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Home » Attualità » Tommaso Nistri e la sua storia straordinaria: “Io come Bebe Vio, dalla malattia alla rinascita”

Tommaso Nistri e la sua storia straordinaria: “Io come Bebe Vio, dalla malattia alla rinascita”

Colpito da meningite di tipo C asintomatica, la stessa patologia della campionessa paralimpica, il 41enne fiorentino ha avuto anche le stesse amputazioni: "Gambe e mani, non c'è stato nulla da fare... Ora pratico nuoto a livello agonistico e ho scelto di non arrendermi"

Caterina Ceccuti e Maurizio Costanzo
20 Febbraio 2022
Tommaso Nistri: "Io come Bebe Vio, dalla malattia alla rinascita"

Tommaso Nistri: "Io come Bebe Vio, dalla malattia alla rinascita"

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“Dissero: bisogna amputare gambe e mani”. La straordinaria storia di Tommaso Nistri: la malattia, lo sconforto, poi la rinascita grazie all’amore per la vita.

Una serata con gli amici, poi la febbre: si pensa a un’influenza ma è meningite. Inizia il calvario, la corsa in ospedale, il coma, gli interventi. Gli incontri d’eccezione con Terence Hill, Bebe Vio e Giancarlo Antognoni. Ora Tommaso fa il volontario alla Misericordia, pratica sport a livello agonistico ed è impegnato nel sensibilizzare alla prevenzione

 Uno straordinario esempio di coraggio, e di come con la caparbietà e la voglia di vivere, non c’è ostacolo che non possa essere superato. Un orgoglio per Firenze, modello di volontà e riscatto su tutte le difficoltà della sorte. Tutto questo rappresenta Tommaso Nistri, 41 anni, dotato di una forza di volontà eccezionale, che ha scelto di raccontare la sua storia a Luce!

Tommaso Nistri in ospedale con Terence Hill
Tommaso Nistri in ospedale con Terence Hill

“Sette anni fa – racconta – il 19 gennaio 2015, la mia vita è cambiata drasticamente. Fino ad allora avevo condotto una vita normalissima, tra amici, lavoro e sport. Ho giocato a basket nel Firenze 2 e anche a pallavolo con gli amici. Poi, quel giorno, dopo essere uscito con gli amici, sono rincasato e andato a letto. Durante la notte però mi è salita la febbre, era alta e avevo dolori molto forti agli arti. Sembrava una normale influenza, poi però sono comparse macchioline color porpora sulla pelle. Quando è venuto il medico a visitarmi ha consigliato il ricovero in ospedale, anche se non pensava certo fosse meningite, perché non avevo la nuca rigida né altri sintomi. Ho salito le scale e sono montato sull’ambulanza da solo”.

Da quel momento per Tommaso ha inizio un incubo: “Arrivato in ospedale le macchie sul corpo si fecero sempre più evidenti. E con le prime necrosi arrivò la diagnosi: meningite di tipo C asintomatica. E così mi hanno fatto salutare i miei familiari e mi hanno intubato”. Gli amici intanto si stringono attorno a lui e fanno sentire la loro vicinanza in tutti i modi possibili, anche con uno striscione allo stadio su cui scrivono: “Tommy non mollare la Fiesole è con te”.

Tommaso Nistri (41 anni) e Bebe Vio (24 anni)
Tommaso Nistri (41 anni) e Bebe Vio (24 anni)

Ma le condizioni di Tommaso, in quei giorni drammatici, peggiorano: “Mi ero aggravato – racconta – sono rimasto in coma farmacologico presso l’ospedale di Torregalli per 21 giorni. Poi due primari, rispettivamente di cardiologia vascolare e di chirurgia della pelle, sono venuti a visitarmi e deciso di farmi trasferire in un centro grandi ustioni”. Il primo che ha risposto all’appello è stato il Cto di Torino. “Sono arrivato lì il 9 febbraio trasportato dall’elicottero Pegaso. I miei genitori sono venuti in macchina e per starmi vicino hanno preso in affitto un piccolo appartamento. È stato un periodo molto difficile, i medici per salvarmi la vita hanno dovuto procedere a molti interventi: prima all’amputazione degli arti inferiori, perché hanno tentato fino all’ultimo di salvarmi le mani, ma non ce l’hanno fatta”.

Tommaso Nistri (41 anni) e Giancarlo Antognoni ( 67 anni)

“Scusate l’emozione – dice Tommaso – ma ogni volta che parlo di questo, rivivo momenti difficili. È stato un periodo tremendo, ma l’equipe di Torino mi è stata molto vicino e lo stesso primario veniva spesso a parlarmi, a cercare di tranquillizzarmi. Lui, insieme all’affetto dei miei familiari e degli amici, mi ha fatto capire che la vita è importante. Che è una e va vissuta con positività anche se in condizioni diverse”. A Torino Tommaso è stato circondato come sempre dall’affetto dei suoi cari: “Sono venuti a trovarmi, oltre alla sorella e al fidanzato, le zie, gli zii, tanti amici. È  venuta anche Bebe Vio che ha avuto la stessa mia malattia e le stesse amputazioni: vedendo la sua energia ha trasmesso me e ai miei positività, e infuso la speranza che attraverso l’impegno e la fiducia nella vita i risultati arrivano”.

Al Cto di Torino per Tommaso c’è stato anche un altro incontro d’eccezione: “Ho conosciuto Terence Hill, me lo ha presentato Don Piero, il cappellano dell’ospedale. Una persona squisita che mi ha regalato un’ora di tempo e di felicità. Con lui ho ricordato i tempi in cui con mio nonno ero un assiduo spettatore dei suoi film”. Dopo un lungo periodo lontano da casa, finalmente arriva il grande giorno: “L’8 maggio feci il viaggio di ritorno verso Firenze, diretto al centro riabilitativo Don Gnocchi, dove ad aspettarmi ho trovato tantissimi amici e familiari. Lì ho iniziato la riabilitazione, ma in attesa delle prime protesi, mio padre mi aveva costruito delle protesi artigianali realizzate con bottiglie di plastica che si infilavano nei monconi delle mani, su cui aveva attaccato posate, racchetta da ping pong, penna, così da potermi dare un minimo di autonomia. Dopo tanti mesi passati fra letto e carrozzina finalmente sono arrivate le protesi: poter camminare, mangiare, sfogliare i libri, giocare a ping pong, è stato molto importante. Al centro Don Gnocchi ho conosciuto anche il mitico numero 10 Giancarlo Antognoni, portato da un amico di Matteo, il fidanzato di mia sorella. Per me che sono tifosissimo della Fiorentina è stata una bellissima sorpresa”.

Tommaso Nistri (41 anni) in allenamento
Tommaso Nistri (41 anni) in allenamento

Tommaso è rinato dimostrando delle qualità umane straordinarie e la forza di un leone. Ci racconta quella che è oggi la sua vita: “Ora cerco di vivere una vita normale, nonostante alcune difficoltà. Cerco di vedere qualche amico, compatibilmente con la pandemia. Seguo la Fiorentina, la Pallavolo Femminile, leggo libri, faccio volontariato alla Misericordia di Firenze, dando il mio apporto al computer e rispondendo al telefono. Pratico nuoto a livello agonistico, anche questo l’ho interrotto solo per il periodo della pandemia: a novembre ho partecipato al campionato italiano assoluto a Riccione, arrivando sesto su dieci”. Tommaso racconta la sua esperienza ai più giovani per sensibilizzare alla prevenzione di questa malattia. Ha scelto di raccontare la sua esperienza a Luce! per lanciare questo preciso messaggio: “Il consiglio che mi sento di dare dopo la mia esperienza è quello di vaccinarsi per proteggersi e per proteggere le persone a noi vicine. E di non arrendersi mai. Di percorrere la vita nonostante le difficoltà. Perché la vita è fatta così: ci sono momenti bellissimi e situazioni difficili che non possiamo prevedere. Quello che ho imparato è che davanti alle difficoltà dobbiamo trovare la forza di rialzarci, di affrontare tutto con positività. Perché la vita è una, e grazie alla mia famiglia e ai miei amici io ho deciso di viverla con il sorriso di chi non vuole arrendersi mai”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet

“Dissero: bisogna amputare gambe e mani”. La straordinaria storia di Tommaso Nistri: la malattia, lo sconforto, poi la rinascita grazie all’amore per la vita.

Una serata con gli amici, poi la febbre: si pensa a un’influenza ma è meningite. Inizia il calvario, la corsa in ospedale, il coma, gli interventi. Gli incontri d’eccezione con Terence Hill, Bebe Vio e Giancarlo Antognoni. Ora Tommaso fa il volontario alla Misericordia, pratica sport a livello agonistico ed è impegnato nel sensibilizzare alla prevenzione

 Uno straordinario esempio di coraggio, e di come con la caparbietà e la voglia di vivere, non c’è ostacolo che non possa essere superato. Un orgoglio per Firenze, modello di volontà e riscatto su tutte le difficoltà della sorte. Tutto questo rappresenta Tommaso Nistri, 41 anni, dotato di una forza di volontà eccezionale, che ha scelto di raccontare la sua storia a Luce!

Tommaso Nistri in ospedale con Terence Hill
Tommaso Nistri in ospedale con Terence Hill

“Sette anni fa – racconta - il 19 gennaio 2015, la mia vita è cambiata drasticamente. Fino ad allora avevo condotto una vita normalissima, tra amici, lavoro e sport. Ho giocato a basket nel Firenze 2 e anche a pallavolo con gli amici. Poi, quel giorno, dopo essere uscito con gli amici, sono rincasato e andato a letto. Durante la notte però mi è salita la febbre, era alta e avevo dolori molto forti agli arti. Sembrava una normale influenza, poi però sono comparse macchioline color porpora sulla pelle. Quando è venuto il medico a visitarmi ha consigliato il ricovero in ospedale, anche se non pensava certo fosse meningite, perché non avevo la nuca rigida né altri sintomi. Ho salito le scale e sono montato sull’ambulanza da solo”.

Da quel momento per Tommaso ha inizio un incubo: “Arrivato in ospedale le macchie sul corpo si fecero sempre più evidenti. E con le prime necrosi arrivò la diagnosi: meningite di tipo C asintomatica. E così mi hanno fatto salutare i miei familiari e mi hanno intubato”. Gli amici intanto si stringono attorno a lui e fanno sentire la loro vicinanza in tutti i modi possibili, anche con uno striscione allo stadio su cui scrivono: “Tommy non mollare la Fiesole è con te”.

Tommaso Nistri (41 anni) e Bebe Vio (24 anni)
Tommaso Nistri (41 anni) e Bebe Vio (24 anni)

Ma le condizioni di Tommaso, in quei giorni drammatici, peggiorano: “Mi ero aggravato – racconta - sono rimasto in coma farmacologico presso l’ospedale di Torregalli per 21 giorni. Poi due primari, rispettivamente di cardiologia vascolare e di chirurgia della pelle, sono venuti a visitarmi e deciso di farmi trasferire in un centro grandi ustioni”. Il primo che ha risposto all’appello è stato il Cto di Torino. “Sono arrivato lì il 9 febbraio trasportato dall’elicottero Pegaso. I miei genitori sono venuti in macchina e per starmi vicino hanno preso in affitto un piccolo appartamento. È stato un periodo molto difficile, i medici per salvarmi la vita hanno dovuto procedere a molti interventi: prima all’amputazione degli arti inferiori, perché hanno tentato fino all’ultimo di salvarmi le mani, ma non ce l’hanno fatta”.

