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Home » Attualità » “Sono Red e vi spiego come funziona la mente autistica”

“Sono Red e vi spiego come funziona la mente autistica”

"Noi persone autistiche non dobbiamo né essere combattute, né sfidate, ma capite, come si fa con tutti gli altri esseri umani. Invece di avere paura, provate a conoscerci". 

Sofia Francioni
5 Febbraio 2022
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Ballerina e coreografa autistica non binary, Federica Giusto in arte Red Fryk Hey ci tiene molto al primo aggettivo che la definisce: “chiamarmi autistica senza disabilità cognitiva e compromissioni – dice lei presentandosi – rappresenta la mia condizione nel modo più completo possibile. Asperger, alto basso funzionamento, lieve o grave non sono termini presenti nemmeno nei manuali diagnostici e sono parole che contribuiscono a creare classismo e discriminazioni tra le persone autistiche, perciò non-vanno-usate”. È netta, Red, logica e decisa. Da quando a 31 anni – dopo un’infanzia e un’adolescenza passata a sentirsi sbagliata – ha intrapreso il percorso che l’ha portata a farsi diagnosticare l’autismo, quello che le interessa di più è fare chiarezza e informazione. Spiegare che l’autismo non è né una patologia, né una malattia, ma un tipo di funzionamento mentale diverso dallo standard, che porta con sé “tante peculiarità bellissime”.

 

 

Perché è bello essere una persona autistica? 

“Intanto per l’intensità con cui si vivono le cose (che in negativo ha anche le sue controindicazioni), ma quando imbocca una strada positiva, è un’esperienza davvero bellissima”.

Poi?

“La capacità di fissarsi sulle cose in maniera naturale. “Fisse” le chiamano i neurotipici o “bolle”, ma per me sono interessi. Una caratteristica della mente che mi permette di concentrarmi su alcuni argomenti e arrivare a saperne tantissimo senza fare fatica. Mi capita, però, soltanto su alcuni temi. Questo a scuola era un problema e infatti (ride) andavo malissimo. Un altro aspetto è la capacità di vivere i sentimenti in maniera molto intensa. Si dice spesso che le persone autistiche non li provino, ma è un luogo comune che non corrisponde al vero. Noi autistici abbiamo difficoltà a riconoscere i sentimenti, ma non è vero che non li proviamo: anzi. Un’altra cosa ancora, e poi mi fermo perché potrei continuare all’infinito, è il fatto di poter notare con semplicità alcuni dettagli. Ricordare alcune situazioni passate come fossero successe ieri. L’attenzione al dettaglio, una capacità bellissima della mente autistica”.

Red, come immagine di WhatsApp ha Ariel, la sirenetta della Disney. Con i suoi capelli rossi vuole forse ispirarsi a lei?

“Sì, anche se caratterialmente mi rivedo più in altri personaggi, ma come aspetto fisico sì, mi ha sempre colpita”.

Red Fryk Hey
Red Fryk Hey

Perché le piace così tanto la Disney? 

“Ho sempre trovato in Walt Disney una chiave di lettura della realtà semplicissima. Mi affascinava che i movimenti dei personaggi andassero a tempo di musica, cosa che collegavo alla danza, già da piccola, perché è una passione che ho sempre avuto. Mi colpivano tantissimo le loro espressioni del viso: e accade anche adesso, quando li riguardo. Mi sembrava un modo facile e divertente per capire alcuni aspetti del mondo reale: la Disney aveva trovato la chiave per farmi capire delle cose che non riuscivo a capire dalle persone. Ed era in grado di mostrarmi anche come dovevo comportarmi, le espressioni del viso che dovevo utilizzare quando mi veniva detto che sbagliavo. Comportamenti che poi, come ribadisco sempre, non erano sbagliati, erano solo diversi. Ma nessuno me lo aveva spiegato”.

Quando ha scoperto di essere autistica? 

