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Home » Attualità » Tesla denunciata per razzismo: “L’azienda di Elon Musk discrimina gli afroamericani in California”

Tesla denunciata per razzismo: “L’azienda di Elon Musk discrimina gli afroamericani in California”

Il Dipartimento californiano per l'occupazione accusa la società di discriminazioni razziali e molestie. Tesla si difende, ma spuntano alcune prove

Domenico Guarino
14 Febbraio 2022
Elon Musk

Elon Musk

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Un’azienda all’avanguardia nell’immaginare e produrre il “futuro” o un covo di discriminazioni razziali e molestie? Oppure entrambe le cose, nonostante tutto? Di certo c’è che sulla Tesla, azienda statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche, pannelli fotovoltaici e sistemi di stoccaggio energetico, il cielo si è recentemente fatto sempre più cupo, nonostante i viaggi intergalattici progettati dal vulcanico e roboante ceo Elon Musk.

Le accuse: “Afroamericani soggetti a insulti razziali e discriminazioni”

L’accusa è di quelle che pesano soprattutto sulle società (e sui mercati) anglosassoni, a partire dagli Stati Uniti: il dipartimento per l’occupazione e l’alloggio equo della California, che applica le leggi statali sui diritti civili, dopo aver ricevuto “centinaia di denunce”, ha infatti deciso di citare in giudizio la compagnia guidata e fondata da Musk, presso la Corte superiore della contea di Alameda, per razzismo verso le persone di colore nell’azienda. Kevin Kish, capo del Dipartimento, in una dichiarazione riportata al Wall Street Journal e da Bloomberg, ha affermato di aver “trovato prove che la fabbrica di Fremont di Tesla è un luogo di lavoro segregato razzialmente in cui i lavoratori afroamericani sono soggetti a insulti razziali e discriminazioni per incarichi di lavoro, disciplina, retribuzione e promozione, che creano un ambiente di lavoro ostile” .

“Insulti, epiteti razzisti e scritte discriminatorie nella fabbrica in California”

Insomma, mentre Musk lavora con la NASA per costruire il “moon lander“, la navicella per la prossima missione degli Stati Uniti sulla luna, e mira ad organizzare delle vacanze galattiche in attesa di sbarcare su Marte, la sua creatura principe sarebbe tutt’altro che all’avanguardia per quanto riguarda l’inclusione dei dipendenti di colore nella fabbrica situata nell’area della baia di San Francisco. Tra le accuse, insulti con epiteti razzisti da parte di persone di gradi superiori (“dalle 50 alle 100 volte al giorno”), scritte discriminatorie sui muri dei bagni, sui tavoli della mensa aziendale, sugli armadietti, e in un reparto comunemente definito in azienda come ‘la piantagione’, chiamato così proprio perché al suo interno si conta un elevato numero di addetti afroamericani. I dipendenti si sarebbero trovati nell’ “inutilità di lamentarsi” a fronte di  “condizioni di lavoro così intollerabili” da spingere perfino alcuni degli individui presi di mira a dare le dimissioni, intimoriti anche dal “rischio di un alterco fisico” con i propri molestatori.

Tesla si difende: “Accuse fuorvianti”

I dettagli della causa, depositata presso la Corte superiore della contea di Alameda, devono ancora essere resi noti, ma in un post sul blog prima del deposito della causa, Tesla ha definito le accuse fuorvianti e ha affermato che l’agenzia “non ha mai sollevato alcuna preoccupazione” sulle sue pratiche sul posto di lavoro dopo un’indagine di tre anni. “Attaccare un’azienda come Tesla che ha fatto così tanto bene alla California non dovrebbe essere l’obiettivo principale di un’agenzia statale con autorità giudiziaria”, afferma il blog.

