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Home » Attualità » Afghanistan, i talebani uccidono uno studente gay e inviano il video alla famiglia

Afghanistan, i talebani uccidono uno studente gay e inviano il video alla famiglia

Hamed Sabouri sognava di diventare un medico. L'ex fidanzato: "Era una persona molto gentile" che è stata "brutalmente uccisa a causa della sua omosessualità"

Camilla Prato
18 Ottobre 2022
Hamed-Sabouri

Hamed Sabouri, studente di 22 anni ucciso dai talebani

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Non solo lo hanno ucciso, ma per farsi forti della loro violenza, della loro crudeltà per intimorire la cittadinanza già provata, hanno inviato il video dell’orribile omicidio alla famiglia dell’uomo. Hamed Sabouri, studente di 22 anni, è l’ennesima vittima della cultura tradizionalista in Afghanistan: ammazzato dai talebani perché gay. Gli attivisti dell’associazione Behesht Collective hanno raccontato a Pink News che estremisti talebani hanno rapito il ragazzo a Kabul, lo hanno filmato mentre gli sparavano alla nuca e hanno poi inviato il nastro dell’omicidio alla madre di Sabouri. Il rapimento e l’esecuzione sono avvenuti ad agosto, ma la notizia è diventata pubblica solo questa settimana, dopo che il suo ex fidanzato ha informato i media.

Most of the victims are Afghan LGBT, but not the least attention is paid to us, we are human beings and we have the right to live. Hamed Sabouri was killed again,but he is not the only victim in the community,We have sacrificed thousands of Hamed Sabouris,we’re in dangerous land pic.twitter.com/UJ6fPna0sm

— Elham sawiz (@ElhamSawiz) October 16, 2022

Giorni dopo l’esecuzione gli estremisti hanno inviato l’inquietante video, in cui si vedrebbe il giovane ucciso con un colpo alla testa, a parenti e agli amici di Sabouri, che a loro volta lo hanno inoltrato al gruppo Lgbtq+ afghano Roshaniya. In una dichiarazione il direttore esecutivo Nemat Sadat ha affermato: “Hamed Sabouri era un uomo gay con grandi sogni che ora sono stati infranti“. Secondo quanto riportato il 22enne aveva “sopportato per tutta la vita la discriminazione per il fatto di essere gay e la sua vita si è interrotta bruscamente senza che nessuno lo aiutasse”. Il filmato, ha detto Sadat, mostra “la spietata brutalità dei Talebani contro le persone LGBT+ in Afghanistan”.

“La vita è un inferno per ogni afghano Lgbt”, ha dichiarato Bahar (nome di fantasia usato per proteggere la sua identità) giovane gay afghano che aveva una relazione con Sabouri, aggiungendo che “i terroristi talebani sono peggio degli animali selvatici“. Lui è tra i destinatari del tremendo filmato: “Credo che i Talebani abbiano voluto inviare un messaggio pericoloso alla sua famiglia”, ha dichiarato a Insider. Bahar ha descritto il suo ex ragazzo come una “persona molto gentile” che è stata “brutalmente uccisa” a causa del suo orientamento sessuale. Ha raccontato che Hamed sognava di diventare un medico prima che i Talebani riprendessero il potere l’anno scorso, dopo l’improvvisa partenza delle truppe statunitensi e della coalizione occidentale dal Paese. Da allora, gli studenti coranici hanno iniziato una serie di campagne mirate, torturando e uccidendo chiunque fosse sospettato di essere Lgbtq+, instaurando un clima di paura e terrore. Una volta che venuto a conoscenza dell’esecuzione ha detto di aver immediatamente cancellato ogni prova della loro relazione, compreso il numero di telefono e foto che li ritraevano insieme, perché i Talebani sono soliti sequestrare i cellulari di uomini sospettati di omosessualità, andando anche a cercare profili di sospettati sui social media.