Tra i 25 e i 26 anni, grazie a una parente che scoprì di esserlo a sua volta. Al tempo soffrivo di una depressione che mi era stata diagnostica a nove anni. Una condizione tipica delle persone autistiche, perché passano tanto tempo a ripetersi che sono sbagliate e ad andare contro il funzionamento della loro mente. Lei mi disse: “penso che anche tu sia autistica”. Io, però, come tante altre persone al tempo pensavo – sbagliando – che autismo fosse sinonimo di disabilità cognitiva. In più ero talmente concentrata sulla mia depressione e quindi ho intrapreso il percorso per la diagnosi dell’autismo solo a 31 anni”.

Come mai ha preso questa scelta?

“Ero arrivata a un punto in cui la mia mente mi diceva: tu-non-funzioni-così. Devi scoprire cosa stai facendo alla tua testa, perché stai facendo delle cose che non sono adatte a lei”

E scoprire di essere autistica cosa ha significato?

“Mi ha dato le risposte a tutte le domande che avevo su di me. Mi ha chiarito tutte quelle cose che di rimando dalle altre persone venivano viste come “stranezze”, “errori”, “difetti” quando per me erano degli atteggiamenti normali. Io li soffocavo, stavo male e me ne rendevo conto. Ma continuavo a pensare: se la maggioranza delle persone dice che sbaglio, sarò io la sbagliata non loro, no?”

Può farci qualche esempio? 

“Sono una persona autistica ipersensoriale, questo significa che i miei sensi sono amplificati. Ho sempre vissuto in questo modo, ma le persone mi dicevano che esageravo, non mi credevano. Sono arrivata a pensare che le mie percezioni non fossero reali ed è una sensazione orribile”.

Come ripete spesso nei suoi post: a disabilitare le persone autistiche sono prima di tutto le altre persone, è così?

“È proprio così. Noi persone autistiche abbiamo la nostra normalità e il fatto che differiamo dallo standard o dalla tipicità non vuol dire che siamo un errore. I neurotipici dovrebbero ascoltare di più le persone autistiche che, come me, hanno la capacità di parlare, perché non tutti gli autistici parlano e quasi sempre le loro esigenze vengono interpretate in maniera sbagliata da persone che hanno una mente che funziona diversamente dalla loro”.

Lei è una ballerina, è riuscita a rendere la danza anche un lavoro? 

“Con il Covid è stato più complicato, ma in generale sì. Pochi giorni dopo aver scoperto di essere autistica ho creato uno spettacolo che si intitola “Immagina se tu…anzi, prova“: un’esibizione che rappresenta un viaggio nella mente autistica fatto di parole, corpo, movimento e musica: hip hop, danza contemporanea ed…esperimenti”.

Quali sono gli errori più comuni che vengono fatti verso le persone autistiche? 

“Il primo che mi viene in mente è organizzare eventi sull’autismo in cui le persone autistiche non vengono coinvolte. Il secondo? L’imposizione delle regole sociali, che sono basate sulla mente neurotipica. Io ad esempio, fin dall’asilo, faccio fatica a stare in gruppo: mi arrivano troppi stimoli, sensazioni, emozioni, che devo gestire con i miei modi e tempi. La solitudine, ad esempio, mi permette di ricaricarmi e solo a quel punto sono in grado di condivedere con gli altri alcune cose. Ma quest’aspetto è stato difficilmente accettato, mi stressavano talmente tanto a dover stare in gruppo che sono arrivata a costringermi, finché un giorno mi sono chiesta: ma per chi lo faccio?”.

Altri errori da evitare?

“Ripetere alle persone autistiche di guardare negli occhi gli altri quando comunicano o quando ascoltano. Questa è una caratteristica che riguarda anche i neurotipici, ma nel nostro caso è molto più diffuso. Non lo facciamo né per timidezza, né perché non vogliamo ascoltare, ma perché nella nostra mente si attivano in maniera molto intensa sia la parte del cervello dedicata all’ascolto sia quella dedicata alla vista: le informazioni sono troppe e quindi per ascoltare distogliamo lo sguardo”.