Ma spuntano le prove contro Tesla

C’è da dire che lo scorso ottobre, un tribunale di San Francisco ha riconosciuto quasi 137 milioni di dollari a un lavoratore afroamericano a contratto che ha affermato di aver affrontato “epiteti razzisti quotidiani”, inclusa la “parola N”, nello stabilimento nel 2015 e nel 2016, prima di licenziarsi. Owen Diaz ha raccontato che i dipendenti disegnavano svastiche e graffiti razzisti intorno allo stabilimento e che i supervisori non sono riusciti a fermare gli abusi.

Tesla ha impugnato quel verdetto e sta facendo appello. Ma negli ultimi anni, l’azienda è stata toccata da numerose accuse da parte di ex lavoratori di molestie sessuali e discriminazione razziale. Secondo quanto riporta la stampa statunitense, c’è poi il sospetto che molti dipendenti, soprattutto quelli a tempo indeterminato,  non si rivolgano ai tribunali perché Tesla richiede loro di accettare l’arbitrato privato delle controversie relative al lavoro.

In palio, oltre agli eventuali risarcimenti milionari, c’è la reputazione dell’azienda e di Musk in particolare che, proprio sulla reputazione ha costruito in gran parte il proprio impero, dalla strada allo spazio. Con il rischio che l’effetto boomerang lo trascini a ritroso, in un cammino altrettanto fulmineo ma ben meno edificante, fino ad  una caduta fragorosa.

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La turista americana è arrivata nell’arcipelago nel Mediterraneo incinta di 16 settimane: ora rischia la vita a causa di un aborto spontaneo, al quale i medici del policlinico Mater Dei non possono porre fine perché il cuore del feto batte ancora. 

La donna rischia la setticemia, infezione dovuta al distaccamento della placenta, ma a Malta, unico Paese dell’Unione Europea in cui l’aborto è vietato in ogni caso, i medici rischiano quattro anni di prigione se interrompono la vita del feto, anche se le acque si sono rotte e a detta degli stessi medici «non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza» del bambino.

Il partner della donna, Jay Weeldreyer, ha affermato che la donna «è tenuta in ostaggio in ospedale da una settimana». Costretti a sperare nella morte del feto, Jay ha lanciato un appello affinché almeno la moglie possa essere salvata, denunciando di non aver ricevuto neppure il permesso per il trasferimento in una nazione dove l’aborto è legale. 

«La bambina non vivrà, non si può fare nulla per cambiare l’esito. La volevamo, la vorremmo ancora, la amiamo, vorremmo che sopravvivesse, ma non sarà così, e non solo stiamo perdendo nostra figlia, ma così l’ospedale mette a rischio anche la vita di Andrea». 

La vicenda è stata resa nota dalla Ong “Doctors for Choice”, che teme si ripeta una tragedia come quella di Savita Halappanavar, morta nel 2012 a 31 anni in Irlanda dove le venne negato l’aborto medico dopo un inizio di aborto spontaneo. «Spero che riusciremo a ricevere qualche forma di grazia da Malta e che ci lasci partire. Anche presumendo che non ce la faccia, preferiremmo sperare che Andrea possa sopravvivere al volo» ha concluso Weeldreyer.

#lucenews #lucelanazione #abortion #girlsjustwannahaverights #womenrights #malta #andreaprudente
  • Momento storico per quanto riguarda i diritti della comunità Lgbtqia+ e, più in generale dello sport: la Federcalcio tedesca ha approvato un nuovo regolamento che consentirà alle persone transgender, intersessuali e non binarie di scegliere in autonomia se far parte di squadre femminili o maschili. 

Il regolamento entrerà in vigore nella stagione 2022/2023 ed è stato incorporato nel regolamento di gioco DFB (Federazione calcistica tedesca), nel regolamento giovanile DFB e nel regolamento futsal DFB per il calcio amatoriale. 

«Il calcio - spiega Thomas Hitzlsperger, ambasciatore per la diversità di DFB - è sinonimo di diversità e anche la DFB si impegna in tal senso, creando importanti norme per consentire ai giocatori di diverse identità di genere di giocare.»

