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Home » Attualità » Ucraina, Kiev spiega alle mamme russe come riportare a casa i figli prigionieri

Ucraina, Kiev spiega alle mamme russe come riportare a casa i figli prigionieri

Il ministero della Difesa ucraino comunica che le madri russe potranno andare a Kiev a recuperare i propri figli. Pubblicato un elenco di istruzioni su come raggiungere la capitale

Remy Morandi
4 Marzo 2022
L'Ucraina spiega alle mamme russe come riportare a casa i propri figli fatti prigionieri

L'Ucraina spiega alle mamme russe come riportare a casa i propri figli fatti prigionieri

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“Mamme di tutta la Russia, venite a prendere i vostri figli prigionieri“. Dopo il secondo round di negoziati a Brest che ha portato a un’intesa per permettere ai civili ucraini di lasciare le città sotto assedio, il ministero della Difesa di Kiev si appella alle madri russe per venire in Ucraina a riprendersi e riportare a casa i propri figli, divenuti prigionieri di guerra. Il comunicato del ministero è stato diffuso con un post su Facebook:

“Mamma! Tuo figlio ti sta aspettando!“. Così il ministero della Difesa ucraino scrive nel post su Facebook, dove viene anche pubblicata una foto di un soldato russo prigioniero accanto a una madre disperata e in lacrime. “L’Ucraina – viene spiegato nel comunicato – ha deciso di restituire i prigionieri di guerra alle loro madri, se vengono in Ucraina”. Nel post il ministero della Difesa chiede “per favore, condividete queste informazioni con le migliaia di sfortunate madri russe i cui figli sono stati catturati in Ucraina”.

Nel post il ministero spiega con un elenco di istruzioni cosa devono fare le madri russe per venire a riprendere i figli prigionieri. Intanto, devono chiamare un numero di telefono o inviare una mail al ministero della Difesa ucraino per avere informazioni sul proprio figlio, e in particolare “per sapere se è imprigionato o morto“, si legge nel post. Poi, se le madri russe hanno ricevuto conferma che il loro figlio è vivo e risulta come prigioniero di guerra “devono raggiungere Kiev“.

Due soldati russi catturati in Ucraina

Come fare a raggiungere Kiev. “Dopo l’invasione dell’esercito fascista di Putin e la chiusura dello spazio aereo – spiega il ministero di Kiev – l’unico modo per raggiungere Kiev è il seguente: bisogna arrivare a Kaliningrad (una città russa che si affaccia sul Mar Baltico al confine tra la Lituania e la Polonia, ndr) o a Minsk (capitale della Bielorussia, ndr). Da lì, dopo aver attraversato la Polonia, bisogna arrivare al checkpoint con l’Ucraina”. Una volta raggiunto il checkpoint le madri russe saranno “scortate e accompagnate a Kiev”, dove verranno riconsegnati i figli prigionieri. “Noi, popolo ucraino – si conclude così il post del ministero della Difesa -, al contrario dei fascisti di Putin non facciamo guerra alle madri e ai loro figli catturati”.

Sono tantissime le madri russe che attendono con ansia di avere notizie dei propri figli in guerra. Anche perché in Russia non è consentito parlare di “guerra in Ucraina” e le informazioni che arrivano nel Paese vengono filtrate dal Cremlino. “Le madri russe stanno perdendo i loro figli in un Paese completamente straniero”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo aver spiegato che “quasi 6mila russi sono stati uccisi” nella prima settimana dell’invasione russa. “Pensate a questo numero – ha sottolineato Zelensky – quasi 6.000 russi sono morti, militari russi, in questi primi giorni di guerra”.

Il video del prigioniero russo aiutato dai civili ucraini

Due giorni fa una madre russa è riuscita a contattare il proprio figlio, fatto prigioniero, perché alcuni ucraini avevano concesso al soldato di videochiamare la mamma. Ecco il video:

Video shared on Ukrainian channels of a captured Russian soldier apparently being fed by locals. The post says he burst into tears when he was allowed to video-call his mother. So many of these troops are just teenagers, with absolutely no clue what this war is really for. pic.twitter.com/oCPUC8cKcO

