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Home » Attualità » Sindrome del bambino scosso, allarme social: “L’ho fatto anch’io, sono una cattiva mamma”

Sindrome del bambino scosso, allarme social: “L’ho fatto anch’io, sono una cattiva mamma”

Tante le segnalazioni raccolte dall'ostetrica e divulgatrice sanitaria Alessandra Bellasio, che ha dato vita alla piattaforma UniMamma: “Stanche e stressate, troppe donne si sentono lasciate sole"

Letizia Cini
31 Dicembre 2022
La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato

La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato

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Due neonati, 4, 5 mesi circa, ricoverati per settimane in ospedale, due inchieste della Procura di Modena ancora in corso dopo l’allontanamento dei piccoli dai loro genitori. Sono i casi più recenti dei tanti che i medici di Pediatria del Policlinico emiliano si trovano sempre più spesso ad affrontare, come accede anche nel resto del Paese; un fenomeno purtroppo aumentato negli ultimi tre anni, anche a causa dell’isolamento domestico dovuto a Covid e pandemia. I due episodi ai danni di neonati risalgono all’autunno scorso, sono avvenuti uno a pochi mesi di distanza dall’altro e riguardano due bambini italiani; le famiglie risiedono una a Modena, l’altra in un comune della provincia. Ma il copione è sempre lo stesso.

Per entrambi la causa dei traumi riportati è riconducibile alla cosiddetta shaken baby syndrome, la sindrome del bambino scosso, ovvero lo scuotimento violento del neonato per farlo smettere di piangere. Un gesto estremamente pericoloso che può avere conseguenze drammatiche. Ne parliamo con Alessandra Bellasio ostetrica da oltre 10 anni, ma anche divulgatrice sanitaria in contatto tramite social (su Instagram conta qualcosa come 147mila follower) con una nutritissima community di mamme: sinergia grazie alla quale stanno emergendo argomenti e problematiche importanti e poco esplorate.

La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato
La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato

Una di queste è proprio la la sindrome del bambino scosso, alla quale lei stessa ha dedicato un post, parlando in prima persona di quanto fosse accaduto a lei come neo mamma, mettendoci la faccia. Perché nessuno è perfetto e ammettere un problema è già una ‘medicina’, il primo passo  verso la ‘guarigione’

La testimonianza diretta

“Sai cosa significa sentire un bambino piangere disperatamente, essere stremato/a e sentirti completamente impotente e incapace di mettere fine a quello strazio?
Ho partorito ad inizio autunno e si sa, le ‘coliche’ se arrivano, lo fanno nei primi mesi di vita.
Ebbene sì, per noi sono arrivate nel pieno dell’inverno, quando il sole tramontava alle 16.30 e i pomeriggi sembravano lunghi giorni e non soltanto poche ore.
Le ‘coliche’ arrivavano alle 17, precise come un orologio svizzero ed ero sempre sola visto che mio marito rientrava alle 20 dal lavoro.
Sola con il pianto.
“ E che sarà mai?”
“Sei un’ostetrica! Non dirmi che non sai cosa fare! Se non lo sai tu…”
Ero ben consapevole di quali fossero gli effetti del pianto estenuante e prolungato del bambino sul cervello di un adulto; ne parlavo sempre nei corsi preparto.
In particolare ricordavo bene le parole di una preziosa “collega” psicologa, che diceva alle mamme: “Se sentite di non farcela più e temete di essere al punto ‘di non ritorno’ appoggiate il bambino in uno spazio sicuro, e allontanati per un attimo per chiedere aiuto, a chiunque, anche un vicino di casa, qualcuno che, a mente fredda vi possa aiutare a ritrovare la calma e il controllo”.
Il rischio di incorrere nella sindrome del bambino scosso, in una situazione di grande stanchezza e stress fisico e psicologico è troppo grande.
… Mi è sempre sembrato assurdo pensare che si potesse arrivare a “scuotere” il proprio bambino ma, probabilmente, non ne avevo mai sentito uno piangere per più di due ore di seguito.

