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Home » Attualità » Dal Tribunale di Pisa all’Ambasciata di Teheran a Roma: “Le nostre ciocche di capelli per Mahsa”

Dal Tribunale di Pisa all’Ambasciata di Teheran a Roma: “Le nostre ciocche di capelli per Mahsa”

Il gesto simbolico di magistrati, avvocati, cancellieri, praticanti e non solo in solidarietà delle donne iraniane

Ilaria Vallerini
11 Ottobre 2022
Avvocati e personale del Tribunale di Pisa si tagliano una ciocca di capelli in solidarietà delle donne iraniane (Foto Enrico Mattia Del Punta)

Avvocati e personale del Tribunale di Pisa si tagliano una ciocca di capelli in solidarietà delle donne iraniane (Foto Enrico Mattia Del Punta)

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Una sforbiciata, seguita da una pioggia di capelli che si disperde nell’aria. “Donna, vita, libertà”, parole incisive che spaccano il silenzio sceso sul cortile del Palazzo di Giustizia di Pisa punteggiato di donne e uomini – magistrati, avvocati, cancellieri, praticanti e personale del tribunale – con indosso (non a caso) un accessorio o un indumento rosso. Un momento ritagliato dal direttivo della Camera penale di Pisa per la morte di Mahsa Amini – la 22enne picchiata e arrestata a Teheran dalla polizia morale perché accusata d’indossare in modo scorretto l’hijab – e in solidarietà di tutte le donne iraniane sotto il giogo del regime autocratico di Khamenei. Un gesto simbolico partito dall’Iran, dove si contano centinaia tra morti, arrestati e feriti, e che sta attraversando per lungo e largo il globo. Arriva anche al Tribunale di Pisa, con un sacchetto contenente numerose ciocche di capelli in viaggio verso l’ambasciata dell’Iran a Roma.

“Manifestiamo i principi di uguaglianza e libertà”

“È un’emozione essere qui, uniti senza toga, perché quando si parla di diritti umani sono di tutti“, afferma la presidente del tribunale, Maria Giuliana Civinini, che ha partecipato al taglio simbolico di capelli. “Questa iniziativa è importante per non tacere di fronte alle notizie che tutti i giorni ci arrivano di donne che non hanno il diritto di scegliere e di uno stillicidio di giovani che si stanno ribellando in un vero e proprio moto di grande ricerca della libertà”. E aggiunge “È importante prendere posizione – continua Civinini – per le persone che lavorano con noi e per quelle che da noi si aspettano la realizzazione di quei diritti”. “Siamo qui per manifestare un principio culturale di uguaglianza e di libertà – spiega Laura Antonelli, presidente della Camera penale di Pisa -. Siamo sempre stati in prima linea ogni volta che si è manifestata un’occasione per mostrare il nostro punto di vista che è quello della libertà”.

La presidente del Tribunale di Pisa, Maria Giuliana Civinini (Foto Enrico Mattia Del Punta)

“Una piccola goccia nell’oceano per i diritti di tutte le donne”

Un pensiero vola dal cortile del Tribunale di Pisa a Teheran dove sono in corso rivolte e proteste represse nel sangue. “Non si riducono a singoli episodi – conclude la presidente del comitato pari opportunità, Valentina Abu Awwad -, ma stanno infiammando numerose piazze dell’Iran,  questo ci fa credere che stia germogliando una coscienza e una volontà di ribellione delle iraniane”. “È una piccola goccia nell’oceano – aggiunge Elisa Giraudo in rappresentanza del consiglio dell’Ordine degli Avvocati –, ma necessaria per rimarcare che la violenza, in tutte le sue forme, deve essere assolutamente superata. Con il nostro gesto esprimiamo solidarietà e vicinanza verso tutte quelle donne che quotidianamente vedono calpestati i propri diritti”. Perché, come cantava Gaber, “Libertà non è uno spazio libero, ma è partecipazione“.

La protesta al Tribunale di Pisa per la morte di Mahsa Amini
(Foto Enrico Mattia Del Punta)

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet

Una sforbiciata, seguita da una pioggia di capelli che si disperde nell'aria. "Donna, vita, libertà", parole incisive che spaccano il silenzio sceso sul cortile del Palazzo di Giustizia di Pisa punteggiato di donne e uomini - magistrati, avvocati, cancellieri, praticanti e personale del tribunale - con indosso (non a caso) un accessorio o un indumento rosso. Un momento ritagliato dal direttivo della Camera penale di Pisa per la morte di Mahsa Amini - la 22enne picchiata e arrestata a Teheran dalla polizia morale perché accusata d'indossare in modo scorretto l'hijab - e in solidarietà di tutte le donne iraniane sotto il giogo del regime autocratico di Khamenei. Un gesto simbolico partito dall'Iran, dove si contano centinaia tra morti, arrestati e feriti, e che sta attraversando per lungo e largo il globo. Arriva anche al Tribunale di Pisa, con un sacchetto contenente numerose ciocche di capelli in viaggio verso l'ambasciata dell'Iran a Roma.

"Manifestiamo i principi di uguaglianza e libertà"

“È un’emozione essere qui, uniti senza toga, perché quando si parla di diritti umani sono di tutti", afferma la presidente del tribunale, Maria Giuliana Civinini, che ha partecipato al taglio simbolico di capelli. "Questa iniziativa è importante per non tacere di fronte alle notizie che tutti i giorni ci arrivano di donne che non hanno il diritto di scegliere e di uno stillicidio di giovani che si stanno ribellando in un vero e proprio moto di grande ricerca della libertà". E aggiunge "È importante prendere posizione - continua Civinini – per le persone che lavorano con noi e per quelle che da noi si aspettano la realizzazione di quei diritti". "Siamo qui per manifestare un principio culturale di uguaglianza e di libertà - spiega Laura Antonelli, presidente della Camera penale di Pisa -. Siamo sempre stati in prima linea ogni volta che si è manifestata un’occasione per mostrare il nostro punto di vista che è quello della libertà".
La presidente del Tribunale di Pisa, Maria Giuliana Civinini (Foto Enrico Mattia Del Punta)

"Una piccola goccia nell'oceano per i diritti di tutte le donne"

Un pensiero vola dal cortile del Tribunale di Pisa a Teheran dove sono in corso rivolte e proteste represse nel sangue. “Non si riducono a singoli episodi – conclude la presidente del comitato pari opportunità, Valentina Abu Awwad -, ma stanno infiammando numerose piazze dell'Iran,  questo ci fa credere che stia germogliando una coscienza e una volontà di ribellione delle iraniane". "È una piccola goccia nell’oceano – aggiunge Elisa Giraudo in rappresentanza del consiglio dell’Ordine degli Avvocati –, ma necessaria per rimarcare che la violenza, in tutte le sue forme, deve essere assolutamente superata. Con il nostro gesto esprimiamo solidarietà e vicinanza verso tutte quelle donne che quotidianamente vedono calpestati i propri diritti". Perché, come cantava Gaber, "Libertà non è uno spazio libero, ma è partecipazione".
La protesta al Tribunale di Pisa per la morte di Mahsa Amini
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