alle affermazioni talebane su una 'transizione pacifica'. "Spero di essere smentita -aggiunge- ma al momento riporto quello che mi dicono le mie colleghe a Kabul e cioè che passano le giornate chiuse in casa, che hanno paura di sentire bussare alla loro porta perché sanno che per loro sarebbe la morte. Le visite casa per casa dei talebani sono già iniziate, e tra poco inizieranno le denunce dei vicini e degli amici, perché ognuno in quella circostanza cerca di salvarsi la pelle". Pangea però non si farà fermare nemmeno dalle minacce dei talebani: "Il progetto continuerà, anche se devo dire con onestà che esattamente come continuerà non lo so, ma una cosa è sicura: Pangea non abbandonerà gli afghani".
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