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Home » Attualità » L’autrice di Lucrezia Silvia Ziche: “Cari uomini, le donne diventano un mistero solo se non vi sforzate di leggerle mai”

L’autrice di Lucrezia Silvia Ziche: “Cari uomini, le donne diventano un mistero solo se non vi sforzate di leggerle mai”

"La curiosità da parte dei maschi per la storia che raccontiamo noi donne deve diventare sincera"

Sofia Francioni
25 Maggio 2022
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Chi di noi non ha conosciuto la Lucrezia di Silvia Ziche non sa che si può essere combattive, essendo fragilissime. Che si può continuare a sottovalutarsi, anche mentre si fanno cose straordinarie. Che una donna che rappresenta un’altra donna apre la possibilità a tutte le altre di riconoscersi in maniera inedita. Che c’è sempre un modo infallibile per salvarsi: ridere. Di noi, dei nostri difetti, del mondo.

Pigra, maldestra ed eterna innamorata dell’amore: Lucrezia dal 2006 ci delizia con le sue vicissitudini su Donna Moderna

Corpo spigoloso, bocca larga, naso adunco, Lucrezia è un Alice mandata a quel paese delle meraviglie. Lavoratrice frustrata, casalinga maldestra, single irriducibile (per scelta altrui) ed eterna innamorata dell’amore: nelle vignette che la immortalano la sua vita è un disastro. Le sue vicissitudini su carta, da trent’anni, un balsamo ai nostri sensi di colpa. La sua creatrice, Silvia Ziche, è infatti riuscita in una grande impresa: rendere l’imperfezione irresistibile. Conosciuta e pubblicata in tutto il mondo, la fumettista vicentina Ziche, classe 1967, si è affermata a vent’anni come autrice disneyana, firmando acclamate storie per Topolino e, in parallelo, come vignettista satirica grazie al personaggio di Lucrezia, che dal 2006 appare ogni settimana su Donna Moderna. Quest’anno, per il tour Libere di…VIVERE 2022, la Global Thinking Foundation le ha dedicato una puntata nella sua raccolta “Eroine del fumetto“: un progetto nato per sensibilizzare la cittadinanza alla prevenzione della violenza e della violenza economica di genere, tramite le storie delle donne. La prossima tappa del Tour si svolgerà dal 25 al 27 maggio a Napoli presso la Fondazione quartieri spagnoli onlus (Foqus) e la sala del consiglio metropolitano (in via Santa Maria La Nova 43).

Silvia Ziche, classe 1967, fumettista vicentina, autrice a tutto tondo conosciuta in tutto il mondo e creatrice di Lucrezia

Silvia, Lucrezia è un’eroina o un’antieroina?

“Non è una donna perfetta. Non è una principessa delle favole. È semplicemente una persona che, come me, si ritrova a vivere con tutte le difficoltà del caso e a cercare un senso alle cose. Per fortuna lo fa con una discreta ironia, che è quello che la salva e ci salva”.

Nel suo libro edito da Feltrinelli  E noi dove eravamo, Lucrezia scopre che la storia è stata scritta dagli uomini: quella della Scienza, della Letteratura, della guerra…e che c’è stata una sistematica rimozione del sapere femminile. Come arriva a questa consapevolezza? È la sua consapevolezza, Silvia? 

“L’idea di fare questo libro è nata tanti anni fa, ma ho tergiversato. Andando a ritroso nella storia, mi sono resa conto, tardivamente, di quanto durante i miei studi né io, né nessuno dei miei compagni di studi o professori avesse mai notato che i personaggi ricordati erano sempre uomini. Che le opere studiate fossero sempre un prodotto maschile. L’abitudine a vivere in una società patriarcale non ci permette di essere lucidi. Così ho cominciato a fare ricerca, tra romanzi fumetti manuali di storia e ho voluto raccontare la storia dal punto di vista delle donne”.

Per l’esattezza la condizione femminile dall’Ottocento ai nostri giorni, tramite la storia delle antenate di Lucrezia… 

“Come sempre ho cercato di affrontare il problema in chiave leggera, soprattutto per non dissuadere i lettori occasionali ”

Rappresentare una donna è un atto politico? 

“Con Lucrezia io parlo della società contemporanea e questo lo definirei un atto politico. Ma non è il mio obiettivo principale. Quando ho iniziato, trent’anni fa, i tempi erano diversi. Ho cominciato a raccontare personaggi femminili perché, essendo una donna, mi era congeniale. Quella che mi appariva come una cosa naturale negli anni è diventata una consapevolezza: ho capito che volevo raccontare le donne perché era ed è necessario farlo”.

Le donne che momento stanno vivendo? 

“C’è una grande consapevolezza e un grande sforzo per cercare di recuperare quello che non ci è stato concesso dalla Storia. Però…”

Però?

“La cultura patriarcale ce la portiamo dentro. i suoi valori ci sono stati inculcati. Parlo degli adulti, ma anche dei giovani. Per cui quello che a me interessa è raccontare le donne in maniera lieve, in chiave ironica, leggera per creare curiosità anche negli uomini”.

Perché quest’interesse per i lettori?

“Da sempre il leitmotiv degli uomini è Le donne sono un mistero. Ma per le donne gli uomini non lo sono! E ci credo..si sono raccontati per tutta la storia e le donne, quelle curiose, li hanno letti”.

Quindi lei dice che producendo personaggi femminili lo spaesando maschile non avrà più scuse? 

“Così dovrebbe essere. I prodotti culturali delle donne però non hanno un grande appeal sugli uomini. In generale convincere i maschi ad ascoltare, leggere, vedere storie scritte da noi è complicato, perché la prima reazione è il sospetto. Una resistenza iniziale che non dovrebbe esserci. Portare a teatro il fidanzato per vedere Emma Dante è una vera impresa. E questa cosa è l’ennesimo riflesso del patriarcato“.

Come risolvere la resistenza?

“Accadrà solo quando la curiosità da parte dei maschi per la storia che raccontiamo noi donne diventerà sincera. Per l’autrice di Harry Potter, J.K.Rowling, il fatto di essere donna è passato in secondo piano, ma non è un caso che si tratti di libri per bambini e ragazzi: le nuove generazioni sono molto più aperte”.

I lettori uomini di Lucrezia sono pochi, pochini o pochissimi?

“Ci sono tanti maschi, ma il pubblico è prevalentemente femminile”

Se le donne si riconoscono in Lucrezia, gli uomini cosa ci trovano? 

“Conoscono e riconoscono le loro moglie, madri, sorelle, amiche, vicine di casa…smettendo di credere che siano un imperscrutabile mistero”

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Chi di noi non ha conosciuto la Lucrezia di Silvia Ziche non sa che si può essere combattive, essendo fragilissime. Che si può continuare a sottovalutarsi, anche mentre si fanno cose straordinarie. Che una donna che rappresenta un'altra donna apre la possibilità a tutte le altre di riconoscersi in maniera inedita. Che c'è sempre un modo infallibile per salvarsi: ridere. Di noi, dei nostri difetti, del mondo.
Pigra, maldestra ed eterna innamorata dell'amore: Lucrezia dal 2006 ci delizia con le sue vicissitudini su Donna Moderna
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