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Tacchi a spillo e stereotipi. Un’unica arma: il rispetto. "Cambiando il modo di parlare cambiamo la società"

di PIERO FACHIN -
25 novembre 2021
tacchi-a-spillo-e-stereotipi

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Stiamo imparando. Meglio: dobbiamo ancora imparare un sacco di cose, ma è fuori di dubbio che ci stiamo provando. Per questo stiamo cambiando anche il modo di parlare, di scrivere, ma anche quello di fare un filmato o di scattare una fotografia. E non è solo questione di scegliere tra una a oppure una o, non è solo perché sempre più spesso a quella del sindaco affianchiamo l'opinione della sindaca, al direttore di quell'azienda contrapponiamo, nel dibattito sul futuro economico del nostro Paese, le considerazioni della direttrice di un’altra impresa (quando la troviamo, e ancora non è facile). No, non è solo questo. In realtà il nostro linguaggio si sta facendo giorno dopo giorno più rispettoso. Alcuni direbbero più rispettoso delle questioni di genere. Noi, semplicemente, cerchiamo di essere più rispettosi delle persone che incontriamo e che raccontiamo, oltre che di quelle che ci leggono e che non vogliono più saperne dei soliti clichè e che, quando scivoliamo (perché scivoliamo ancora, nessuno lo nega), ci tirano giustamente le orecchie. Intanto però da noi non ci sono più i "ladri stranieri", gli "spacciatori di colore”, gli extracomunitari e i clandestini. Venti, trent’anni fa le redazioni erano un posto dove spesso trionfava lo stereotipo. Di conseguenza gli stessi stereotipi li trovavi poi sulle pagine dei giornali. Abbiamo dovuto aspettare il 2015 perché l’Ordine nazionale dei giornalisti mettesse a punto "Tutt’altro genere di informazione", il primo manuale pratico per aiutare tutti, e soprattutto noi, a guardare oltre i luoghi comuni. Quei luoghi comuni per i quali lei, se potente moglie del politico, altro non poteva essere se non una macchia di colore, una silente accompagnatrice, l’elemento d’arredamento di una scenografia pensata e studiata per esaltare lui. Quel luogo comune che, se devo illustrare con una foto un tradimento, mi porta inevitabilmente a mettere in pagina o on line un tacco a spillo, una ragazza pensierosa davanti al pc e mai - proprio mai - un uomo impegnato a consultare la sua agenda, o a telefonare compulsivamente a tutte le sue antiche e ormai lontanissime amiche. Ora la situazione sta cambiando. E cerchiamo, giorno dopo giorno, di scegliere le immagini e le parole giuste, senza strapazzare la grammatica. Del resto, se è vero che la lingua è lo specchio della società in cui si è sviluppata, è altrettanto vero che, cambiando la lingua, modificandone il registro, rendendola più delicata, attenta e, perché no?, gentile, contribuiamo a cambiare per davvero e in modo duraturo la nostra società, che diventa più delicata, più attenta, perfino più gentile. Una femminista come Alma Sabatini individuò il problema più di 40 anni fa: la lingua italiana era sessista come la società che l’aveva prodotta, ed era proprio dalla lingua che si poteva partire per modificare concretamente le cose.