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Home » Attualità » Stefano Gheller vince la prima battaglia per il suicidio assistito: “Sono felicissimo”

Stefano Gheller vince la prima battaglia per il suicidio assistito: “Sono felicissimo”

Il 49enne vicentino ha ottenuto il via libera dall'Aulss 7 Pedemontana alla sua richiesta. "Ora sono libero di decidere quando porre fine alle mie sofferenze"

Marianna Grazi
14 Ottobre 2022
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“Buongiorno amici vicini e lontani oggi sono felicissimo ed è un gran bel giorno, è stato qui, il direttore sanitario della Aulss 7 Pedemontana a cui io il 30 giugno avevo inoltrato la mia richiesta di suicidio assistito, vi informo che la mia richiesta è stata accolta, e ora sono libero di decidere quando vorrò mettere fine alle mie sofferenze”. Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola (Vicenza), esulta su Facebook per la richiesta di suicidio assistito accolta dall’azienda sanitaria vicentina.

Affetto da distrofia muscolare da quando è nato, in una forma particolarmente grave, si era rivolto con una lettera all’Ulss 7 Pedemontana per chiedere “di attivare con urgenza la procedura prevista per l’accesso legale al suicidio medicalmente assistito”. Un appello che prima di lui, anche se in altre aziende sanitarie, avevano mosso Federico Carboni, primo paziente ad accedere legalmente alla procedura in Italia, e poi “Antonio” e Fabio Ridolfi, che però all’attesa estenuante e insopportabile ha preferito la sedazione profonda. “Sono contento che questo diritto mi sia stato riconosciuto e spero possa in parte servire per altre eventuali persone che ne faranno richiesta”, aggiunge Gheller, che utilizza un respiratore con mascherina 24 ore al giorno. “La mia Aulss devo dire è stata veloce rispetto ad altri casi a darmi risposta, e sosterrà tutte le spese per quando deciderò di farlo. Sul quando – sottolinea il 49enne – dipenderà da due fattori. Il primo, ovviamente, sul decorso della mia malattia e cosa ancora mi toglierà più di quanto mi ha già tolto finora, poi dipenderà da quanto lo Stato Italiano e la Regione Veneto mi aiuterà economicamente a fare una vita dignitosa, potendo pagare una assistenza adeguata ai miei bisogni; perché doversi alzare ogni mattina e affrontare la giornata è già dura così, ma dover oltre – al peso della malattia – pensare a come pagare l’assistenza adeguata e non solo diventa un ulteriore peso continuo che consuma le poche forze che uno ha”.

“Ovviamente quando deciderò di mettere fine alla mia vita ve lo dirò, mi scuso se ultimamente non ho interagito molto con voi ma non sono stato bene sia fisicamente che mentalmente, vi voglio bene e vi ringrazio tutti voi che mi state sempre vicino”, conclude Stefano. Da 34 anni l’uomo vive su una sedia a rotelle a causa della distrofia muscolare e sui social racconta che all’incontro con il direttore sanitario della Aulss 7 Pedemontana “c’era anche suo zio Paolo, fratello di sua mamma, con sua zia Rosanna”. “Mia sorella l’avevo inviata ma non poteva venire, poi mi ha detto che non è venuta – rivela – perché sarebbe stata male, e l’avevo immaginato”. Un piccolo grande passo in avanti però è stato compiuto, perché anche chi ha subito la vita più che viverla possa trovarvi uno sprazzo di serenità e di gioia, anche nel suo ultimo atto.

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Instagram

  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

📲Come difendersi? Qual è la cura contro l
  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
"Buongiorno amici vicini e lontani oggi sono felicissimo ed è un gran bel giorno, è stato qui, il direttore sanitario della Aulss 7 Pedemontana a cui io il 30 giugno avevo inoltrato la mia richiesta di suicidio assistito, vi informo che la mia richiesta è stata accolta, e ora sono libero di decidere quando vorrò mettere fine alle mie sofferenze". Stefano Gheller, 49 anni, di Cassola (Vicenza), esulta su Facebook per la richiesta di suicidio assistito accolta dall'azienda sanitaria vicentina. Affetto da distrofia muscolare da quando è nato, in una forma particolarmente grave, si era rivolto con una lettera all'Ulss 7 Pedemontana per chiedere "di attivare con urgenza la procedura prevista per l'accesso legale al suicidio medicalmente assistito". Un appello che prima di lui, anche se in altre aziende sanitarie, avevano mosso Federico Carboni, primo paziente ad accedere legalmente alla procedura in Italia, e poi "Antonio" e Fabio Ridolfi, che però all'attesa estenuante e insopportabile ha preferito la sedazione profonda. "Sono contento che questo diritto mi sia stato riconosciuto e spero possa in parte servire per altre eventuali persone che ne faranno richiesta", aggiunge Gheller, che utilizza un respiratore con mascherina 24 ore al giorno. "La mia Aulss devo dire è stata veloce rispetto ad altri casi a darmi risposta, e sosterrà tutte le spese per quando deciderò di farlo. Sul quando - sottolinea il 49enne - dipenderà da due fattori. Il primo, ovviamente, sul decorso della mia malattia e cosa ancora mi toglierà più di quanto mi ha già tolto finora, poi dipenderà da quanto lo Stato Italiano e la Regione Veneto mi aiuterà economicamente a fare una vita dignitosa, potendo pagare una assistenza adeguata ai miei bisogni; perché doversi alzare ogni mattina e affrontare la giornata è già dura così, ma dover oltre - al peso della malattia - pensare a come pagare l'assistenza adeguata e non solo diventa un ulteriore peso continuo che consuma le poche forze che uno ha". "Ovviamente quando deciderò di mettere fine alla mia vita ve lo dirò, mi scuso se ultimamente non ho interagito molto con voi ma non sono stato bene sia fisicamente che mentalmente, vi voglio bene e vi ringrazio tutti voi che mi state sempre vicino", conclude Stefano. Da 34 anni l'uomo vive su una sedia a rotelle a causa della distrofia muscolare e sui social racconta che all'incontro con il direttore sanitario della Aulss 7 Pedemontana "c'era anche suo zio Paolo, fratello di sua mamma, con sua zia Rosanna". "Mia sorella l'avevo inviata ma non poteva venire, poi mi ha detto che non è venuta - rivela - perché sarebbe stata male, e l'avevo immaginato". Un piccolo grande passo in avanti però è stato compiuto, perché anche chi ha subito la vita più che viverla possa trovarvi uno sprazzo di serenità e di gioia, anche nel suo ultimo atto.
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