— Matthew Luxmoore (@mjluxmoore) March 2, 2022

Nel video si vede il prigioniero russo aiutato da alcuni civili ucraini. Al soldato viene offerto cibo, tè caldo e un telefono per videochiamare la mamma. Il prigioniero, un giovane ragazzo russo, scoppia a piangere appena sente la voce della madre. Mentre tra i singhiozzi e le lacrime il soldato sorseggia il tè, una ragazza ucraina che gli sta a fianco e che gli tiene il telefono, dice alla mamma del soldato: “Non ti preoccupare Natasha, tuo figlio è vivo e sta bene”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
"Mamme di tutta la Russia, venite a prendere i vostri figli prigionieri". Dopo il secondo round di negoziati a Brest che ha portato a un'intesa per permettere ai civili ucraini di lasciare le città sotto assedio, il ministero della Difesa di Kiev si appella alle madri russe per venire in Ucraina a riprendersi e riportare a casa i propri figli, divenuti prigionieri di guerra. Il comunicato del ministero è stato diffuso con un post su Facebook: "Mamma! Tuo figlio ti sta aspettando!". Così il ministero della Difesa ucraino scrive nel post su Facebook, dove viene anche pubblicata una foto di un soldato russo prigioniero accanto a una madre disperata e in lacrime. "L'Ucraina - viene spiegato nel comunicato - ha deciso di restituire i prigionieri di guerra alle loro madri, se vengono in Ucraina". Nel post il ministero della Difesa chiede "per favore, condividete queste informazioni con le migliaia di sfortunate madri russe i cui figli sono stati catturati in Ucraina". Nel post il ministero spiega con un elenco di istruzioni cosa devono fare le madri russe per venire a riprendere i figli prigionieri. Intanto, devono chiamare un numero di telefono o inviare una mail al ministero della Difesa ucraino per avere informazioni sul proprio figlio, e in particolare "per sapere se è imprigionato o morto", si legge nel post. Poi, se le madri russe hanno ricevuto conferma che il loro figlio è vivo e risulta come prigioniero di guerra "devono raggiungere Kiev".
Due soldati russi catturati in Ucraina
Come fare a raggiungere Kiev. "Dopo l'invasione dell'esercito fascista di Putin e la chiusura dello spazio aereo - spiega il ministero di Kiev - l'unico modo per raggiungere Kiev è il seguente: bisogna arrivare a Kaliningrad (una città russa che si affaccia sul Mar Baltico al confine tra la Lituania e la Polonia, ndr) o a Minsk (capitale della Bielorussia, ndr). Da lì, dopo aver attraversato la Polonia, bisogna arrivare al checkpoint con l'Ucraina". Una volta raggiunto il checkpoint le madri russe saranno "scortate e accompagnate a Kiev", dove verranno riconsegnati i figli prigionieri. "Noi, popolo ucraino - si conclude così il post del ministero della Difesa -, al contrario dei fascisti di Putin non facciamo guerra alle madri e ai loro figli catturati". Sono tantissime le madri russe che attendono con ansia di avere notizie dei propri figli in guerra. Anche perché in Russia non è consentito parlare di "guerra in Ucraina" e le informazioni che arrivano nel Paese vengono filtrate dal Cremlino. "Le madri russe stanno perdendo i loro figli in un Paese completamente straniero", ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo aver spiegato che "quasi 6mila russi sono stati uccisi" nella prima settimana dell'invasione russa. "Pensate a questo numero - ha sottolineato Zelensky - quasi 6.000 russi sono morti, militari russi, in questi primi giorni di guerra".

Il video del prigioniero russo aiutato dai civili ucraini

Due giorni fa una madre russa è riuscita a contattare il proprio figlio, fatto prigioniero, perché alcuni ucraini avevano concesso al soldato di videochiamare la mamma. Ecco il video:

Video shared on Ukrainian channels of a captured Russian soldier apparently being fed by locals. The post says he burst into tears when he was allowed to video-call his mother. So many of these troops are just teenagers, with absolutely no clue what this war is really for. pic.twitter.com/oCPUC8cKcO

— Matthew Luxmoore (@mjluxmoore) March 2, 2022
Nel video si vede il prigioniero russo aiutato da alcuni civili ucraini. Al soldato viene offerto cibo, tè caldo e un telefono per videochiamare la mamma. Il prigioniero, un giovane ragazzo russo, scoppia a piangere appena sente la voce della madre. Mentre tra i singhiozzi e le lacrime il soldato sorseggia il tè, una ragazza ucraina che gli sta a fianco e che gli tiene il telefono, dice alla mamma del soldato: "Non ti preoccupare Natasha, tuo figlio è vivo e sta bene".
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