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Home » Attualità » Violenza contro le donne, Arisa racconta: “Sono stata una bambina incompresa e un po’ isolata. Tutti meritiamo di essere accolti”

Violenza contro le donne, Arisa racconta: “Sono stata una bambina incompresa e un po’ isolata. Tutti meritiamo di essere accolti”

L'artista lucana Arisa a Luce!: "Proteggere e istruire la gente a proteggere pari diritti per tutti è adesso una delle cose che mi rende più felice e grata. Io m’innamoro delle persone, le etichette non mi appartengono ma se servono agli altri per sentirsi meglio, amen"

Letizia Cini
25 Novembre 2021
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“Siamo tutti uguali, dobbiamo accettare le disuguaglianze e accogliere tutti”. Parola di Rosalba Pippa, in arte Arisa. Vincitrice nel 2009 a Sanremo nella categoria Proposte con il brano Sincerità la cantante lucana – ormai una veterana del Festival – ha parlato della comunità Lgbt nella canzone Minidonna.

Rosalba, in quel testo racconta di una persona transessuale che si faceva chiamare Tina: quello che emerge è il ritratto di una donna disponibile all’ascolto e sensibile: è così?
“Tutto è cominciato esattamente 20 anni fa, quando all’età di 19 anni ho deciso di trasferirmi a Milano per studiare. Ero molto sola, in una città enorme e tra università e lavoro facevo orari assurdi e spesso mi capitava di trovare rifugio tra la gente della notte. Tina era la mia compagnia fissa quando tornavo di notte dal lavoro al locale, era una signorina molto magra, col caschetto, sempre sorridente e con una buona predisposizione alla chiacchiera, ho capito col tempo che era un ometto. Mi ha aperto un mondo e mi ha coccolata con la sua grande dolcezza e sensibilità. Da allora ho capito che sarei stata parte di una famiglia diversa dalla mia ma che mi avrebbe fatto da casa ovunque. Proteggere e istruire la gente a proteggere pari diritti per tutti è adesso una delle cose che mi rende più felice e grata. Minidonna è uno dei miei atti d’amore”.

Molte volte si è parlato del suo orientamento sessuale, la cosa la disturba o…?
“Non mi disturba. Io m’innamoro delle persone, le etichette non mi appartengono ma se servono agli altri per sentirsi meglio amen. Spero le cose cambino”.

La pandemia ha aumentato il numero di casi di violenza contro le donne: a cosa attribuisce quella che sembra essere un’ondata dilagante?
“Il lockdown ci ha costretti a vivere insieme, in spazi a volte molto piccoli, senza vie di fuga. A guardare la realtà da vicino a scontrarsi più spesso. La violenza quando non è patologia è conseguenza di molta frustrazione. Si litiga, si esagera, si sbaglia. Non so che dire. Penso che certe cose siano insite nell’essere umano, e certe condizioni amplifichino naturali predisposizioni”.

E lei ha mai subito molestie e, se sì, che segni le hanno lasciato?
“Non amo parlare del mio passato ma credo si possa commettere violenza in tanti modi. Bisogna approcciarsi agli altri con cura. Sempre”.

Esiste un modo per “imparare” a comunicare pacificamente con l’altro sesso?
“Si, certo. Ma è anche una questione di incastri”.

Il suo ultimo album “Ero romantica” contiene brani – vedi “Psycho” e “Ortica” – che parlano di esseri umani imperfetti : l’inclusività è un modo di vivere e di pensare che le appartiene?
“L’inclusività è molto importante per me. Io sono stata una bambina a volte incompresa e isolata. Ancora adesso mi capita di non essere capita, mi piace pensare che siamo tutti diversi ma meritiamo tutti di essere amati e accolti.  Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, attuo il cambiamento che vorrei avvenisse nel mondo”.

Ci sono canzoni che sembrano celebrare il senso delle eccezioni alla regola, dell’autodeterminazione femminile, dell’urgenza di cambiare alcuni punti di vista: una scelta precisa?
“Sì, dettata dalla necessità di essere se stessi, protagonisti del tempo che abbiamo a disposizione, vale tutto. Basta che ci renda felici non facendo male a nessuno”.