vittima gay talebani
Sabouri, 22 anni gay, è stato ucciso dai talebani con un colpo di pistola alla nuca, dopo essere stato rapito. Gli estremisti hanno poi inviato un video dell’esecuzione alla famiglia e al compagno del ragazzo, come avvertimento

I precedenti, ma “Il peggio deve ancora venire”

In una dichiarazione a Insider, gli attivisti di Behesht Collective sostengono che: “I Talebani non hanno ucciso solo Hamed Sabouri. Hanno seppellito le aspirazioni di 1.250 persone LGBTQ+ afghane che fanno parte del Collettivo e delle centinaia di migliaia di persone LGBTQ+ al di fuori della nostra rete, che rimangono intrappolate nel Paese”. “Se il mondo non ci aiuta, saremo tutti eliminati come Hamed. Per favore, aiutateci ad uscire da questo inferno”, concludono. In un rapporto del gennaio 2022 di Human Rights Watch e OutRight Action International, gli afghani LGBTQ hanno descritto la fuga dalle loro case, l’aggressione da parte dei familiari e lo stupro di gruppo da parte di membri dei Talebani.
L’anno scorso Gabir (pseudonimo per celarne l’identità), un altro ragazzo gay, ha raccontato che il suo ragazzo era stato catturato dai talebani e che dopo la sua esecuzione questi gli hanno rispedito le parti del suo corpo smembrato come avvertimento. Ancora, un altro uomo che non vuole rivelare né il nome né la sua provenienza per evitare di essere catturato, dichiara di essere stato sottoposto a bruciature e torture da parte dei fondamentalisti. “Vergognati, è arrivato il momento di finire le persone come te” si è sentito dire invece all’inizio di quest’anno una persona gay non binaria, che ha anche ammesso di essersi sentita “molto sola” dopo che i talebani l’hanno torturata e pugnalata 18 volte. Purtroppo infatti, a causa di questa vera e propria campagna anti-Lgbtq+, molte persone sono disposte a rinnegare persino i loro rapporti di parentela o amicizia con i sospettati. Ma quello che spaventa di più sono le parole di Sadat, convinto che il peggio debba ancora venire: “La morte di Hamed Sabouri è un’ulteriore prova che i Talebani non si fermeranno finché non avranno sradicato tutti i gay dall’Afghanistan”.

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Non solo lo hanno ucciso, ma per farsi forti della loro violenza, della loro crudeltà per intimorire la cittadinanza già provata, hanno inviato il video dell'orribile omicidio alla famiglia dell'uomo. Hamed Sabouri, studente di 22 anni, è l'ennesima vittima della cultura tradizionalista in Afghanistan: ammazzato dai talebani perché gay. Gli attivisti dell'associazione Behesht Collective hanno raccontato a Pink News che estremisti talebani hanno rapito il ragazzo a Kabul, lo hanno filmato mentre gli sparavano alla nuca e hanno poi inviato il nastro dell'omicidio alla madre di Sabouri. Il rapimento e l'esecuzione sono avvenuti ad agosto, ma la notizia è diventata pubblica solo questa settimana, dopo che il suo ex fidanzato ha informato i media.

Most of the victims are Afghan LGBT, but not the least attention is paid to us, we are human beings and we have the right to live. Hamed Sabouri was killed again,but he is not the only victim in the community,We have sacrificed thousands of Hamed Sabouris,we’re in dangerous land pic.twitter.com/UJ6fPna0sm

