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Home » Attualità » De Giorgi, Strasburgo condanna l’Italia: “Non mi ha difesa, la mia vita è stata stravolta”

De Giorgi, Strasburgo condanna l’Italia: “Non mi ha difesa, la mia vita è stata stravolta”

Quarantaquattro anni, Silvia aveva denunciato il marito 7 volte in 4 anni per maltrattamenti: "Sono una sopravvissuta"

Letizia Cini
17 Giugno 2022
Silvia De Giorgi, 44 anni (foto tratta dal suo profilo Instagram)

Silvia De Giorgi, 44 anni (foto tratta dal suo profilo Instagram)

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La Corte europea dei diritti dell’uomo lo ha chiamato l’affaire De Giorgi: 27 pagine di istruttoria e quattro di sentenza. Così il tribunale di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto una donna padovana che aveva più volte denunciato l’ex marito che era stato violento con lei e con i suoi tre figli. “Violazione dell’articolo 3 della convenzione dei diritti umani“, ovvero quello che punisce i paesi che applicano la tortura e trattamenti disumani e degradanti: così lo Stato italiano dovrà risarcire Silvia De Giorgi, 44 anni, con 10mila euro, più le spese legali.

Il fatto

Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram
Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram

Per la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo le autorità italiane “non hanno fatto il necessario per proteggere l’ennesima donna vittima di violenze domestiche nonostante le ripetute denunce“. Questo l’epilogo della storia giudiziaria di Silvia De Giorgi scritto oggi dai giudici europei. Il 20 novembre del 2015 l’ex marito l’aggredisce prendendola per il collo, la minaccia di morte e la colpisce con un casco per moto causandole ferite guaribili in 8 giorni. Lei, Silvia De Giorgi, va dai Carabinieri e sporge denuncia. Non è la prima volta e non sarà l’ultima, perché il suo ex continua a minacciarla e seguirla, s’introduce in casa per rubarle vestiti e altri oggetti e installare apparecchi per spiarla, è aggressivo con i 3 figli, e inoltre non paga gli alimenti. Ma quando la donna nel marzo del 2016 si rivolge al tribunale civile di Padova per chiedere di essere protetta, con tanto di rapporto dei Carabinieri, la risposta è no. Secondo il tribunale i comportamenti dell’uomo, da cui è separata dal 2013, “non appaiono essere molestie, ma sono piuttosto l’espressione di un livello elevato di conflitto, tipico di certe separazioni, che è stato superato esclusivamente il 20 novembre del 2015.

Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram
Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram

Diametralmente opposta la valutazione della Corte europea dei diritti umani che ha giudicati talmente gravi i comportamenti dell’ex marito di Silvia da condannare l’Italia per trattamenti inumani e degradanti, dovuti in particolare all’inazione della magistratura. Silvia, che vive a Cervarese Santa Croce, un comune in provincia di Padova, si era rivolta alla Corte di Strasburgo nell’aprile del 2019 affermando che le autorità, per inerzia e indifferenza, non hanno protetto lei e i figli dalla violenza dell’ex marito né impedito che continuasse

. E nel ricorso aveva evidenziato anche che la prima udienza per i fatti del 20 novembre 2015 si era tenuta il 13 aprile del 2021 e che il reato cadrà in prescrizione l’anno prossimo. Dal canto suo il governo si è difeso affermando che le autorità “non sapevano e non potevano sapere che Silvia e i suoi figli erano in pericolo“, e che la donna, nonostante le sette denunce presentate, »non ha mai dimostrato di essere vittima di abusi e violenza domestica o che viveva temendo di essere aggredita“. Ma la Corte di Strasburgo ha stabilito oggi che i procuratori non hanno mai valutato i rischi che correvano la donna e i figli, e “con la loro inazione hanno creato un contesto d’impunità“ per l’ex marito. Inoltre, ha giudicato grave il fatto che non sia mai stata aperta un’inchiesta sui maltrattamenti che il padre avrebbe inflitto ai figli. “Siamo pienamente soddisfatti con la sentenza”, ha commentato Marcello Stellin, l’avvocato di Silvia, mentre Cecilia D’Elia, deputata del Pd e portavoce nazionale della Conferenza delle donne democratiche ha sottolineato che questa condanna deve “essere uno stimolo per cambiare“. La Corte ha anche stabilito che la vittima ha diritto a un risarcimento di 10 mila euro per danni morali.