 

ante le segnalazioni raccolte dall'ostetrica e divulgatrice sanitaria Alessandra Bellasio, che ha dato vita alla piattaforma UniMamma: “Stanche e stressate, troppe donne si sentono lasciate sole"
Tante le segnalazioni raccolte dall’ostetrica e divulgatrice sanitaria Alessandra Bellasio, che ha dato vita alla piattaforma UniMamma: “Stanche e stressate, troppe donne si sentono lasciate sole”

Un’ammissione importante, quella di Alessandra, che ha portato a una serie di commenti a cuore aperto sul suo profilo.

Cosa hanno risposto le altre donne sotto al suo post, Alessandra?

“Un elemento che accomuna tutte è la parola ‘sola’. “Mi sentivo sola… “L’altra, è stanchezza. Anche io quella sera ero stanca, troppo (come ho scritto su Instagram), anche per tenere in braccio la mia creatura. Ero ancora ben lontana, probabilmente, dal gesto di scuoterlo, ma ho preferito non doverne misurare le distanze e così l’ho appoggiato al sicuro nella sua culla, ho messo delle cuffie nelle orecchie con la musica a tutto volume e sono andata in un’altra stanza”.

E poi cos’è successo?

“Ci sono restata per poco; il timore che potesse accadere qualcosa al bambino in mia assenza era troppo grande, ma questo gesto mi è servito per sfogarmi, per prendere una piccola boccata d’aria ma soprattutto per me ha avuto grande significato. Ero arrivata al limite, e lo avevo capito! Ero stata brava. Poi mi sono chiesta: “Ma allora il limite esiste anche quando ami alla follia tuo figlio?”. Come al solito non ho risposte, ma solo interrogativi, quello che è certo è che la stanchezza è qualcosa che non può essere ignorata, dobbiamo saperla riconoscere in noi e negli altri e saper chiedere e consigliare sostegno laddove sia necessario”.

Come hanno reagito le neomamme, le persone che la seguono?

“Si sono sentite capite! Questa è la casa più importante, liberarsi dai sensi di colpa. Non siamo perfette, l’arrivo di un figlio è impegnativo proprio da un punto di vista pratico; l’importante è avere gli strumenti per decifrare i segnali di disagio provocati da privazione del sonno, stanchezza, senso di solitudine”.

Esiste una casistica della cosiddetta shaken baby syndrome?

“Le stime parlano di 3 bambini su 10mila nati, ma è un dato sottostimato. Purtroppo in Italia non esistono statistiche al riguardo, anche perché non sempre è possibile diagnosticare in maniera certa questa sindrome. Per quanto infatti tipicamente associata al riscontro di ematoma subdurale, emorragie retiniche ed encefalopatia, l’accuratezza diagnostica di questa triade ha subito una revisione sistematica in quanto non esistono prove scientifiche sufficienti per valutarne l’accuratezza diagnostica”.

Le cause, come si arriva a scuotere proprio figlio fino a fargli male?

“Non è una, ma un insieme di cause, e simili episodi in genere si verificano quando l’adulto è stanco, spesso solo ed esausto a livello psico-fisico, dopo avere tentato ogni strategia per interrompere il pianto inconsolabile del bambino. Lo solleva strattonandolo con forza per alcuni secondi o, peggio, lo scuote violentemente per poi farlo impattare contro un muro o sul materasso della culla. E’ evidente che stiamo parlando di gesti importanti, di manovre violente anche se realizzate in pochi attimi che comportano lo scuotimento del piccolo, lo strattonamento del suo corpicino senza che la sua testa sia sorretta e trattenuta dal piegarsi più volte in avanti e indietro. Importante sottolinearlo poiché nella mia esperienza professionale, in particolare per quanto ho riscontrato all’interno della mia community, spesso le mamme mi contattano preoccupate di avere provocato danni al bambino per averlo scosso”.

A proposito di testimonianze e segnalazioni, quante ne arrivano?

