È il caso di dirlo: “Eppur (qualcosa) si muove!”. Spesso, quando si parla di parità di genere si ha come l’impressione di non aver fatto enormi passi in avanti negli ultimi anni e di dover continuare a lottare per vedere garantiti alle donne diritti e condizioni considerabili di default per gli uomini. Qualcosa, però, sembra – seppur timidamente – andare nella giusta direzione.
I casi di denuncia di momenti di dibattito pubblico tutti al maschile sono sempre di più. A chi di voi, ad esempio, non è mai capitato di assistere a un dibattito, un convegno, un evento con ospiti esclusivamente di genere maschile? Ora che ci avete pensato, provate a pensare all’esatto opposto: quante volte vi è capitato di partecipare alle medesime occasioni di confronto e di imbattervi in un parterre tutto al femminile? La riposta al secondo quesito è drammaticamente scontata. Pochissime. La causa? Mancano le donne nei ruoli apicali, stando a quanto si rumoreggia – con non poca ipocrisia annessa – tra gli organizzatori. E, a pensar male, verrebbe da aggiungere: “Ma dai?”. Per colmare questa lacuna dei nostri tempi, sono sempre di più le realtà che lavorano per raggiungere la parità di genere.
A Bari, c’è chi ha fatto un importante balzo in avanti: nessun patrocinio né tantomeno la possibilità di utilizzare il logo se alle tavole rotonde, ai convegni o nei dibattiti a cui prendono parte gruppi di esperti non verrà garantita la parità di genere. Ebbene no, non si tratta della proposta di un gruppo di ultra-femministe contemporanee ma della decisione dell’Università ‘Aldo Moro’ del capoluogo pugliese che ha modificato le linee guida per la concessione del patrocinio e l’autorizzazione all’utilizzo del logo tenendo conto, appunto, della necessità di garantire la pluralità di genere nei panel.
L’iniziativa rientra negli obiettivi previsti dal Gender Equality Plan 2022/2023 che l’Ateneo pugliese ha recentemente adottato allo scopo di lanciare un segnale chiaro in fatto di politiche di genere, a partire dalla presenza delle donne nei panel e, più in generale, nei programmi degli eventi scientifici e di public engagement. Senza dubbio, si tratta di un’iniziativa che farà parlare di sé e che ci auguriamo possa diventare modello non solo per gli altri Atenei d’Italia ma, più in generale, per l’intero Paese. Sono ancora troppi i luoghi in cui mancano le donne e far passare la rivoluzione di genere proprio dalle case della conoscenza e della cultura significa avanzare a passo spedito verso una sempre più concreta parità sostanziale oltre che formale.