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Home » Attualità » Turchia, i video del Pride Lgbt+ all’Università di Instanbul dove la polizia ha fatto irruzione: decine di arresti

Turchia, i video del Pride Lgbt+ all’Università di Instanbul dove la polizia ha fatto irruzione: decine di arresti

Agenti in tenuta antisommossa hanno portato via studentesse e studenti che stavano manifestando per i diritti della comunità Lgbt. Il collettivo dell'Università Boğaziçi parla di oltre 70 persone arrestate e docenti feriti

Remy Morandi
21 Maggio 2022
turchia lgbt

turchia lgbt

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La polizia irrompe al Pride Lgbt+ dell’Università Bogazici di Instanbul (Foto / Twitter / Boğaziçi Direnişi)

No, in Turchia non si può manifestare per i diritti della comunità Lgbt+. E lo dimostrano i video su Twitter dell’irruzione della polizia antisommossa all’Università Bogazici di Istanbul, dove decine e decine di studenti, che stavano partecipando al Pride Lgbt+, sono stati portati via di forza dalle autorità turche e arrestati.

Boğaziçi Üniversitesi’nde öğrencilerin işkenceyle gözaltına alınma anları. (🎥 Anonim) pic.twitter.com/5y0UZgDgly

— Emre Orman 🇵🇸 (@eemreorman) May 20, 2022

L’Università Boğaziçi (o Università del Bosforo) è considerata una delle migliori università in Turchia, ma quello che appare dalle immagini diffuse su Twitter dal collettivo Bogazici Resistance sembra più che altro una retata della polizia in un covo di criminali. Invece, in quella scuola si stava semplicemente tenendo la nona parata del Bosphorus Pride, un corteo pacifico di student* che hanno manifestato nelle strade davanti all’Università, con cartelli, striscioni e bandiere arcobaleno per i diritti delle persone Lgbt+.

Nei video si vede la polizia turca in tenuta antisommossa irrompere al corteo. Gli agenti sono entrati all’Università, hanno circondato gli studenti e le studentesse e hanno iniziato a portar via con la forza i manifestantanti, prima di ammanettarli e farli salire sui camion della polizia. Secondo l’avvocato degli studenti dell’Università, Mahmut Şeren, sono state arrestate almeno 33 persone, e alcuni docenti – come dimostrano le foto pubblicate dal collettivo Bogazici Resistance – sono rimasti feriti nel tentativo di prevenire i fermi degli agenti. Tuttavia, secondo quanto riportato ancora dal collettivo degli studenti, le persone arrestate sarebbero molto di più: il collettivo parla di 70 arresti su Twitter.

İşbirlikçi özel güvenlik polisten yardım istiyor! https://t.co/UfvdbtBFdq pic.twitter.com/bJVmjPNdgv

— Boğaziçi Direnişi (@budirenisi) May 20, 2022

L’Università Boğaziçi ha fatto sapere che, dopo essere stati detenuti in un centro di sicurezza della polizia e dopo essere stati portati in ospedale per dei controlli, tutti i 70 studenti arrestati sono stati rilasciati. Lo ha comunicato il gruppo Boğaziçi LGBTI+ su Twitter.

Kerem Cankocak, professore di Fisica all’Università di Istanbul, mostra su Twitter le ferite al volto dopo l’irruzione della polizia al Pride Lgbt+ degli studenti (Foto / Twitter / KeremCankocak)

In Turchia, da 7 anni, è vietato il Gay Pride

Non è una novità che la polizia turca faccia irruzione in un corteo per i diritti Lgbt+. A fine giugno del 2021 la Turchia vietò il Gay Pride per il settimo anno consecutivo, a dimostrazione che il presidente Recep Tayyip Erdoğan, di orientamento islamista e conservatore, non si è mai aperto nei confronti delle persone Lgbt+. Nel provvedimento che fermò il Gay Pride, la prefettura di Istanbul affermò di non ritenere la manifestazione “appropriata” per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, sostenendo che l’evento avrebbe potuto portare ad “azioni ed eventi provocatori”.

L’omosessualità in Turchia non è un reato, ma negli ultimi anni il governo e le autorità locali sono diventati sempre più ostili nei confronti dei diritti e della libertà di espressione delle persone Lgbt. L’ultimo Pride di Istanbul a essere autorizzato fu quello del 2014, da quell’anno tutte le manifestazioni del Gay Pride furono vietate.