“Tante, ovviamente di episodi andati a buon fine, ma sono comunque campanelli d’allarme: solo ieri alla storia che ho proposto su Instagram sul fenomeno scuotimento, almeno 20 mamme in poche ore hanno ammesso di averlo fatto, e tutte dicono poi di essere scoppiate in un pianto dirotto. Tempo fa, a seguito di un articolo per il mio blog proprio su questo argomento, ricevetti numerose segnalazioni di mamme preoccupate di avere causato danni ai propri bambini, in seguito ad episodi nei quali, per via dello stress e della stanchezza, avevano scosso i propri figli. In primo luogo mi resi conto che molte di loro non conoscevano la sindrome, non sapevano come e quanto potesse essere pericolosa e in che circostanze si presentasse. La maggior parte dei messaggi ricevuti sono stati, in realtà, domande che mi venivano poste per capire se ciò che avevano fatto poteva o meno configurarsi nell’ambito della sindrome del bambino scosso”.

Quale sensazione ne ha tratto?

“Una certezza: parecchie mamma si erano ritrovate sole e stanche di fronte al pianto inconsolabile del proprio bambino e, prive di una rete di supporto adeguata e delle corrette informazioni, avevano sollevato il piccolo senza la solita amorevole cura, bensì spinte dall’esasperazione ritenendo che tanto bastasse ad aver provocato dei danni. Questi riscontri insieme ai recenti episodi di cronaca ci dovrebbero portare verso una maggiore consapevolezza sia rispetto alla necessità di una rete di supporto ampia, sia rispetto alla sindrome stessa ed alle sue conseguenze”.

Esiste un modo per individuare i rischi che precedono una possibile sindrome del bambino scosso e come prevenirla?

“Nei momenti antecedenti si vive una sensazione molto forte e pervasiva di impotenza di fronte al pianto del piccolo. L’istinto in principio guida verso i più comuni gesti consolatori, sollevarlo, cullarlo, allattarlo, accarezzarlo ma nulla pare funzionare. Il pianto persiste, il suo suono si fa sempre più intollerabile e si inizia a sentirsi impotenti. Le idee si appannano ed è chiaro che sta diventando sempre più difficile controllare le proprie reazioni. In quei momenti si è fisicamente soli ma, più di tutto, ci si sente soli con la paura di non riuscire a controllarsi. Quello è il momento esatto nel quale è necessario restare lucidi e chiedere aiuto a un vicino, a un parente, a chiunque possa sostituirci per alcuni minuti permettendoci di recuperare il controllo. Nascondere questa verità, non volerne conoscere le cause o ritenere che ‘tanto a me non potrà mai accadere’ non serve. Per quanta paura ci possa fare l’idea di sorpassare quella soglia di non ritorno, dobbiamo informarci per prevenire situazioni pericolose”.

Quanto è importante l’ascolto da parte del partner?

“Direi fondamentale, spesso le neomamme si lamentano proprio del fatto che il padre non aiuti, vorrebbero veder ‘esaltato’ il loro ruolo di madre e riconosciuti i propri limiti senza il peso del giudizio. Per dirla con le parole di una delle tante donne che hanno commentato il mio post: “Non siamo super eroi. La stanchezza c’è ed è normale. Basta con il prototipo della mamma Angelo del focolare che non corrisponde alla realtà. Siamo umane. Abbiamo le nostre debolezze e i nostri punti di forza. Essere mamma non vuol dire diventare l essere perfetto. Grazie per aver condiviso questo momento delicato”.

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Chi è Alessandra Bellasio

Il post di Alessandra Bellasio, Ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Il post di Alessandra Bellasio, Ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma

Trentasette anni, ostetrica, consulente certificata in allattamento, insegnante di manovre di disostruzione pediatrica e divulgatrice sanitaria, mamma, supporta le donne nel delicato percorso della maternità, durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino: Alessandra Bellasio propone videocorsi e consigli pratici attraverso la piattaforma digitale UniMamma, fondata nel 2021, e la pagina Instagram ostetrica_alessandra_bellasio, seguita da 147mila follower (con un target al 96% femminile, al 60% di una fascia compresa tra i 25 e i 34 anni).