Chi è Silvia De Giorgi

Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram
Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram

Quarantaquattro anni, interior designer di origini leccesi, Silvia De Giorgi ha vissuto in provincia di Padova per quasi trent’anni. Tra il 2015 e il 2019 ha denunciato il marito 7 volte per averla minacciata di morte, colpita con un casco, averle messo telecamere in casa, perseguitata, seguita, molestata, per non aver pagato gli alimenti e aver maltrattato i tre figli.
I giudici di Strasburgo chiamano in causa l’inazione dei magistrati e per questo ora lo Stato italiano dovrà risarcire: 10mila euro per danni morali. Nonostante i rapporti dei carabinieri e dell’ospedale, segnalano i giudici di Strasburgo nella loro sentenza, i magistrati incaricati di valutare il caso non hanno preso alcuna iniziativa per rispondere alle denunce. “La loro inazione ha creato una situazione di impunità per l’ex marito”, stabilisce la Corte di Strasburgo. In un momento storico in cui proliferano femminicidi e violenze di genere, questo caso non può non imporre una riflessione.
“Nessuno è intervenuto per salvaguardarmi e oggi io dico: sono una sopravvissuta – racconta Silvia De Giorgi a La Repubblica – . Se non ci fosse stata la volontà del mio legale Marcello Stellin di rivolgersi alla Corte, tutto sarebbe finito nel dimenticatoio. Sono viva, questa è la differenza tra me e le altre.

Dalla rabbia alla rassegnazione

“Prima mi sono sentita arrabbiata, poi disperata, infine me ne sono fatta una ragione – prosegue il racconto della donna a La Repubblica – . Ho pensato che non avrei mai avuto giustizia e oggi non ho giustizia. La Corte dice: la Procura ha lavorato male, ma nessuno ha condannato l’uomo che mi ha reso la vita un inferno. La mia esistenza è stata stravolta. Per anni ho dovuto vedere i miei figli un’ora al giorno, per lavorare e mantenerli tutti e tre. Non dormivo, avevo paura che lui arrivasse e ci facesse del male. Oggi vivo a Milano, ho un compagno nuovo ma non tornerei a Padova per nessun motivo al mondo. Ho ancora troppa paura”.

Il post di Silvia De Giorgi su Instagram

Ti racconto una storia , fatta di costruzione e ricostruzione .
Lo sai cos’è una famiglia ricostruita ?
E’ qualcosa di incredibilmente prezioso .
E’ un viaggio in barca a vela, attraverso mari calmi e poco dopo onde altissime .
E’ un viaggio che arriva dopo aver affrontato il maremoto senza perdere la voglia di viaggiare .
E’ un dono inestimabile, che regala a ognuno dei membri della ricostruzione la possibilità di avere ciò che si è’ sempre sognato .

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  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
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Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram
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Chi è Silvia De Giorgi

Silvia De Giorgi (44 anni) in una foto tratta dal suo profilo Instagram
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Dalla rabbia alla rassegnazione

“Prima mi sono sentita arrabbiata, poi disperata, infine me ne sono fatta una ragione - prosegue il racconto della donna a La Repubblica - . Ho pensato che non avrei mai avuto giustizia e oggi non ho giustizia. La Corte dice: la Procura ha lavorato male, ma nessuno ha condannato l’uomo che mi ha reso la vita un inferno. La mia esistenza è stata stravolta. Per anni ho dovuto vedere i miei figli un’ora al giorno, per lavorare e mantenerli tutti e tre. Non dormivo, avevo paura che lui arrivasse e ci facesse del male. Oggi vivo a Milano, ho un compagno nuovo ma non tornerei a Padova per nessun motivo al mondo. Ho ancora troppa paura”.

Il post di Silvia De Giorgi su Instagram

Ti racconto una storia , fatta di costruzione e ricostruzione . Lo sai cos’è una famiglia ricostruita ? E’ qualcosa di incredibilmente prezioso . E’ un viaggio in barca a vela, attraverso mari calmi e poco dopo onde altissime . E’ un viaggio che arriva dopo aver affrontato il maremoto senza perdere la voglia di viaggiare . E’ un dono inestimabile, che regala a ognuno dei membri della ricostruzione la possibilità di avere ciò che si è’ sempre sognato .
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