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Home » Attualità » Simona Tonelli: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”

Simona Tonelli: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”

Oggi è mamma, ristoratrice e motociclista ma sono ancora tanti i pregiudizi: "La prima crisi mi prese a 11 anni in mezzo alla piazza del paese e tutti mi prendevano in giro"

Carlo Casini
22 Settembre 2022
Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”

Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”

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San Vito martire è il patrono degli epilettici: secondo l’agiografia, il santo siciliano fu chiamato dall’imperatore Diocleziano per guarire la figlia dall’epilessia, per secoli identificata con la possessione demoniaca. San Vito avrebbe fatto cessare le crisi epilettiche, per questo popolarmente ribattezzate “ballo di San Vito” e confuse con altre malattie neurologiche, anche se per tutta risposta Diocleziano lo fece torturare. La medicina ha fatto passi da gigante, si è capito l’eziologia che niente ha a che fare con gli inferi, e, senza bisogno di intercessioni miracolose, nella maggioranza dei casi si riesce a risolvere con una terapia farmacologica. Il pregiudizio popolare tuttavia è ancora strisciante e gli epilettici sono ancora discriminati. Come è successo a Simona Tonelli, titolare del pub Lazy Cat di Soffiano, a Firenze, e mamma, che in adolescenza fu discriminata per la sua sindrome; ma trova adesso il coraggio di raccontare quei momenti bui.

La testimonianza

“Ho avuto la mia prima crisi il 29 dicembre dell’89, avevo 11 anni ed ero nella piazza del paese con le amiche – racconta Simona – Da circa un anno soffrivo di assenze, come se mi spengesse il cervello, rimanessi incantata. I miei genitori non dettero peso a questi sintomi. Proprio un anno prima avevo avuto anche un brutto trauma cranico, ma non mi feci visitare: forse fu quella la causa. Mi resi conto che mi stava succedendo qualcosa, ma ero una bambina, non capivo. Provavo sensazioni forti difficilmente spiegabili, il viso, gli occhi, la muscolatura, non rispondevano ai comandi. Svenni e mi ritrovai all’ospedale di Pistoia”.

“Mi ricoverarono in pediatria: tac, elettroencefalogrammi, nessuno mi diceva cosa potessi avere, erano tutti molto vaghi. Mi dissero che avevo un “piccolo male”, non aveva allora neanche un nome preciso. Chiamavano ‘piccolo male’ l’epilessia che sarebbe andata via con lo sviluppo, ‘grande male’ se fosse continuata anche dopo: oggi deduco che era quello grande” racconta.

L’infanzia

Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”
Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”

“Ero una bimbetta un po’ goffa, occhialoni, dentoni, bruttina ed ero presa in giro da tutti i ragazzini, stavo in un piccolo paese e le derisioni mi seguivano a scuola, in piazza, in chiesa, non finivano mai – continua la ristoratrice – Quando mi prese la crisi ero insieme alla mia compagnia; tornai a scuola, dopo le vacanze di Natale passate all’ospedale e ricominciarono a prendermi in giro ancora di più. Mi auguravano persino di morire. Non so come abbia fatto a uscire da quella situazione indenne, vedendo cosa succede oggi ai ragazzini vittime di bullismo. Inoltre, quando gli altri bambini erano fuori a giocare, io giravo medici per accertamenti. Ovviamente qualcosa dentro di me ha lasciato: tanta insicurezza, però la forza di parlarne ora ce l’ho. Per tutta la vita me ne sono vergognata. Ora non me ne vergogno, si devono vergognare coloro che hanno pregiudizi”.

L’attacco da mamma

Si ha una crisi epilettica quando la trasmissione di impulsi elettrici di un gruppo più o meno numeroso di cellule nervose diventa esagerata
Si ha una crisi epilettica quando la trasmissione di impulsi elettrici di un gruppo più o meno numeroso di cellule nervose diventa esagerata

“Il secondo attacco l’ho avuto nel 2001, era nata da poco mia figlia – racconta ancora – Mi avevano detto di non avere figli. Quando ero rimasta incinta, quindi feci tutte le analisi per salvaguardare la bambina; e quando nacque, con l’allattamento, a 21 anni decisi di mia spontanea volontà di levarmi le pasticche e dopo un anno preciso, mi prese una crisi. Quella volta non me ne sono neanche accorta, se non che nei giorni precedenti al ‘momento zero’ senti che non sei te al cento per cento: ero sul letto a casa e mi svegliai a Santa Maria Nuova. Ma mi sono fatta male alla lingua, mordendola, ancora ho le cicatrici. Quello di staccarsi la lingua, in effetti, è l’unico grande pericolo. Negli anni ho cercato di levare la pasticca, ma ora capisco che è un errore: è una dose veramente irrisoria”.

Tutta questione di elettricità

Simona Tonelli, titolare del pub Lazy Cat di Soffiano e mamma, che in adolescenza fu discriminata per la sua sindrome
Simona Tonelli, titolare di un pub a Firenze e mamma, in adolescenza fu discriminata per la sua sindrome

“Non c’è niente che necessiti un esorcismo, è la troppa elettricità nel cervello che fa scaturire l’attacco epilettico – spiega la donna – Anzi: l’attacco di per sé fa bene al fisico di un epilettico, è una difesa per scaricare l’elettricità in eccesso. Io sono stata fortunata, non ho una forma grave e i neurologi mi hanno trovato subito la pasticca giusta. Oggi faccio tutto: ho un ristorante, guido la moto, ho avuto due gravidanze, sono stata per anni in discoteca. Tutte cose sconsigliate a un epilettico. Ho una vita normale. Un secolo fa mi avrebbero rinchiusa in un manicomio. Ma c’è tutt’oggi molta ignoranza: ancora adesso qualcuno mi dice: ‘Davvero? Mica si vede che sei epilettica!'”.