Alessandra Bellasio, ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Alessandra Bellasio, ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma

Professionista sanitaria e imprenditrice digitale che opera nella zona di Como, Alessandra Bellasio approfondisce temi quali la genitorialità consapevole, il parto, l’allattamento, lo svezzamento e la prevenzione al soffocamento, il benessere psico-fisico della mamma e del bambino, lo scardinamento dello stigma della mamma perfetta, e tutti gli argomenti legati a questa importante fase della vita, basandosi su una solida preparazione scientifica e con grande attenzione alla sfera psicologica. Sito web: https://unimamma.it/ e profilo Instagram https://www.instagram.com/ostetrica_alessandra_bellasio/

Cos’è la sindrome del bambino scosso

Tale sindrome è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato, che può causare gravissime lesioni permanenti portando perfino alla morte. Si osserva in prevalenza nel primo anno di vita, con una maggiore incidenza nei primi sei mesi del bambino. Secondo alcune indagini condotte al di fuori del nostro Paese, è emerso che il gesto è compiuto in prevalenza da giovani uomini e con una minore incidenza dalle donne. In Italia non esistono statistiche su questo fenomeno, ma si suppone che l’incidenza dei casi si aggiri intorno ai 3 bambini ogni 10mila.

Sintomi e conseguenze

In occasione di uno scuotimento violento e dannoso per il neonato che ha prodotto, sì, la repentina interruzione del suo pianto ma anche danni a livello cerebrale dobbiamo sapere che questi possono variare a seconda delle condizioni; durata dello scuotimento, intensità, età del bambino ad esempio fanno la differenza.

Tra le conseguenze meno gravi si possono riscontrare vomito, irritabilità, sonnolenza, inappetenza e difficoltà di suzione e/o deglutizione.

Segnali ulteriori possono essere un aumento anomalo del volume del cranio, disturbi comportamentali e ritardo motorio o del linguaggio. I sintomi che di norma appaiono nell’immediato per raggiungere il proprio apice nell’arco di 4/6 ore dallo scuotimento e sono:
• Livello di coscienza alterato
• Sonnolenza accompagnata da irritabilità
• Coma
• Convulsioni
• Pupille dilatate che non rispondono alla luce
• Diminuzione dell’appetito
• Vomito
• Postura in cui la testa è piegata all’indietro e la schiena inarcata
• Problemi e irregolarità respiratorie
• Respirazione anormalmente lenta e superficiale
• Infarto
• Morte
In questi casi è importante recarsi immediatamente in ospedale, spiegare (se si è in grado di farlo) l’accaduto e permettere ai sanitari di intervenire adeguatamente.

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Due neonati, 4, 5 mesi circa, ricoverati per settimane in ospedale, due inchieste della Procura di Modena ancora in corso dopo l’allontanamento dei piccoli dai loro genitori. Sono i casi più recenti dei tanti che i medici di Pediatria del Policlinico emiliano si trovano sempre più spesso ad affrontare, come accede anche nel resto del Paese; un fenomeno purtroppo aumentato negli ultimi tre anni, anche a causa dell'isolamento domestico dovuto a Covid e pandemia. I due episodi ai danni di neonati risalgono all'autunno scorso, sono avvenuti uno a pochi mesi di distanza dall’altro e riguardano due bambini italiani; le famiglie risiedono una a Modena, l’altra in un comune della provincia. Ma il copione è sempre lo stesso. Per entrambi la causa dei traumi riportati è riconducibile alla cosiddetta shaken baby syndrome, la sindrome del bambino scosso, ovvero lo scuotimento violento del neonato per farlo smettere di piangere. Un gesto estremamente pericoloso che può avere conseguenze drammatiche. Ne parliamo con Alessandra Bellasio ostetrica da oltre 10 anni, ma anche divulgatrice sanitaria in contatto tramite social (su Instagram conta qualcosa come 147mila follower) con una nutritissima community di mamme: sinergia grazie alla quale stanno emergendo argomenti e problematiche importanti e poco esplorate.
La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato
La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato
Una di queste è proprio la la sindrome del bambino scosso, alla quale lei stessa ha dedicato un post, parlando in prima persona di quanto fosse accaduto a lei come neo mamma, mettendoci la faccia. Perché nessuno è perfetto e ammettere un problema è già una 'medicina', il primo passo  verso la 'guarigione'