— Elham sawiz (@ElhamSawiz) October 16, 2022
Giorni dopo l'esecuzione gli estremisti hanno inviato l'inquietante video, in cui si vedrebbe il giovane ucciso con un colpo alla testa, a parenti e agli amici di Sabouri, che a loro volta lo hanno inoltrato al gruppo Lgbtq+ afghano Roshaniya. In una dichiarazione il direttore esecutivo Nemat Sadat ha affermato: "Hamed Sabouri era un uomo gay con grandi sogni che ora sono stati infranti". Secondo quanto riportato il 22enne aveva "sopportato per tutta la vita la discriminazione per il fatto di essere gay e la sua vita si è interrotta bruscamente senza che nessuno lo aiutasse". Il filmato, ha detto Sadat, mostra "la spietata brutalità dei Talebani contro le persone LGBT+ in Afghanistan". "La vita è un inferno per ogni afghano Lgbt", ha dichiarato Bahar (nome di fantasia usato per proteggere la sua identità) giovane gay afghano che aveva una relazione con Sabouri, aggiungendo che "i terroristi talebani sono peggio degli animali selvatici". Lui è tra i destinatari del tremendo filmato: "Credo che i Talebani abbiano voluto inviare un messaggio pericoloso alla sua famiglia", ha dichiarato a Insider. Bahar ha descritto il suo ex ragazzo come una "persona molto gentile" che è stata "brutalmente uccisa" a causa del suo orientamento sessuale. Ha raccontato che Hamed sognava di diventare un medico prima che i Talebani riprendessero il potere l'anno scorso, dopo l'improvvisa partenza delle truppe statunitensi e della coalizione occidentale dal Paese. Da allora, gli studenti coranici hanno iniziato una serie di campagne mirate, torturando e uccidendo chiunque fosse sospettato di essere Lgbtq+, instaurando un clima di paura e terrore. Una volta che venuto a conoscenza dell'esecuzione ha detto di aver immediatamente cancellato ogni prova della loro relazione, compreso il numero di telefono e foto che li ritraevano insieme, perché i Talebani sono soliti sequestrare i cellulari di uomini sospettati di omosessualità, andando anche a cercare profili di sospettati sui social media.
vittima gay talebani
Sabouri, 22 anni gay, è stato ucciso dai talebani con un colpo di pistola alla nuca, dopo essere stato rapito. Gli estremisti hanno poi inviato un video dell'esecuzione alla famiglia e al compagno del ragazzo, come avvertimento

I precedenti, ma "Il peggio deve ancora venire"

In una dichiarazione a Insider, gli attivisti di Behesht Collective sostengono che: "I Talebani non hanno ucciso solo Hamed Sabouri. Hanno seppellito le aspirazioni di 1.250 persone LGBTQ+ afghane che fanno parte del Collettivo e delle centinaia di migliaia di persone LGBTQ+ al di fuori della nostra rete, che rimangono intrappolate nel Paese". "Se il mondo non ci aiuta, saremo tutti eliminati come Hamed. Per favore, aiutateci ad uscire da questo inferno", concludono. In un rapporto del gennaio 2022 di Human Rights Watch e OutRight Action International, gli afghani LGBTQ hanno descritto la fuga dalle loro case, l'aggressione da parte dei familiari e lo stupro di gruppo da parte di membri dei Talebani. L'anno scorso Gabir (pseudonimo per celarne l'identità), un altro ragazzo gay, ha raccontato che il suo ragazzo era stato catturato dai talebani e che dopo la sua esecuzione questi gli hanno rispedito le parti del suo corpo smembrato come avvertimento. Ancora, un altro uomo che non vuole rivelare né il nome né la sua provenienza per evitare di essere catturato, dichiara di essere stato sottoposto a bruciature e torture da parte dei fondamentalisti. "Vergognati, è arrivato il momento di finire le persone come te" si è sentito dire invece all'inizio di quest'anno una persona gay non binaria, che ha anche ammesso di essersi sentita "molto sola" dopo che i talebani l'hanno torturata e pugnalata 18 volte. Purtroppo infatti, a causa di questa vera e propria campagna anti-Lgbtq+, molte persone sono disposte a rinnegare persino i loro rapporti di parentela o amicizia con i sospettati. Ma quello che spaventa di più sono le parole di Sadat, convinto che il peggio debba ancora venire: "La morte di Hamed Sabouri è un'ulteriore prova che i Talebani non si fermeranno finché non avranno sradicato tutti i gay dall'Afghanistan".  
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