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Home » Attualità » Anche gli uomini sono vittime di violenza: “Il vero killer è l’analfabetismo psicologico e relazionale”

Anche gli uomini sono vittime di violenza: “Il vero killer è l’analfabetismo psicologico e relazionale”

Nel 2022 il centro "Oltre il genere" ha accolto le richieste di aiuto di oltre 150 persone di sesso maschile. Nel 65% dei casi 'l'aguzzino' è la partner

Barbara Berti
1 Febbraio 2023
La violenza non ha sesso

La violenza non ha sesso

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La violenza non ha genere. Ci sono uomini violenti così come donne violente. Pochi giorni fa, per esempio, una donna ha accoltellato il marito alla gola uccidendolo davanti al figlio 15enne. E le liti tra coniugi non solo l’unico motivo per cui anche gli uomini si rivolgono sempre più spesso ai centri antiviolenza.

In provincia di Ascoli Piceno, da un paio d’anni, è attivo il Centro antiviolenza “Oltre il genere”, il primo in Italia dedicato agli uomini vittima di violenza, sostenuto da un’amministrazione pubblica, il comune di San Benedetto del Tronto. La struttura è stata fortemente voluta dalla psicoterapeuta e coordinatrice del Centro, Antonella Baiocchi, nel periodo in cui è stata assessore alle Pari Opportunità del Comune di San Benedetto. A gestire il Cav è l’Associazione per la Promozione e lo Sviluppo Individuale e Relazionale (Aprosir) che offre tutela agli uomini vittime di violenza, dai maltrattamenti alle prevaricazioni, dallo stalking al bullismo, e dà indicazioni per uscire dal circuito della violenza.

Anche gli uomini sono vittime di violenza
Anche gli uomini sono vittime di violenza

Tra il 28 dicembre 2021 e il 28 dicembre 2022, il Centro ha accolto le richieste di aiuto di ben 151 uomini, l’anno precedente (il primo anno di apertura) erano state 132 le richieste. Nel periodo preso in esame sono state effettuate in totale 367 consulenze tramite telefono e videoconferenza. Tutti gli uomini che hanno chiamato erano italiani, alcuni nati nel Paese da genitori stranieri. La fascia d’età più rappresentata è stata quella tra i 40-49 anni (34%), seguita dalla fascia di età 30-39 (32%) e dalla fascia di età 18-29 (19%).

La locandina che presenta il servizio
La locandina che presenta il servizio

Lo stato civile maggiormente rappresentato è quello dei conviventi (42%), seguito dai coniugati (25%) e coniugati in fase di separazione (19%). Il 65% degli uomini ha subito violenza da donne: nello specifico dalle partner ed ex partner. Il 16,5% degli uomini è stato maltrattato da altri uomini: dai fratelli per questioni di eredità e di gelosia parentale; da conoscenti che li hanno presi di mira per antipatia o per l’omosessualità vera o presunta; da colleghi e datori di lavoro. Gli omosessuali hanno dichiarato di aver subito angherie dal partner. Il 18,5% degli uomini è stato maltrattato da più persone, sia uomini che donne.

La psicoterapeuta Baiocchi, da tempo, sostiene la tesi della bidirezionalità della violenza, ovvero i carnefici possono essere sia uomini sia donne. “Riconoscere il diritto di tutela anche alle vittime di sesso maschile non significa essere ‘contro’ le donne. Il vero killer è quello che chiamo analfabetismo psicologico e relazionale, che induce le persone a gestire le divergenze con modalità dicotomiche, cioè prevaricando l’interlocutore in posizione di vulnerabilità”. Ovvero con la violenza.

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Instagram

  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
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