Tommaso Nistri (41 anni) e Giancarlo Antognoni ( 67 anni)

“Scusate l’emozione – dice Tommaso - ma ogni volta che parlo di questo, rivivo momenti difficili. È stato un periodo tremendo, ma l’equipe di Torino mi è stata molto vicino e lo stesso primario veniva spesso a parlarmi, a cercare di tranquillizzarmi. Lui, insieme all’affetto dei miei familiari e degli amici, mi ha fatto capire che la vita è importante. Che è una e va vissuta con positività anche se in condizioni diverse”. A Torino Tommaso è stato circondato come sempre dall’affetto dei suoi cari: “Sono venuti a trovarmi, oltre alla sorella e al fidanzato, le zie, gli zii, tanti amici. È  venuta anche Bebe Vio che ha avuto la stessa mia malattia e le stesse amputazioni: vedendo la sua energia ha trasmesso me e ai miei positività, e infuso la speranza che attraverso l’impegno e la fiducia nella vita i risultati arrivano”.

Al Cto di Torino per Tommaso c’è stato anche un altro incontro d’eccezione: “Ho conosciuto Terence Hill, me lo ha presentato Don Piero, il cappellano dell’ospedale. Una persona squisita che mi ha regalato un’ora di tempo e di felicità. Con lui ho ricordato i tempi in cui con mio nonno ero un assiduo spettatore dei suoi film”. Dopo un lungo periodo lontano da casa, finalmente arriva il grande giorno: “L’8 maggio feci il viaggio di ritorno verso Firenze, diretto al centro riabilitativo Don Gnocchi, dove ad aspettarmi ho trovato tantissimi amici e familiari. Lì ho iniziato la riabilitazione, ma in attesa delle prime protesi, mio padre mi aveva costruito delle protesi artigianali realizzate con bottiglie di plastica che si infilavano nei monconi delle mani, su cui aveva attaccato posate, racchetta da ping pong, penna, così da potermi dare un minimo di autonomia. Dopo tanti mesi passati fra letto e carrozzina finalmente sono arrivate le protesi: poter camminare, mangiare, sfogliare i libri, giocare a ping pong, è stato molto importante. Al centro Don Gnocchi ho conosciuto anche il mitico numero 10 Giancarlo Antognoni, portato da un amico di Matteo, il fidanzato di mia sorella. Per me che sono tifosissimo della Fiorentina è stata una bellissima sorpresa”.

Tommaso Nistri (41 anni) in allenamento
Tommaso Nistri (41 anni) in allenamento

Tommaso è rinato dimostrando delle qualità umane straordinarie e la forza di un leone. Ci racconta quella che è oggi la sua vita: “Ora cerco di vivere una vita normale, nonostante alcune difficoltà. Cerco di vedere qualche amico, compatibilmente con la pandemia. Seguo la Fiorentina, la Pallavolo Femminile, leggo libri, faccio volontariato alla Misericordia di Firenze, dando il mio apporto al computer e rispondendo al telefono. Pratico nuoto a livello agonistico, anche questo l’ho interrotto solo per il periodo della pandemia: a novembre ho partecipato al campionato italiano assoluto a Riccione, arrivando sesto su dieci”. Tommaso racconta la sua esperienza ai più giovani per sensibilizzare alla prevenzione di questa malattia. Ha scelto di raccontare la sua esperienza a Luce! per lanciare questo preciso messaggio: “Il consiglio che mi sento di dare dopo la mia esperienza è quello di vaccinarsi per proteggersi e per proteggere le persone a noi vicine. E di non arrendersi mai. Di percorrere la vita nonostante le difficoltà. Perché la vita è fatta così: ci sono momenti bellissimi e situazioni difficili che non possiamo prevedere. Quello che ho imparato è che davanti alle difficoltà dobbiamo trovare la forza di rialzarci, di affrontare tutto con positività. Perché la vita è una, e grazie alla mia famiglia e ai miei amici io ho deciso di viverla con il sorriso di chi non vuole arrendersi mai”.

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