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Test di gravidanza negativo per il concorso dei vigili, i sindacati: “È una discriminazione“

di LETIZIA CINI -
11 giugno 2022
Essendo rimasta incinta senza sposarsi, la maestra di fatto ha violato il codice etico interno

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Test di gravidanza previsto per concorso, un caso emblematico coinvolge due Comuni della provincia di Torino, e i sindacati insorgono: “È discriminazione“. L’esito negativo del test di gravidanza per potere partecipare al concorso per un posto da commissario dei vigili urbani. Su questo requisito richiesto da due comuni in provincia di Torino, Vigone e Torre Pellice, un sindacato minaccia un esposto alla Procura, considerandolo illegittimo e discriminatorio. Del caso, segnalato dal quotidiano La Stampa, parla Loredana Cristino, dirigente nazionale del sindacato Csa di polizia locale, e dell’avvocato torinese Vittorio Barosio, esperto di diritto amministrativo. Il test
balzato agli onori delle cronache per aver assunto una dipendente (Federica Granai, 27 anni) “nonostante" fosse incinta

Federica Granai, 27 anni, assunta nonostante “nonostante" fosse incinta

Il test di gravidanza viene chiesto in vista di una prova atletica, i 1.000 metri da correre entro i 6 minuti e 30 secondi, per le donne. “Chiedere a una candidata per un posto di vigile urbano il test di gravidanza è discriminatorio“, dice la sindacalista. “Il bando non assegna agli aspiranti vigili funzioni tali da richiedere come requisito di ammissione al concorso una prova di efficienza fisica consistente nel poter correre 1.000 metri, e per di più in un tempo limitato. Mi pare quindi che la fissazione di questo requisito non sia legittima“, spiega a La Stampa l’avvocato Barosio. “Il fatto che richieda alle donne anche il test di gravidanza negativo - ciò è dovuto solo al fatto che, in presenza di una gravidanza, la candidata non possa sostenere la prova di 1.000 metri di corsa, appare irragionevole (e quindi illegittima, perché finalizzata alla possibilità di svolgere una prova che non è legittima, in quanto eccessiva rispetto alle funzioni richieste ai candidati“, sottolinea l’avvocato Vittorio Barosio, esperto di diritto amministrativo. “Il bando non assegna agli aspiranti vigili funzioni tali da richiedere come requisito di ammissione al concorso una prova di efficienza fisica consistente nel poter correre 1.000 metri, e per di più in un tempo limitato - le sue parole - . Mi pare quindi che la fissazione di questo requisito non sia legittima“. Il caso Elisabetta Franchi Il nuovo episodio richiama il recente episodio legato alle dichiarazioni di Elisabetta Franchi affermata imprenditrice del settore della moda, insignita un anno fa anche del titolo di Cavaliere della Repubblica – che ha rivelato di non assumere donne giovani per il timore che possano avere figli. Parole che hanno suscitato un’onda di sdegno e tante reazioni, anche ironiche da parte dell’attrice Luciana Littizzetto, che dalla trasmissione ’Che tempo che fa’ si è rivolta alla stilista, tirando un’amara considerazione: “La lavoratrice ideale? Senza figli, single e orfana“. Una riflessione generale sulla condizione delle donne in Italia che, anche alla luce di questo nuovo episodio, si rivela tutt’altro che facile: “Tu dici che fare i figlie porta via tempo e testa e un manager ha bisogno di tempo e testa da dedicare al lavoro. Ma il marito e il compagno no? Gli uomini possono avere diciotto mogli, trenta famiglie, gli amici del calcetto, quelli del circolo del golf, quelli del bridge, anzi, più socialità hanno, più fanno carriera, mentre le donne devono essere monache di clausura?. A rigor di logica, la lavoratrice ideale dovrebbe essere senza figli, single, ma poi, superati gli Anta, subentra il problema dei genitori anziani. E che vogliamo fare, gasarli?".
Elisabetta Franchi e Luciana Littizzetto

Elisabetta Franchi e Luciana Littizzetto

"Quindi, la lavoratrice ideale dovrebbe avere il seguente curriculum - la conclusione di Luciana Littizzetto - : donna Anta, single, orfana, senza figlie, senza amici, no parenti vicini e lontani, no cani, no gatti, no piaceri, solo mestizie, disponibile h 24…. E’ questa la classe manageriale che vogliano?”. Conquiste e sconfitte “E’ inutile che la Consulta ci dica che possiamo dare al figlio anche il cognome della mamma, ma se i figli non li facciamo, tutti sti cognomi a chi minchia li diamo? – sottolinea ancora l’attrice – . Siamo in un Paese che non fa più figli perché non ci viene data la possibilità di farli. Ma non è un problema solo di imprenditori. È un problema di Stato che non sostiene con le strutture sociali adeguate. Solo una famiglia su tre accede al nido , che pubblico costa 300 euro, privato dai 500 ai 700. E se i nonni son presenti …siamo tutti più contenti, ma se van per altri andazzi …ecco allora che son c….». Occupazione femminile, mai così male In Italia meno di una donna su due lavora. Per la prima volta dal 2013, come riportato dal Bilancio di genere 2021l’occupazione femminile nel 2020, l’anno dello scoppio della pandemia da Covid-19, è calata al 49% (in Europa le donne occupate sono il 62,7%). Non solo. La distanza del tasso di occupazione femminile da quello maschile è arrivata a toccare i 18,2 punti percentuali, contro i “soli” 10,1 punti della media europea. I dati e i numeri che arrivano dal Bilancio di genere 2021, curato dal Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, sono a dir poco allarmanti. La crisi della pandemia ha notevolmente aumentato le differenze di genere a svantaggio delle donne. “Rispetto alle crisi precedenti – ha commentato Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia che nei prossimi giorni porterà in audizione al Parlamento il Bilancio di genere 2021 – l’impatto di quella pandemica è stato particolarmente negativo sulle donne”. ’occupazione femminile al 49% nel 2020 è il dato peggiore dal 2013. Come si può notare dal grafico a fianco, le percentuali sono aumentate dal 46,5% del 2013 fino al 50,1% del 2019, l’anno prima dello scoppio della pandemia. Poi, il crollo di oltre un punto percentuale. Il tasso di occupazione femminile scende poi ulteriormente tra le donne giovani (33,5%) e le donne che vivono nel Sud Italia (32,5%). E inoltre, si segnala che il tasso delle donne Neet – ossia tutte le giovani donne che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione – è cresciuto dal 27,9% al 29,3%, contro una media dell’Unione europea del 18%. Infine, segna un brusco aumento anche il numero di donne costrette al lavoro part-time involontario (ossia tutte quelle che si accontentano di un lavoro part-time anche se alla ricerca di un full-time): dal 60,8% del 2019 si è passati al 61,2% del 2020. In Europa questo tasso è al 21,6%, circa tre volte in meno.