Film-terapia contro lo stress da lavoro: i quattro titoli (più uno) che aiutano a ritrovare equilibrio mentale

Virginio De Maio, autore di "Filmatrix Infinity", spiega come il cinema può diventare un alleato per la salute mentale sul posto di lavoro suggerendo anche quattro film e una serie tv adatti allo scopo

di CATERINA CECCUTI
1 maggio 2025
Jeremy Allen White in una scena di The Bear

Jeremy Allen White in una scena di The Bear

Maggio, mese della Festa dei Lavoratori. Pensando a loro e alla salute mentale che, in certi casi, può essere messa a dura prova proprio dagli ambienti in cui trascorriamo buona parte della nostra giornata, la Salary Guide 2025 di HAYS Italia ha evidenziato come ben il 93% dei professionisti consideri il benessere psicologico una priorità. Eppure solo il 9% degli italiani afferma di sentirsi davvero bene nel proprio impiego. Ma allora come possiamo prenderci cura della nostra salute mentale, se il luogo in cui lavoriamo diventa spesso fonte di stress?

Virginio De Maio
Virginio De Maio

A dare una risposta interessante è Virginio De Maio, docente, esperto di cinema e autore del nuovo libro "Filmatrix Infinity", edito da Trigono Edizioni. E lo fa con una proposta molto semplice: guardare un buon film. Non una fuga dalla realtà, attenzione, piuttosto un ritorno a se stessi attraverso la narrazione cinematografica: "Quando guardiamo un film, qualcosa dentro di noi si muove. Entriamo in empatia con i personaggi, ci riconosciamo nei loro problemi, nelle loro scelte, nei loro fallimenti. Ma lo facciamo in un ambiente sicuro, protetto. È lì che la trasformazione comincia”.

Le onde cerebrali rallentano

Secondo gli studi citati nel volume, la visione di un film provoca nel cervello umano un rallentamento delle onde cerebrali, simile a quello osservato nei monaci buddhisti durante la meditazione. “È come se il nostro cervello – aggiunge l’autore – si mettesse in modalità “guarigione”. L’ego si fa da parte, e finalmente possiamo ascoltare ciò che proviamo senza esserne travolti”. Il film non è solo intrattenimento, dunque, ma uno strumento terapeutico in grado di far emergere paure, blocchi emotivi e disagi legati al lavoro, per poi trasformarli. “Quando ci immedesimiamo in una scena che ricorda il nostro ufficio, un capo aggressivo o una crisi professionale – spiega – il nostro sistema emotivo reagisce. Ma in modo più controllato. Da lì, possiamo iniziare a sciogliere lo stress, riconoscere le cause del malessere e avviare un vero percorso di crescita”. 

Quattro film e una serie Tv 

Sono cinque i film (e una serie TV) che De Maio giudica perfetti per affrontare lo stress lavoro-correlato. Scopriamo uno per uno i titoli che sembrano avere il potere di consolare, smuovere, ispirare e curare:

1) Il diavolo veste Prada (2006, regia di David Frankel)

Ann Hathaway, Meryl Streep ed Emily Blunt ne "Il Diavolo veste Prada"
Ann Hathaway, Meryl Streep ed Emily Blunt ne "Il Diavolo veste Prada"

È uno dei ritratti più incisivi dello stress causato da ambienti di lavoro ipercompetitivi e relazioni professionali sbilanciate. La protagonista si confronta con un mondo in cui l’eccellenza ha un prezzo altissimo: il sacrificio della propria identità e dei legami affettivi. Un film che è molto di più di una commedia sulla moda: è uno specchio delle ambizioni che ci spingono a dare il massimo, anche a costo di perdere noi stessi. Con realismo e ironia il film racconta il momento in cui ci si accorge che “farcela” non dovrebbe significare dimenticare chi siamo. Una storia che ci invita a riflettere sul sottile confine tra realizzazione personale e alienazione, e sul coraggio di dire “no” senza rinunciare al proprio valore.

2) Affare Fatto (2015, regia di Ken Scott) Offre uno sguardo ironico ma profondo sulle pressioni legate al successo e alla performance. Il protagonista si muove in un mondo in cui il valore personale sembra dipendere esclusivamente dai risultati economici, generando un senso di inadeguatezza e frustrazione. Perché guardarlo? Perché permette di riflettere su quanto spesso, per raggiungere un obiettivo, si finisca per perdere il senso del proprio percorso. Il film apre alla possibilità di interrogarsi su ciò che davvero conta, e su come recuperare la leggerezza e l’autenticità anche in ambito professionale.

3) Paterson (2016, regia di Jim Jarmusch) Delicato e contemplativo, il film mette in scena la bellezza nascosta nella quotidianità. Il protagonista, un autista di autobus con l’anima da poeta, vive immerso in una routine scandita da piccoli gesti e silenzi significativi. In un’epoca dominata dalla frenesia e dall’ansia da prestazione, Paterson diventa uno specchio silenzioso in cui osservare quanto il lavoro possa assorbire energie vitali e al tempo stesso offrire, se vissuto con presenza, occasioni di ascolto profondo. Attraverso una narrazione essenziale e priva di clamore, il film aiuta a riconnettersi con il ritmo naturale delle cose, suggerendo che anche nei mestieri più ordinari esiste una via di espressione interiore e di bellezza.

4) The Bear (2022–in corso, serie creata da Christopher Storer) Racconta in modo crudo e autentico il carico emotivo e psicologico che può gravare su chi lavora in ambienti ad alta intensità, come una cucina professionale. Tra tensioni relazionali, traumi familiari e continue emergenze, prende forma la vera natura dello stress lavoro-correlato. Ma ciò che colpisce è il percorso interiore dei personaggi, che pur tra le difficoltà imparano a trasformare il dolore, a riconoscere le proprie fragilità e a cercare nuove modalità di relazione con sé e con gli altri. Gli episodi sono un racconto intenso su quanto sia urgente, nel lavoro come nella vita, trovare spazi di consapevolezza e cura.

5) Perfect Days (2023, regia di Wim Wenders) Un film di una semplicità disarmante, che mostra come anche nella ripetitività delle mansioni più umili possa esistere una forma di pienezza e gratitudine. Viviamo giorni in cui la produttività è diventata un’ossessione, ma questa storia ricorda che il vero benessere nasce spesso dal rallentare e dal ritrovare un ritmo più umano, ed è un invito a uscire dalla logica del fare compulsivo per riscoprire il valore dell’essere presenti.

"Questi film non ci danno risposte preconfezionate – precisa De Maio – ma ci mettono davanti a domande importanti: cosa conta davvero? Dove ho smarrito me stesso? Cosa posso lasciar andare?”. Il cinema, in questo senso, diventa una seduta sul divano di casa che fa bene quanto una terapia, purché si scelga di guardare con il cuore aperto.