In sostanza, il regolamento prevede che i giocatori con la voce di stato civile "diverso" o "non specificati" potranno decidere da soli se essere idonei a giocare per una squadra femminile o maschile.

I giocatori transgender possono cambiare o rimanere nella squadra in cui hanno giocato in precedenza. 

#lucenews #lucelanazione #germania #dfb #transright #lgbtq
Un’azienda all’avanguardia nell’immaginare e produrre il “futuro” o un covo di discriminazioni razziali e molestie? Oppure entrambe le cose, nonostante tutto? Di certo c’è che sulla Tesla, azienda statunitense specializzata nella produzione di auto elettriche, pannelli fotovoltaici e sistemi di stoccaggio energetico, il cielo si è recentemente fatto sempre più cupo, nonostante i viaggi intergalattici progettati dal vulcanico e roboante ceo Elon Musk.

Le accuse: "Afroamericani soggetti a insulti razziali e discriminazioni"

L’accusa è di quelle che pesano soprattutto sulle società (e sui mercati) anglosassoni, a partire dagli Stati Uniti: il dipartimento per l’occupazione e l’alloggio equo della California, che applica le leggi statali sui diritti civili, dopo aver ricevuto “centinaia di denunce”, ha infatti deciso di citare in giudizio la compagnia guidata e fondata da Musk, presso la Corte superiore della contea di Alameda, per razzismo verso le persone di colore nell’azienda. Kevin Kish, capo del Dipartimento, in una dichiarazione riportata al Wall Street Journal e da Bloomberg, ha affermato di aver “trovato prove che la fabbrica di Fremont di Tesla è un luogo di lavoro segregato razzialmente in cui i lavoratori afroamericani sono soggetti a insulti razziali e discriminazioni per incarichi di lavoro, disciplina, retribuzione e promozione, che creano un ambiente di lavoro ostile'' .

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Tesla si difende: "Accuse fuorvianti"

I dettagli della causa, depositata presso la Corte superiore della contea di Alameda, devono ancora essere resi noti, ma in un post sul blog prima del deposito della causa, Tesla ha definito le accuse fuorvianti e ha affermato che l'agenzia "non ha mai sollevato alcuna preoccupazione" sulle sue pratiche sul posto di lavoro dopo un'indagine di tre anni. "Attaccare un'azienda come Tesla che ha fatto così tanto bene alla California non dovrebbe essere l'obiettivo principale di un'agenzia statale con autorità giudiziaria", afferma il blog.

Ma spuntano le prove contro Tesla

C’è da dire che lo scorso ottobre, un tribunale di San Francisco ha riconosciuto quasi 137 milioni di dollari a un lavoratore afroamericano a contratto che ha affermato di aver affrontato "epiteti razzisti quotidiani", inclusa la "parola N", nello stabilimento nel 2015 e nel 2016, prima di licenziarsi. Owen Diaz ha raccontato che i dipendenti disegnavano svastiche e graffiti razzisti intorno allo stabilimento e che i supervisori non sono riusciti a fermare gli abusi. Tesla ha impugnato quel verdetto e sta facendo appello. Ma negli ultimi anni, l'azienda è stata toccata da numerose accuse da parte di ex lavoratori di molestie sessuali e discriminazione razziale. Secondo quanto riporta la stampa statunitense, c’è poi il sospetto che molti dipendenti, soprattutto quelli a tempo indeterminato,  non si rivolgano ai tribunali perché Tesla richiede loro di accettare l'arbitrato privato delle controversie relative al lavoro. In palio, oltre agli eventuali risarcimenti milionari, c’è la reputazione dell’azienda e di Musk in particolare che, proprio sulla reputazione ha costruito in gran parte il proprio impero, dalla strada allo spazio. Con il rischio che l’effetto boomerang lo trascini a ritroso, in un cammino altrettanto fulmineo ma ben meno edificante, fino ad  una caduta fragorosa.
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