Che cosa chiede alle persone neurotipiche? 

“Di non sfidare, né combattere l’autismo. Noi persone autistiche non dobbiamo né essere combattute, né sfidate, ma capite, come si fa con tutti gli altri esseri umani. Invece di avere paura, provate a conoscerci”.

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È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Ballerina e coreografa autistica non binary, Federica Giusto in arte Red Fryk Hey ci tiene molto al primo aggettivo che la definisce: "chiamarmi autistica senza disabilità cognitiva e compromissioni - dice lei presentandosi - rappresenta la mia condizione nel modo più completo possibile. Asperger, alto basso funzionamento, lieve o grave non sono termini presenti nemmeno nei manuali diagnostici e sono parole che contribuiscono a creare classismo e discriminazioni tra le persone autistiche, perciò non-vanno-usate". È netta, Red, logica e decisa. Da quando a 31 anni - dopo un'infanzia e un'adolescenza passata a sentirsi sbagliata - ha intrapreso il percorso che l'ha portata a farsi diagnosticare l'autismo, quello che le interessa di più è fare chiarezza e informazione. Spiegare che l'autismo non è né una patologia, né una malattia, ma un tipo di funzionamento mentale diverso dallo standard, che porta con sé "tante peculiarità bellissime".     Perché è bello essere una persona autistica?  "Intanto per l'intensità con cui si vivono le cose (che in negativo ha anche le sue controindicazioni), ma quando imbocca una strada positiva, è un'esperienza davvero bellissima". Poi? "La capacità di fissarsi sulle cose in maniera naturale. "Fisse" le chiamano i neurotipici o "bolle", ma per me sono interessi. Una caratteristica della mente che mi permette di concentrarmi su alcuni argomenti e arrivare a saperne tantissimo senza fare fatica. Mi capita, però, soltanto su alcuni temi. Questo a scuola era un problema e infatti (ride) andavo malissimo. Un altro aspetto è la capacità di vivere i sentimenti in maniera molto intensa. Si dice spesso che le persone autistiche non li provino, ma è un luogo comune che non corrisponde al vero. Noi autistici abbiamo difficoltà a riconoscere i sentimenti, ma non è vero che non li proviamo: anzi. Un'altra cosa ancora, e poi mi fermo perché potrei continuare all'infinito, è il fatto di poter notare con semplicità alcuni dettagli. Ricordare alcune situazioni passate come fossero successe ieri. L'attenzione al dettaglio, una capacità bellissima della mente autistica". Red, come immagine di WhatsApp ha Ariel, la sirenetta della Disney. Con i suoi capelli rossi vuole forse ispirarsi a lei? "Sì, anche se caratterialmente mi rivedo più in altri personaggi, ma come aspetto fisico sì, mi ha sempre colpita".
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Perché le piace così tanto la Disney?  "Ho sempre trovato in Walt Disney una chiave di lettura della realtà semplicissima. Mi affascinava che i movimenti dei personaggi andassero a tempo di musica, cosa che collegavo alla danza, già da piccola, perché è una passione che ho sempre avuto. Mi colpivano tantissimo le loro espressioni del viso: e accade anche adesso, quando li riguardo. Mi sembrava un modo facile e divertente per capire alcuni aspetti del mondo reale: la Disney aveva trovato la chiave per farmi capire delle cose che non riuscivo a capire dalle persone. Ed era in grado di mostrarmi anche come dovevo comportarmi, le espressioni del viso che dovevo utilizzare quando mi veniva detto che sbagliavo. Comportamenti che poi, come ribadisco sempre, non erano sbagliati, erano solo diversi. Ma nessuno me lo aveva spiegato". Quando ha scoperto di essere autistica?  Tra i 25 e i 26 anni, grazie a una parente che scoprì di esserlo a sua volta. Al tempo soffrivo di una depressione che mi era stata diagnostica a nove anni. Una condizione tipica delle persone autistiche, perché passano tanto tempo a ripetersi che sono sbagliate e ad andare contro il funzionamento della loro mente. Lei mi disse: "penso che anche tu sia autistica". Io, però, come tante altre persone al tempo pensavo - sbagliando - che autismo fosse sinonimo di disabilità cognitiva. In più ero talmente concentrata sulla mia depressione e quindi ho intrapreso il percorso per la diagnosi dell’autismo solo a 31 anni". Come mai ha preso questa scelta? "Ero arrivata a un punto in cui la mia mente mi diceva: tu-non-funzioni-così. Devi scoprire cosa stai facendo alla tua testa, perché stai facendo delle cose che non sono adatte a lei" E scoprire di essere autistica cosa ha significato? "Mi ha dato le risposte a tutte le domande che avevo su di me. Mi ha chiarito tutte quelle cose che di rimando dalle altre persone venivano viste come "stranezze", "errori", "difetti" quando per me erano degli atteggiamenti normali. Io li soffocavo, stavo male e me ne rendevo conto. Ma continuavo a pensare: se la maggioranza delle persone dice che sbaglio, sarò io la sbagliata non loro, no?" Può farci qualche esempio?  "Sono una persona autistica ipersensoriale, questo significa che i miei sensi sono amplificati. Ho sempre vissuto in questo modo, ma le persone mi dicevano che esageravo, non mi credevano. Sono arrivata a pensare che le mie percezioni non fossero reali ed è una sensazione orribile". Come ripete spesso nei suoi post: a disabilitare le persone autistiche sono prima di tutto le altre persone, è così? "È proprio così. Noi persone autistiche abbiamo la nostra normalità e il fatto che differiamo dallo standard o dalla tipicità non vuol dire che siamo un errore. I neurotipici dovrebbero ascoltare di più le persone autistiche che, come me, hanno la capacità di parlare, perché non tutti gli autistici parlano e quasi sempre le loro esigenze vengono interpretate in maniera sbagliata da persone che hanno una mente che funziona diversamente dalla loro". Lei è una ballerina, è riuscita a rendere la danza anche un lavoro?  "Con il Covid è stato più complicato, ma in generale sì. Pochi giorni dopo aver scoperto di essere autistica ho creato uno spettacolo che si intitola "Immagina se tu...anzi, prova": un'esibizione che rappresenta un viaggio nella mente autistica fatto di parole, corpo, movimento e musica: hip hop, danza contemporanea ed...esperimenti". Quali sono gli errori più comuni che vengono fatti verso le persone autistiche?  "Il primo che mi viene in mente è organizzare eventi sull'autismo in cui le persone autistiche non vengono coinvolte. Il secondo? L'imposizione delle regole sociali, che sono basate sulla mente neurotipica. Io ad esempio, fin dall'asilo, faccio fatica a stare in gruppo: mi arrivano troppi stimoli, sensazioni, emozioni, che devo gestire con i miei modi e tempi. La solitudine, ad esempio, mi permette di ricaricarmi e solo a quel punto sono in grado di condivedere con gli altri alcune cose. Ma quest'aspetto è stato difficilmente accettato, mi stressavano talmente tanto a dover stare in gruppo che sono arrivata a costringermi, finché un giorno mi sono chiesta: ma per chi lo faccio?". Altri errori da evitare? "Ripetere alle persone autistiche di guardare negli occhi gli altri quando comunicano o quando ascoltano. Questa è una caratteristica che riguarda anche i neurotipici, ma nel nostro caso è molto più diffuso. Non lo facciamo né per timidezza, né perché non vogliamo ascoltare, ma perché nella nostra mente si attivano in maniera molto intensa sia la parte del cervello dedicata all'ascolto sia quella dedicata alla vista: le informazioni sono troppe e quindi per ascoltare distogliamo lo sguardo". Che cosa chiede alle persone neurotipiche?  "Di non sfidare, né combattere l'autismo. Noi persone autistiche non dobbiamo né essere combattute, né sfidate, ma capite, come si fa con tutti gli altri esseri umani. Invece di avere paura, provate a conoscerci".
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