La testimonianza diretta

"Sai cosa significa sentire un bambino piangere disperatamente, essere stremato/a e sentirti completamente impotente e incapace di mettere fine a quello strazio? Ho partorito ad inizio autunno e si sa, le 'coliche' se arrivano, lo fanno nei primi mesi di vita. Ebbene sì, per noi sono arrivate nel pieno dell’inverno, quando il sole tramontava alle 16.30 e i pomeriggi sembravano lunghi giorni e non soltanto poche ore. Le 'coliche' arrivavano alle 17, precise come un orologio svizzero ed ero sempre sola visto che mio marito rientrava alle 20 dal lavoro. Sola con il pianto. “ E che sarà mai?" "Sei un’ostetrica! Non dirmi che non sai cosa fare! Se non lo sai tu…” Ero ben consapevole di quali fossero gli effetti del pianto estenuante e prolungato del bambino sul cervello di un adulto; ne parlavo sempre nei corsi preparto. In particolare ricordavo bene le parole di una preziosa “collega” psicologa, che diceva alle mamme: “Se sentite di non farcela più e temete di essere al punto 'di non ritorno' appoggiate il bambino in uno spazio sicuro, e allontanati per un attimo per chiedere aiuto, a chiunque, anche un vicino di casa, qualcuno che, a mente fredda vi possa aiutare a ritrovare la calma e il controllo”. Il rischio di incorrere nella sindrome del bambino scosso, in una situazione di grande stanchezza e stress fisico e psicologico è troppo grande. … Mi è sempre sembrato assurdo pensare che si potesse arrivare a “scuotere” il proprio bambino ma, probabilmente, non ne avevo mai sentito uno piangere per più di due ore di seguito.  
ante le segnalazioni raccolte dall'ostetrica e divulgatrice sanitaria Alessandra Bellasio, che ha dato vita alla piattaforma UniMamma: “Stanche e stressate, troppe donne si sentono lasciate sole"
Tante le segnalazioni raccolte dall'ostetrica e divulgatrice sanitaria Alessandra Bellasio, che ha dato vita alla piattaforma UniMamma: “Stanche e stressate, troppe donne si sentono lasciate sole"
Un'ammissione importante, quella di Alessandra, che ha portato a una serie di commenti a cuore aperto sul suo profilo. Cosa hanno risposto le altre donne sotto al suo post, Alessandra? "Un elemento che accomuna tutte è la parola 'sola'. "Mi sentivo sola... "L'altra, è stanchezza. Anche io quella sera ero stanca, troppo (come ho scritto su Instagram), anche per tenere in braccio la mia creatura. Ero ancora ben lontana, probabilmente, dal gesto di scuoterlo, ma ho preferito non doverne misurare le distanze e così l'ho appoggiato al sicuro nella sua culla, ho messo delle cuffie nelle orecchie con la musica a tutto volume e sono andata in un’altra stanza". E poi cos'è successo? "Ci sono restata per poco; il timore che potesse accadere qualcosa al bambino in mia assenza era troppo grande, ma questo gesto mi è servito per sfogarmi, per prendere una piccola boccata d’aria ma soprattutto per me ha avuto grande significato. Ero arrivata al limite, e lo avevo capito! Ero stata brava. Poi mi sono chiesta: "Ma allora il limite esiste anche quando ami alla follia tuo figlio?". Come al solito non ho risposte, ma solo interrogativi, quello che è certo è che la stanchezza è qualcosa che non può essere ignorata, dobbiamo saperla riconoscere in noi e negli altri e saper chiedere e consigliare sostegno laddove sia necessario". Come hanno reagito le neomamme, le persone che la seguono? "Si sono sentite capite! Questa è la casa più importante, liberarsi dai sensi di colpa. Non siamo perfette, l'arrivo di un figlio è impegnativo proprio da un punto di vista pratico; l'importante è avere gli strumenti per decifrare i segnali di disagio provocati da privazione del sonno, stanchezza, senso di solitudine". Esiste una casistica della cosiddetta shaken baby syndrome? "Le stime parlano di 3 bambini su 10mila nati, ma è un dato sottostimato. Purtroppo in Italia non esistono statistiche al riguardo, anche perché non sempre è possibile diagnosticare in maniera certa questa sindrome. Per quanto infatti tipicamente associata al riscontro di ematoma subdurale, emorragie retiniche ed encefalopatia, l’accuratezza diagnostica di questa triade ha subito una revisione sistematica in quanto non esistono prove scientifiche sufficienti per valutarne l’accuratezza diagnostica". Le cause, come si arriva a scuotere proprio figlio fino a fargli male? "Non è una, ma