Vacanze e biodiversità: due “diritti” che non si incontrano (quasi) mai

La nidificazione delle tartarughe marine Caretta caretta, diffusa in tutto il Sud Italia, è minacciata da pulizie meccaniche, luci artificiali e cementificazione che trasformano ogni costa in una vetrina turistica. È possibile immaginare una convivenza tra turismo balneare e tutela ambientale?

di CLARA LATORRACA
10 maggio 2025
Un esemplare di tartaruga Caretta caretta

Un esemplare di tartaruga Caretta caretta

Quando pensiamo alle spiagge del Sud Italia nei mesi estivi, ci immaginiamo spesso come loro principali abitanti i tantissimi turisti che le affollano e che arrivano da sempre più lontano per godersi la bella stazione sui lidi del Mediterraneo. Per accogliere al meglio i bagnanti, di prima mattina i proprietari dei lidi spianano la sabbia e la setacciano per eliminare tutto ciò che può essere abbastanza grande da essere considerato un rifiuto. Ma sotto la superficie sabbiosa, si nascondono altri abitanti delle coste italiane che rischiano di scomparire proprio a causa delle continua pulizia delle spiagge: si tratta delle uova di tartaruga Caretta caretta, per cui i lidi non sono un luogo di vacanza, ma un habitat.

Il turismo di massa è una minaccia per le tartarughe marine

Vittoria Torsello racconta sul The Guardian che i battipista hanno trasformato le spiagge da habitat vitali a sfondi per servizi fotografici e il loro lavoro ha avuto un impatto enorme sulla popolazione di tartarughe. “L'occupazione della spiaggia da parte dei privati riduce uno spazio vitale per le tartarughe”, spiega al media inglese Salvatore Urso, naturalista e cofondatore di Caretta Calabria Conservation, che dal 2005 monitora e protegge i nidi di tartaruga. Non c’è solo il problema delle uova che rischiano di essere spostate, danneggiate, schiacciate: la presenza di questi trattori può spaventare le femmine e dissuaderle dal nidificare. Secondo i dati di Legambiente, la scorsa estate in Italia sono stati registrati più di 600 nidi di Caretta caretta, principalmente concentrati tra Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. I nidi individuati dalle associazioni ambientaliste vengono monitorati e protetti da centinaia di volontari e volontarie. Tuttavia, l’aumento del turismo nelle regioni del Mezzogiorno rappresenta un ostacolo per la conservazione di questa specie: “La sfida tra i battipista e le tartarughe è uno dei conflitti tra la fauna selvatica e i turisti in cerca di luoghi perfetti che, secondo gli scienziati e gli attivisti, si stanno verificando in tutto il Mediterraneo con l'avvicinarsi della stagione delle vacanze”, scrive Torsello sul The Guardian. Un’indagine del progetto europeo Life Turtlenest sottolinea come la crescente antropizzazione delle coste italiane rischi di compromettere il successo riproduttivo di questa specie già classificata come “vulnerabile” dalla International Union for Conservation of Nature. Oltre ai battipista, ci sono numerosi altri elementi legati al turismo che alterano l’habitat naturale delle tartarughe marine: l’illuminazione artificiale, il rumore eccessivo, la cementificazione.

Le luci provenienti da stabilimenti, lungomare e locali sulla spiaggia, rappresentano una minaccia concreta: le tartarughine appena nate, spiega Ispra nel suo manuale dedicato al recupero e soccorso della specie, che si orientano verso la linea dell’orizzonte marino seguendo la luce lunare, vengono spesso disorientate dalle luci artificiali e si dirigono verso l’interno, dove rischiano di morire per disidratazione o predazione. C’è poi il rumore eccessivo, che disturba le femmine nella nidificazione e deposizione delle uova. E la presenza di strutture balneari fisse, come pedane in legno, passerelle e file serrate di ombrelloni e lettini, riduce drasticamente gli spazi disponibili per la deposizione delle uova.

Il ruolo del turismo 'instagrammabile'

Nell’articolo del media inglese, Vittoria Torsello e le co-autrici Sarah Collins e Eliza Amouret sottolineano il ruolo che i social network e i trend che vi si muovono hanno nel muovere grandi masse di turisti verso zone anche remote dell’Italia e dell’Europa meridionale - minacciando l’ambiente e la biodiversità locali. Secondo i dati di Statista relativi agli ultimi 5 anni, l'Europa mediterranea ha registrato il maggior numero di arrivi turistici internazionali nella regione, sia prima che dopo l'inizio della pandemia COVID-19, con 328,4 milioni di arrivi nel 2024.

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Piattaforme come Instagram e TikTok, attraverso immagini accattivanti e video virali, hanno il potere di trasformare luoghi poco conosciuti in mete turistiche affollate nel giro di poche settimane: un fenomeno che pare aver portato a un aumento significativo del turismo in alcune aree, spesso prive di infrastrutture adeguate a gestire l'afflusso. Il tipo di turismo che si sviluppa in questi casi, inoltre, è guidato dalla ricerca dello scatto perfetto piuttosto che dall'interesse per la cultura locale e può mettere a dura prova le risorse naturali e sociali del posto.

Una possibile convivenza? 

In risposta alle minacce derivanti dall'overtourism e dalla gestione intensiva delle spiagge, diverse iniziative in Italia stanno promuovendo modelli di convivenza tra turismo e conservazione delle tartarughe marine. Ad esempio, il progetto europeo Life Turtlenest, coordinato da Legambiente, ha lanciato il riconoscimento "Lidi amici delle tartarughe marine", destinato agli stabilimenti balneari che adottano pratiche sostenibili, come la riduzione dell'illuminazione notturna, la limitazione dell'uso di mezzi meccanici per la pulizia delle spiagge e la formazione del personale per il monitoraggio dei nidi. Nonostante gli sforzi di associazioni e progetti che cercano di promuovere una convivenza possibile tra turismo e natura, resta aperta una domanda cruciale: è davvero possibile parlare di sostenibilità ambientale in contesti dove il turismo di massa continua a crescere senza freni? I numeri, le dinamiche dei social e l’economia locale suggeriscono che i flussi turistici continueranno a premere sulle stesse spiagge che le tartarughe scelgono per la vita. In questo scenario, più che mitigare i danni, potrebbe rendersi necessario ripensare radicalmente il modello turistico, introducendo limiti, regolazioni più stringenti e persino restrizioni all’accesso ad alcune aree sensibili.