“Ai genitori direi che se notano comportamenti strani a livello neurologico nel bimbo, come un occhio che va in direzione diversa, la bocca che si storce leggermente, di rivolgersi subito a neurologo, ai primi segnali sospetti – conclude Simona – Ma soprattutto, di non disperarsi se si ha un figlio epilettico: si può fare la vita di sempre, è un bambino normale, che ha un po’ più di energia nel cervello rispetto agli altri e che con una corretta terapia, potrà fare quello che fanno tutti”.

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«Ho ricevuto un messaggio dalla scuola... hanno messo tutti i bambini in classe perché c’era dell’attività della polizia e il mio cuore è esploso di paura. Per fortuna non è successo niente perciò sto tornando a casa. Però l’idea che mia figlia di 7 anni, suona l’allarme a scuola e deve di corsa andare in classe e chiudersi a chiave... è assurdo.»

Dopo la preoccupazione, ha postato una nuova storia in cui ha rassicurato tutti, annunciando la buona riuscita dell’operazione.

#lucenews #lucelanazione #biancabalti
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San Vito martire è il patrono degli epilettici: secondo l’agiografia, il santo siciliano fu chiamato dall’imperatore Diocleziano per guarire la figlia dall’epilessia, per secoli identificata con la possessione demoniaca. San Vito avrebbe fatto cessare le crisi epilettiche, per questo popolarmente ribattezzate “ballo di San Vito” e confuse con altre malattie neurologiche, anche se per tutta risposta Diocleziano lo fece torturare. La medicina ha fatto passi da gigante, si è capito l’eziologia che niente ha a che fare con gli inferi, e, senza bisogno di intercessioni miracolose, nella maggioranza dei casi si riesce a risolvere con una terapia farmacologica. Il pregiudizio popolare tuttavia è ancora strisciante e gli epilettici sono ancora discriminati. Come è successo a Simona Tonelli, titolare del pub Lazy Cat di Soffiano, a Firenze, e mamma, che in adolescenza fu discriminata per la sua sindrome; ma trova adesso il coraggio di raccontare quei momenti bui.

La testimonianza

“Ho avuto la mia prima crisi il 29 dicembre dell’89, avevo 11 anni ed ero nella piazza del paese con le amiche – racconta Simona – Da circa un anno soffrivo di assenze, come se mi spengesse il cervello, rimanessi incantata. I miei genitori non dettero peso a questi sintomi. Proprio un anno prima avevo avuto anche un brutto trauma cranico, ma non mi feci visitare: forse fu quella la causa. Mi resi conto che mi stava succedendo qualcosa, ma ero una bambina, non capivo. Provavo sensazioni forti difficilmente spiegabili, il viso, gli occhi, la muscolatura, non rispondevano ai comandi. Svenni e mi ritrovai all’ospedale di Pistoia”. “Mi ricoverarono in pediatria: tac, elettroencefalogrammi, nessuno mi diceva cosa potessi avere, erano tutti molto vaghi. Mi dissero che avevo un “piccolo male”, non aveva allora neanche un nome preciso. Chiamavano 'piccolo male' l’epilessia che sarebbe andata via con lo sviluppo, 'grande male' se fosse continuata anche dopo: oggi deduco che era quello grande" racconta.

L'infanzia

Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”
Simona Tonelli di Firenze: “Racconto la mia storia di discriminazione e riscatto con l’epilessia”
“Ero una bimbetta un po’ goffa, occhialoni, dentoni, bruttina ed ero presa in giro da tutti i ragazzini, stavo in un piccolo paese e le derisioni mi seguivano a scuola, in piazza, in chiesa, non finivano mai – continua la ristoratrice – Quando mi prese la crisi ero insieme alla mia compagnia; tornai a scuola, dopo le vacanze di Natale passate all’ospedale e ricominciarono a prendermi in giro ancora di più. Mi auguravano persino di morire. Non so come abbia fatto a uscire da quella situazione indenne, vedendo cosa succede oggi ai ragazzini vittime di bullismo. Inoltre, quando gli altri bambini erano fuori a giocare, io giravo medici per accertamenti. Ovviamente qualcosa dentro di me ha lasciato: tanta insicurezza, però la forza di parlarne ora ce l’ho. Per tutta la vita me ne sono vergognata. Ora non me ne vergogno, si devono vergognare coloro che hanno pregiudizi”.

L'attacco da mamma

Si ha una crisi epilettica quando la trasmissione di impulsi elettrici di un gruppo più o meno numeroso di cellule nervose diventa esagerata
Si ha una crisi epilettica quando la trasmissione di impulsi elettrici di un gruppo più o meno numeroso di cellule nervose diventa esagerata
“Il secondo attacco l’ho avuto nel 2001, era nata da poco mia figlia – racconta ancora – Mi avevano detto di non avere figli. Quando ero rimasta incinta, quindi feci tutte le analisi per salvaguardare la bambina; e quando nacque, con l’allattamento, a 21 anni decisi di mia spontanea volontà di levarmi le pasticche e dopo un anno preciso, mi prese una crisi. Quella volta non me ne sono neanche accorta, se non che nei giorni precedenti al 'momento zero' senti che non sei te al cento per cento: ero sul letto a casa e mi svegliai a Santa Maria Nuova. Ma mi sono fatta male alla lingua, mordendola, ancora ho le cicatrici. Quello di staccarsi la lingua, in effetti, è l’unico grande pericolo. Negli anni ho cercato di levare la pasticca, ma ora capisco che è un errore: è una dose veramente irrisoria”.

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