Ma non solo diritti Lgbt+. Lo scorso mese di aprile la Procura di Istanbul avviò una causa per chiudere una delle più importanti associazioni per i diritti delle donne in Turchia. L’accusa presentata contro l’associazione, spiegò la segretaria generale Fidam Ataselim, fu quella di “agire contro la legge e la moralità” e “disintegrare la struttura familiare col pretesto di difendere i diritti delle donne”. Insomma, un altro passo indietro nei confronti dei diritti delle donne in Turchia.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
La polizia irrompe al Pride Lgbt+ dell'Università Bogazici di Instanbul (Foto / Twitter / Boğaziçi Direnişi)
No, in Turchia non si può manifestare per i diritti della comunità Lgbt+. E lo dimostrano i video su Twitter dell'irruzione della polizia antisommossa all'Università Bogazici di Istanbul, dove decine e decine di studenti, che stavano partecipando al Pride Lgbt+, sono stati portati via di forza dalle autorità turche e arrestati.

Boğaziçi Üniversitesi'nde öğrencilerin işkenceyle gözaltına alınma anları. (🎥 Anonim) pic.twitter.com/5y0UZgDgly

— Emre Orman 🇵🇸 (@eemreorman) May 20, 2022
L'Università Boğaziçi (o Università del Bosforo) è considerata una delle migliori università in Turchia, ma quello che appare dalle immagini diffuse su Twitter dal collettivo Bogazici Resistance sembra più che altro una retata della polizia in un covo di criminali. Invece, in quella scuola si stava semplicemente tenendo la nona parata del Bosphorus Pride, un corteo pacifico di student* che hanno manifestato nelle strade davanti all'Università, con cartelli, striscioni e bandiere arcobaleno per i diritti delle persone Lgbt+. Nei video si vede la polizia turca in tenuta antisommossa irrompere al corteo. Gli agenti sono entrati all'Università, hanno circondato gli studenti e le studentesse e hanno iniziato a portar via con la forza i manifestantanti, prima di ammanettarli e farli salire sui camion della polizia. Secondo l'avvocato degli studenti dell'Università, Mahmut Şeren, sono state arrestate almeno 33 persone, e alcuni docenti - come dimostrano le foto pubblicate dal collettivo Bogazici Resistance - sono rimasti feriti nel tentativo di prevenire i fermi degli agenti. Tuttavia, secondo quanto riportato ancora dal collettivo degli studenti, le persone arrestate sarebbero molto di più: il collettivo parla di 70 arresti su Twitter.

İşbirlikçi özel güvenlik polisten yardım istiyor! https://t.co/UfvdbtBFdq pic.twitter.com/bJVmjPNdgv

— Boğaziçi Direnişi (@budirenisi) May 20, 2022
L'Università Boğaziçi ha fatto sapere che, dopo essere stati detenuti in un centro di sicurezza della polizia e dopo essere stati portati in ospedale per dei controlli, tutti i 70 studenti arrestati sono stati rilasciati. Lo ha comunicato il gruppo Boğaziçi LGBTI+ su Twitter.
Kerem Cankocak, professore di Fisica all'Università di Istanbul, mostra su Twitter le ferite al volto dopo l'irruzione della polizia al Pride Lgbt+ degli studenti (Foto / Twitter / KeremCankocak)

In Turchia, da 7 anni, è vietato il Gay Pride

Non è una novità che la polizia turca faccia irruzione in un corteo per i diritti Lgbt+. A fine giugno del 2021 la Turchia vietò il Gay Pride per il settimo anno consecutivo, a dimostrazione che il presidente Recep Tayyip Erdoğan, di orientamento islamista e conservatore, non si è mai aperto nei confronti delle persone Lgbt+. Nel provvedimento che fermò il Gay Pride, la prefettura di Istanbul affermò di non ritenere la manifestazione "appropriata" per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, sostenendo che l'evento avrebbe potuto portare ad "azioni ed eventi provocatori". L'omosessualità in Turchia non è un reato, ma negli ultimi anni il governo e le autorità locali sono diventati sempre più ostili nei confronti dei diritti e della libertà di espressione delle persone Lgbt. L'ultimo Pride di Istanbul a essere autorizzato fu quello del 2014, da quell'anno tutte le manifestazioni del Gay Pride furono vietate. Ma non solo diritti Lgbt+. Lo scorso mese di aprile la Procura di Istanbul avviò una causa per chiudere una delle più importanti associazioni per i diritti delle donne in Turchia. L'accusa presentata contro l'associazione, spiegò la segretaria generale Fidam Ataselim, fu quella di "agire contro la legge e la moralità" e "disintegrare la struttura familiare col pretesto di difendere i diritti delle donne". Insomma, un altro passo indietro nei confronti dei diritti delle donne in Turchia.
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