Domani esce il suo nuovo disco, come lo descriverebbe?
“Un album in bilico fra romanticismo e desiderio di libertà: a volte sofferto e struggente, in altri momenti sfacciato e disinibito, in una sorprendente alternanza fra malinconiche ballate d’amore e sfrenati ritmi dance anni ’90. Un atto d’amore verso l’umanità nelle sue varie sfaccettature, un disco che trova il senso nelle eccezioni alla regola, celebra la femminilità e le sue contraddizioni, canta di autodeterminazione femminile e di schiavitù volontaria, urla l’urgenza di cambiare punto di vista, per non rimanere schiacciati dall’omologazione”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

"Siamo tutti uguali, dobbiamo accettare le disuguaglianze e accogliere tutti". Parola di Rosalba Pippa, in arte Arisa. Vincitrice nel 2009 a Sanremo nella categoria Proposte con il brano Sincerità la cantante lucana - ormai una veterana del Festival - ha parlato della comunità Lgbt nella canzone Minidonna.

Rosalba, in quel testo racconta di una persona transessuale che si faceva chiamare Tina: quello che emerge è il ritratto di una donna disponibile all’ascolto e sensibile: è così? "Tutto è cominciato esattamente 20 anni fa, quando all’età di 19 anni ho deciso di trasferirmi a Milano per studiare. Ero molto sola, in una città enorme e tra università e lavoro facevo orari assurdi e spesso mi capitava di trovare rifugio tra la gente della notte. Tina era la mia compagnia fissa quando tornavo di notte dal lavoro al locale, era una signorina molto magra, col caschetto, sempre sorridente e con una buona predisposizione alla chiacchiera, ho capito col tempo che era un ometto. Mi ha aperto un mondo e mi ha coccolata con la sua grande dolcezza e sensibilità. Da allora ho capito che sarei stata parte di una famiglia diversa dalla mia ma che mi avrebbe fatto da casa ovunque. Proteggere e istruire la gente a proteggere pari diritti per tutti è adesso una delle cose che mi rende più felice e grata. Minidonna è uno dei miei atti d’amore”.

Molte volte si è parlato del suo orientamento sessuale, la cosa la disturba o...? "Non mi disturba. Io m’innamoro delle persone, le etichette non mi appartengono ma se servono agli altri per sentirsi meglio amen. Spero le cose cambino".

La pandemia ha aumentato il numero di casi di violenza contro le donne: a cosa attribuisce quella che sembra essere un’ondata dilagante? "Il lockdown ci ha costretti a vivere insieme, in spazi a volte molto piccoli, senza vie di fuga. A guardare la realtà da vicino a scontrarsi più spesso. La violenza quando non è patologia è conseguenza di molta frustrazione. Si litiga, si esagera, si sbaglia. Non so che dire. Penso che certe cose siano insite nell’essere umano, e certe condizioni amplifichino naturali predisposizioni".

E lei ha mai subito molestie e, se sì, che segni le hanno lasciato? "Non amo parlare del mio passato ma credo si possa commettere violenza in tanti modi. Bisogna approcciarsi agli altri con cura. Sempre".

Esiste un modo per “imparare” a comunicare pacificamente con l’altro sesso? "Si, certo. Ma è anche una questione di incastri".

Il suo ultimo album “Ero romantica” contiene brani - vedi “Psycho” e “Ortica” - che parlano di esseri umani imperfetti : l’inclusività è un modo di vivere e di pensare che le appartiene? "L’inclusività è molto importante per me. Io sono stata una bambina a volte incompresa e isolata. Ancora adesso mi capita di non essere capita, mi piace pensare che siamo tutti diversi ma meritiamo tutti di essere amati e accolti.  Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, attuo il cambiamento che vorrei avvenisse nel mondo".

Ci sono canzoni che sembrano celebrare il senso delle eccezioni alla regola, dell’autodeterminazione femminile, dell’urgenza di cambiare alcuni punti di vista: una scelta precisa? "Sì, dettata dalla necessità di essere se stessi, protagonisti del tempo che abbiamo a disposizione, vale tutto. Basta che ci renda felici non facendo male a nessuno".

Domani esce il suo nuovo disco, come lo descriverebbe? "Un album in bilico fra romanticismo e desiderio di libertà: a volte sofferto e struggente, in altri momenti sfacciato e disinibito, in una sorprendente alternanza fra malinconiche ballate d’amore e sfrenati ritmi dance anni ’90. Un atto d’amore verso l’umanità nelle sue varie sfaccettature, un disco che trova il senso nelle eccezioni alla regola, celebra la femminilità e le sue contraddizioni, canta di autodeterminazione femminile e di schiavitù volontaria, urla l’urgenza di cambiare punto di vista, per non rimanere schiacciati dall’omologazione".

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