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Home » Attualità » La Turchia non vuole essere più un “tacchino” e cambia nome in Türkiye

La Turchia non vuole essere più un “tacchino” e cambia nome in Türkiye

In inglese 'Turkey' significa 'Turchia', ma anche 'tacchino', o 'persona stupida e ridicola'. Erdogan ha avviato a dicembre una campagna di rebranding del Paese. Così il ministro degli Esteri Çavuşoğlu ha chiesto all'Onu di cambiare nome in 'Türkiye'

Remy Morandi
3 Giugno 2022
turchia tacchino

turchia tacchino

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Ora basta essere chiamati “tacchino“. Sembra surreale, e invece è la richiesta ufficiale che la Turchia ha inviato alle Nazioni Unite per cambiare nome. ‘Turchia’, infatti, in inglese si dice ‘Turkey‘ e oltre a voler dire appunto ‘Turchia’, significa anche ‘tacchino’. Per questo motivo – la richiesta fa parte di una campagna di rebranding, ossia di rinnovamento dell’immagine del Paese – la Turchia ha chiesto ufficialmente all’Onu di essere chiamata all’estero con il nome usato in Turchia, Türkiye, e non più Turkey. Le Nazioni Unite hanno immediatamente accolto la richiesta del Paese guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan. E così, d’ora in avanti, all’estero la Turchia non si chiamerà più Turkey, ma Türkiye.

La Turchia ha chiesto alle Nazioni Unite di cambiare nome da ‘Turkey’ a ‘Türkiye’, perché il primo in inglese significa anche ‘tacchino’

Tutto è iniziato a dicembre dello scorso anno quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha avviato una campagna di rebranding in Turchia. “‘Türkiye’ è il modo migliore per rappresentare ed esprimere la cultura, la civiltà e i valori del popolo turco”, aveva dichiarato a dicembre Erdogan, dopo aver firmato un decreto per far sì che ‘Türkiye’ venisse usato da inglesi, francesi e tedeschi e da altre lingue straniere, oltre a contrassegnare i prodotti per l’esportazione. ‘Türkiye’ è infatti il nome che viene ufficialmente usato nel Paese dal 1923, in seguito alla dichiarazione di indipendenza.

Tra i motivi di tale cambiamento, c’è anche il fatto che il Paese non vuole più essere associato alla parola ‘tacchino’ che in inglese, oltre a voler dire ‘tacchino’ può significare anche ‘una persona stupida e ridicola‘, si legge così nel Cambridge English Dictionary. L’emittente turca TRT World ha spiegato che su Google se si digita la parola ‘Turkey’, molte immagini che il motore di ricerca offre sono di tacchini, appunto, e non del Paese della penisola anatolica. E in effetti – abbiamo provato – è così:

Ecco cosa succede se su Google Immagini si digita la parola ‘Turkey’

Per questo motivo martedì 31 maggio il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha inviato alle Nazioni Unite la richiesta formale per cambiare nome da ‘Turkey’ a ‘Türkiye’. Nella lettera indirizzata al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, Çavuşoğlu ha scritto: “Vorrei informarla che, in linea con la Circolare presidenziale (…) del 2 dicembre 2021, sull’uso della parola ‘Türkiye’ (…), il governo della Repubblica di Turkiye, d’ora in poi, inizierà a utilizzare ‘Türkiye’ per sostituire le parole come ‘Turkey’, ‘Turkei’ e ‘Turquie’ che sono state utilizzate in passato per riferirsi al ‘Repubblica di Turkiye'”.

Il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu e la richiesta formale inviata alle Nazioni Unite per cambiare nome da ‘Turkey’ a ‘Türkiye’ (Foto / Twitter / Mevlüt Çavuşoğlu)

Giovedì 2 giugno il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, ha detto alla Cnn che le Nazioni Unite hanno accolto la richiesta della Turchia e che il cambiamento di nome è diventato effettivo non appena hanno ricevuto la richiesta. “Non è un problema, non spetta a noi accettare o non accettare”, ha detto Dujarric. “I Paesi sono liberi di scegliere il modo in cui vogliono essere nominati. Non succede tutti i giorni, ma non è raro che i Paesi cambino i loro nomi”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Ora basta essere chiamati "tacchino". Sembra surreale, e invece è la richiesta ufficiale che la Turchia ha inviato alle Nazioni Unite per cambiare nome. 'Turchia', infatti, in inglese si dice 'Turkey' e oltre a voler dire appunto 'Turchia', significa anche 'tacchino'. Per questo motivo - la richiesta fa parte di una campagna di rebranding, ossia di rinnovamento dell'immagine del Paese - la Turchia ha chiesto ufficialmente all'Onu di essere chiamata all'estero con il nome usato in Turchia, Türkiye, e non più Turkey. Le Nazioni Unite hanno immediatamente accolto la richiesta del Paese guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan. E così, d'ora in avanti, all'estero la Turchia non si chiamerà più Turkey, ma Türkiye.
La Turchia ha chiesto alle Nazioni Unite di cambiare nome da 'Turkey' a 'Türkiye', perché il primo in inglese significa anche 'tacchino'
Tutto è iniziato a dicembre dello scorso anno quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha avviato una campagna di rebranding in Turchia. "'Türkiye' è il modo migliore per rappresentare ed esprimere la cultura, la civiltà e i valori del popolo turco", aveva dichiarato a dicembre Erdogan, dopo aver firmato un decreto per far sì che 'Türkiye' venisse usato da inglesi, francesi e tedeschi e da altre lingue straniere, oltre a contrassegnare i prodotti per l'esportazione. 'Türkiye' è infatti il nome che viene ufficialmente usato nel Paese dal 1923, in seguito alla dichiarazione di indipendenza. Tra i motivi di tale cambiamento, c'è anche il fatto che il Paese non vuole più essere associato alla parola 'tacchino' che in inglese, oltre a voler dire 'tacchino' può significare anche 'una persona stupida e ridicola', si legge così nel Cambridge English Dictionary. L'emittente turca TRT World ha spiegato che su Google se si digita la parola 'Turkey', molte immagini che il motore di ricerca offre sono di tacchini, appunto, e non del Paese della penisola anatolica. E in effetti - abbiamo provato - è così:
Ecco cosa succede se su Google Immagini si digita la parola 'Turkey'
Per questo motivo martedì 31 maggio il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha inviato alle Nazioni Unite la richiesta formale per cambiare nome da 'Turkey' a 'Türkiye'. Nella lettera indirizzata al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, Çavuşoğlu ha scritto: "Vorrei informarla che, in linea con la Circolare presidenziale (...) del 2 dicembre 2021, sull'uso della parola 'Türkiye' (...), il governo della Repubblica di Turkiye, d'ora in poi, inizierà a utilizzare 'Türkiye' per sostituire le parole come 'Turkey', 'Turkei' e 'Turquie' che sono state utilizzate in passato per riferirsi al 'Repubblica di Turkiye'".
Il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu e la richiesta formale inviata alle Nazioni Unite per cambiare nome da 'Turkey' a 'Türkiye' (Foto / Twitter / Mevlüt Çavuşoğlu)
Giovedì 2 giugno il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, ha detto alla Cnn che le Nazioni Unite hanno accolto la richiesta della Turchia e che il cambiamento di nome è diventato effettivo non appena hanno ricevuto la richiesta. "Non è un problema, non spetta a noi accettare o non accettare", ha detto Dujarric. "I Paesi sono liberi di scegliere il modo in cui vogliono essere nominati. Non succede tutti i giorni, ma non è raro che i Paesi cambino i loro nomi".
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