Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Attualità » Torino, ragazza rom di 14 anni denuncia la famiglia: “Mi picchiano se non rubo”

Torino, ragazza rom di 14 anni denuncia la famiglia: “Mi picchiano se non rubo”

La giovane si è presentata dai carabinieri per denunciare i maltrattamenti. La famiglia, sotto processo, respinge le accuse: "È pazza"

Remy Morandi
1 Febbraio 2022
Share on FacebookShare on Twitter

“Mi picchiano se non rubo. Ora basta”. Camilla (nome di fantasia) è una ragazza di 14 anni di origini rom. Nel 2018 si presenta in una caserma dei carabinieri a Torino per chiedere aiuto. La giovane racconta ai militari che la sua famiglia la costringe ad andare a rubare. E che ogni volta che non lo fa o torna a casa a mani vuote, viene picchiata. Sono passati tre anni da quella denuncia, e adesso Camilla vive in una comunità protetta, mentre la famiglia – ossia il padre, il nonno e gli zii paterni – è finita sotto processo.

I furti a Torino e l’ultimo colpo da 800 euro in un supermercato

La ragazza racconta ai carabinieri che la famiglia la obbligava ogni giorno a commettere furti in giro per la città, dai supermercati ai centri commerciali. Se tornava a casa senza la refurtiva, veniva punita, picchiata e insultata dalla famiglia che la costringeva quindi a rimanere a casa ad occuparsi delle faccende domestiche. E ogni giorno la storia si ripresentava.

Tra gli ultimi furti, racconta la ragazza ai carabinieri, ci sarebbe stato un colpo da 800 euro in un negozio di un centro commerciale a Torino. Anche in quell’occasione, fu la famiglia – sostiene Camilla – ad averla obbligata a rubare. E visto che era riuscita nell’impresa, quella sera i parenti si sarebbero complimentati con lei e non la avrebbero picchiata, come invece succedeva quando Camilla tornava a casa a mani vuote.

La famiglia, sotto processo, respinge le accuse: “È pazza”

Camilla ha dunque deciso di dire basta a quella vita, di furti commessi e violenze subite. Non ne poteva più di vivere così, non potendo trascorrere le giornate come meglio credeva, lontane da quelle abitudini portate avanti dalla famiglia. “Io non voglio più rubare, non ho nessuna intenzione di fare questa vita”, racconta Camilla ai carabinieri.

La famiglia della ragazza di 14 anni è ora finita sotto processo. Il padre, il nonno e gli zii paterni negano ogni accusa – maltrattamenti aggravati – e a loro volta si difendono accusando la giovane di essere “instabile” mentalmente. Ma ciò non risulta dalle perizie psichiatriche. Anzi, i medici sostengono che Camilla ha solo bisogno di essere seguita e aiutata ad andare avanti e a iniziare una nuova vita.

Roma, il bimbo rom di 11 anni che denunciò la mamma

Una vicenda simile alla ragazza torinese di 14 anni è quella che vede protagonista un bambino di 11 anni di origini rom. Siamo a Roma, Tor Sapienza. Sono i primi giorni di settembre 2021. Come riportato dal quotidiano Leggo, un giorno il piccolo si reca alla caserma dei carabinieri per denunciare i maltrattamenti subiti. Anche lui veniva costretto dalla mamma e dai fratelli, sotto botte e minacce, a chiedere l’elemosina e a frugare in giro. “Mi picchiano con violenza, da 4 anni. Ora basta”, avrebbe raccontato il bambino di 11 anni ai militari. “Mia madre mi mena a calci e pugni in testa e dietro la schiena se mi rifiuto di andare a cercare il ferro e il rame in giro per i cassonetti. Dopo la quinta elementare volevo continuare a studiare ma non mi hanno voluto più mandare a scuola per farmi lavorare. Non posso nemmeno riposarmi perché mia madre mi picchia se dormo”, avrebbe aggiunto il piccolo. I carabinieri, dopo averlo ascoltato, si sarebbero mossi immediatamente, informando il Tribunale dei Minori su quanto accaduto. Così la madre di 36 anni venne arrestata e portata nel carcere di Rebibbia con l’accusa di maltrattamenti.