un insieme di cause, e simili episodi in genere si verificano quando l’adulto è stanco, spesso solo ed esausto a livello psico-fisico, dopo avere tentato ogni strategia per interrompere il pianto inconsolabile del bambino. Lo solleva strattonandolo con forza per alcuni secondi o, peggio, lo scuote violentemente per poi farlo impattare contro un muro o sul materasso della culla. E’ evidente che stiamo parlando di gesti importanti, di manovre violente anche se realizzate in pochi attimi che comportano lo scuotimento del piccolo, lo strattonamento del suo corpicino senza che la sua testa sia sorretta e trattenuta dal piegarsi più volte in avanti e indietro. Importante sottolinearlo poiché nella mia esperienza professionale, in particolare per quanto ho riscontrato all’interno della mia community, spesso le mamme mi contattano preoccupate di avere provocato danni al bambino per averlo scosso". A proposito di testimonianze e segnalazioni, quante ne arrivano? "Tante, ovviamente di episodi andati a buon fine, ma sono comunque campanelli d'allarme: solo ieri alla storia che ho proposto su Instagram sul fenomeno scuotimento, almeno 20 mamme in poche ore hanno ammesso di averlo fatto, e tutte dicono poi di essere scoppiate in un pianto dirotto. Tempo fa, a seguito di un articolo per il mio blog proprio su questo argomento, ricevetti numerose segnalazioni di mamme preoccupate di avere causato danni ai propri bambini, in seguito ad episodi nei quali, per via dello stress e della stanchezza, avevano scosso i propri figli. In primo luogo mi resi conto che molte di loro non conoscevano la sindrome, non sapevano come e quanto potesse essere pericolosa e in che circostanze si presentasse. La maggior parte dei messaggi ricevuti sono stati, in realtà, domande che mi venivano poste per capire se ciò che avevano fatto poteva o meno configurarsi nell’ambito della sindrome del bambino scosso". Quale sensazione ne ha tratto? "Una certezza: parecchie mamma si erano ritrovate sole e stanche di fronte al pianto inconsolabile del proprio bambino e, prive di una rete di supporto adeguata e delle corrette informazioni, avevano sollevato il piccolo senza la solita amorevole cura, bensì spinte dall’esasperazione ritenendo che tanto bastasse ad aver provocato dei danni. Questi riscontri insieme ai recenti episodi di cronaca ci dovrebbero portare verso una maggiore consapevolezza sia rispetto alla necessità di una rete di supporto ampia, sia rispetto alla sindrome stessa ed alle sue conseguenze". Esiste un modo per individuare i rischi che precedono una possibile sindrome del bambino scosso e come prevenirla? "Nei momenti antecedenti si vive una sensazione molto forte e pervasiva di impotenza di fronte al pianto del piccolo. L’istinto in principio guida verso i più comuni gesti consolatori, sollevarlo, cullarlo, allattarlo, accarezzarlo ma nulla pare funzionare. Il pianto persiste, il suo suono si fa sempre più intollerabile e si inizia a sentirsi impotenti. Le idee si appannano ed è chiaro che sta diventando sempre più difficile controllare le proprie reazioni. In quei momenti si è fisicamente soli ma, più di tutto, ci si sente soli con la paura di non riuscire a controllarsi. Quello è il momento esatto nel quale è necessario restare lucidi e chiedere aiuto a un vicino, a un parente, a chiunque possa sostituirci per alcuni minuti permettendoci di recuperare il controllo. Nascondere questa verità, non volerne conoscere le cause o ritenere che 'tanto a me non potrà mai accadere' non serve. Per quanta paura ci possa fare l’idea di sorpassare quella soglia di non ritorno, dobbiamo informarci per prevenire situazioni pericolose". Quanto è importante l'ascolto da parte del partner? "Direi fondamentale, spesso le neomamme si lamentano proprio del fatto che il padre non aiuti, vorrebbero veder 'esaltato' il loro ruolo di madre e riconosciuti i propri limiti senza il peso del giudizio. Per dirla con le parole di una delle tante donne che hanno commentato il mio post: "Non siamo super eroi. La stanchezza c’è ed è normale. Basta con il prototipo della mamma Angelo del focolare che non corrisponde alla realtà. Siamo umane. Abbiamo le nostre debolezze e i nostri punti di forza. Essere mamma non vuol dire diventare l essere perfetto. Grazie per aver condiviso questo momento delicato". .

Chi è Alessandra Bellasio

Il post di Alessandra Bellasio, Ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Il post di Alessandra Bellasio, Ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Trentasette anni, ostetrica, consulente certificata in allattamento, insegnante di manovre di disostruzione pediatrica e divulgatrice sanitaria, mamma, supporta le donne nel delicato percorso della maternità, durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino: Alessandra Bellasio propone videocorsi e consigli pratici attraverso la piattaforma digitale UniMamma, fondata nel 2021, e la pagina Instagram ostetrica_alessandra_bellasio, seguita da 147mila follower (con un target al 96% femminile, al 60% di una fascia compresa tra i 25 e i 34 anni).
Alessandra Bellasio, ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Alessandra Bellasio, ostetrica e divulgatrice sanitaria, oltre che esperta e professionista medica ha avviato UniMamma
Professionista sanitaria e imprenditrice digitale che opera nella zona di Como, Alessandra Bellasio approfondisce temi quali la genitorialità consapevole, il parto, l’allattamento, lo svezzamento e la prevenzione al soffocamento, il benessere psico-fisico della mamma e del bambino, lo scardinamento dello stigma della mamma perfetta, e tutti gli argomenti legati a questa importante fase della vita, basandosi su una solida preparazione scientifica e con grande attenzione alla sfera psicologica. Sito web: https://unimamma.it/ e profilo Instagram https://www.instagram.com/ostetrica_alessandra_bellasio/

Cos’è la sindrome del bambino scosso

Tale sindrome è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato, che può causare gravissime lesioni permanenti portando perfino alla morte. Si osserva in prevalenza nel primo anno di vita, con una maggiore incidenza nei primi sei mesi del bambino. Secondo alcune indagini condotte al di fuori del nostro Paese, è emerso che il gesto è compiuto in prevalenza da giovani uomini e con una minore incidenza dalle donne. In Italia non esistono statistiche su questo fenomeno, ma si suppone che l’incidenza dei casi si aggiri intorno ai 3 bambini ogni 10mila.

Sintomi e conseguenze

In occasione di uno scuotimento violento e dannoso per il neonato che ha prodotto, sì, la repentina interruzione del suo pianto ma anche danni a livello cerebrale dobbiamo sapere che questi possono variare a seconda delle condizioni; durata dello scuotimento, intensità, età del bambino ad esempio fanno la differenza. Tra le conseguenze meno gravi si possono riscontrare vomito, irritabilità, sonnolenza, inappetenza e difficoltà di suzione e/o deglutizione. Segnali ulteriori possono essere un aumento anomalo del volume del cranio, disturbi comportamentali e ritardo motorio o del linguaggio. I sintomi che di norma appaiono nell’immediato per raggiungere il proprio apice nell’arco di 4/6 ore dallo scuotimento e sono: • Livello di coscienza alterato • Sonnolenza accompagnata da irritabilità • Coma • Convulsioni • Pupille dilatate che non rispondono alla luce • Diminuzione dell’appetito • Vomito • Postura in cui la testa è piegata all’indietro e la schiena inarcata • Problemi e irregolarità respiratorie • Respirazione anormalmente lenta e superficiale • Infarto • Morte In questi casi è importante recarsi immediatamente in ospedale, spiegare (se si è in grado di farlo) l’accaduto e permettere ai sanitari di intervenire adeguatamente.
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