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Home » Attualità » Venezia, le maschere più iconiche del Carnevale sbarcano per la prima volta nel Metaverso

Venezia, le maschere più iconiche del Carnevale sbarcano per la prima volta nel Metaverso

"Take Your Time For The Original Signs", questo il progetto che consentirà ad appassionati e avatar di tutto il pianeta di vestire le maschere della tradizione veneziana grazie ai loro avatar

Caterina Ceccuti
2 Febbraio 2023
Carnevale Venezia nel metaverso (Ufficio stampa comune Venezia)

Carnevale Venezia nel metaverso (Ufficio stampa comune Venezia)

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Sembra davvero essere Venezia, “la più antica città del futuro”. A definirla così è stato il sindaco stesso, Luigi Brugnaro, nel corso della presentazione del progetto “Take Your Time For The original Signs”, ossia il primo carnevale del metaverso, che consentirà a persone di tutto il mondo di condividere virtualmente le emozioni della grande festa in maschera veneziana. Basterà creare un proprio avatar e scegliere per lui un abito tipico della tradizione, come Colombina, Pantalone, la Bauta, il Medico della Peste o la Fenice, ricreate in chiave contemporanea.

Carnevale Venezia nel metaverso (Ufficio stampa comune Venezia)

Per quanti vorranno partecipare – a questo punto anche da remoto – l’appuntamento è dal 4 al 21 febbraio, per le strade di Venezia o sulle principali piattaforme social, di gioco e metaversi (Instagram, Ready Player Me e Roblox). Sarà la prima volta nella storia che, grazie alla collaborazione tra PwC Italia e Vela Spa, a chiunque sarà permesso di lasciare un segno della propria unicità in qualsiasi parte del mondo si trovi, passeggiando tra ponti e calli assieme alle persone reali e vivendo il Venice Virtual Carnival. Oltre alle maschere tradizionali sarà possibile far indossare al proprio avatar anche quella creata per l’occasione dal direttore artistico Massimo Checchetto, intitolata “Original Sign“.

Carnevale Venezia nel metaverso (Ufficio stampa comune Venezia)

“Venezia con il suo Carnevale scommette sul futuro e sul dialogo con le nuove generazioni – ha spiegato il primo cittadino Brugnaro -. Questa città ha sempre rischiato nel tempo, facendo grandi conquiste e scoperte: adesso dobbiamo esplorare il futuro, che in effetti è già tra noi. Un percorso, questo, che le grandi aziende stanno già facendo e che dobbiamo seguire, perché siamo una grande città del mondo”.
 Tra le idee in ballo c’è anche un progetto per raccontare e ricostruire la storia di tutta la Città Metropolitana nel metaverso. “Futuro e passato insieme, per spiegare al mondo intero come è nata Venezia, raccontarla attraverso le storie che furono, i luoghi e il tempo – conclude il sindaco -. Pensiamo a veri e propri percorsi culturali per avvicinare le nuove generazioni e raccontare loro la ‘più antica città del futuro’, in un ambito virtuale” .

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
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