Potrebbe interessarti anche

"Fa' la cosa giusta!" dal 24 al 26 marzo a Milano
Lifestyle

Fa’ la cosa giusta!, donne sempre più protagoniste

24 Marzo 2023
La sartoria per aiutare le donne vittime di violenza
Lifestyle

Violenza domestica, una sartoria terapeutica per cominciare una nuova vita

24 Marzo 2023
FS Italia: sono stati avviati percorsi di training e iniziative dedicati a mamme e papà per migliorare la conciliazione vita-lavoro
Lifestyle

Festa del papà, i padri di oggi più motivati ed energici rispetto alle mamme

19 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
“Mi picchiano se non rubo. Ora basta”. Camilla (nome di fantasia) è una ragazza di 14 anni di origini rom. Nel 2018 si presenta in una caserma dei carabinieri a Torino per chiedere aiuto. La giovane racconta ai militari che la sua famiglia la costringe ad andare a rubare. E che ogni volta che non lo fa o torna a casa a mani vuote, viene picchiata. Sono passati tre anni da quella denuncia, e adesso Camilla vive in una comunità protetta, mentre la famiglia - ossia il padre, il nonno e gli zii paterni - è finita sotto processo.

I furti a Torino e l'ultimo colpo da 800 euro in un supermercato

La ragazza racconta ai carabinieri che la famiglia la obbligava ogni giorno a commettere furti in giro per la città, dai supermercati ai centri commerciali. Se tornava a casa senza la refurtiva, veniva punita, picchiata e insultata dalla famiglia che la costringeva quindi a rimanere a casa ad occuparsi delle faccende domestiche. E ogni giorno la storia si ripresentava. Tra gli ultimi furti, racconta la ragazza ai carabinieri, ci sarebbe stato un colpo da 800 euro in un negozio di un centro commerciale a Torino. Anche in quell'occasione, fu la famiglia - sostiene Camilla - ad averla obbligata a rubare. E visto che era riuscita nell'impresa, quella sera i parenti si sarebbero complimentati con lei e non la avrebbero picchiata, come invece succedeva quando Camilla tornava a casa a mani vuote.

La famiglia, sotto processo, respinge le accuse: "È pazza"

Camilla ha dunque deciso di dire basta a quella vita, di furti commessi e violenze subite. Non ne poteva più di vivere così, non potendo trascorrere le giornate come meglio credeva, lontane da quelle abitudini portate avanti dalla famiglia. "Io non voglio più rubare, non ho nessuna intenzione di fare questa vita", racconta Camilla ai carabinieri. La famiglia della ragazza di 14 anni è ora finita sotto processo. Il padre, il nonno e gli zii paterni negano ogni accusa - maltrattamenti aggravati - e a loro volta si difendono accusando la giovane di essere "instabile" mentalmente. Ma ciò non risulta dalle perizie psichiatriche. Anzi, i medici sostengono che Camilla ha solo bisogno di essere seguita e aiutata ad andare avanti e a iniziare una nuova vita.

Roma, il bimbo rom di 11 anni che denunciò la mamma

Una vicenda simile alla ragazza torinese di 14 anni è quella che vede protagonista un bambino di 11 anni di origini rom. Siamo a Roma, Tor Sapienza. Sono i primi giorni di settembre 2021. Come riportato dal quotidiano Leggo, un giorno il piccolo si reca alla caserma dei carabinieri per denunciare i maltrattamenti subiti. Anche lui veniva costretto dalla mamma e dai fratelli, sotto botte e minacce, a chiedere l'elemosina e a frugare in giro. "Mi picchiano con violenza, da 4 anni. Ora basta", avrebbe raccontato il bambino di 11 anni ai militari. "Mia madre mi mena a calci e pugni in testa e dietro la schiena se mi rifiuto di andare a cercare il ferro e il rame in giro per i cassonetti. Dopo la quinta elementare volevo continuare a studiare ma non mi hanno voluto più mandare a scuola per farmi lavorare. Non posso nemmeno riposarmi perché mia madre mi picchia se dormo", avrebbe aggiunto il piccolo. I carabinieri, dopo averlo ascoltato, si sarebbero mossi immediatamente, informando il Tribunale dei Minori su quanto accaduto. Così la madre di 36 anni venne arrestata e portata nel carcere di Rebibbia con l'accusa di maltrattamenti.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto