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Home » Attualità » I fili di Virgelina Chará per “cucire” la memoria delle vittime del conflitto armato colombiano

I fili di Virgelina Chará per “cucire” la memoria delle vittime del conflitto armato colombiano

Alla guida del progetto "Unione dei sarti", per l'attivista "tessere una tela significa riparare un Paese rotto dalla guerra"

Domenico Guarino
12 Settembre 2022
L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)

L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)

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Ritrovarsi. Ricucire. Tessere una tela che colmi i buchi, mettendo una toppa, laddove qualcuno aveva strappato il tessuto. Tra il cucito e le relazioni umane c’è uno speciale filo conduttore, fatto di contatti ed intrecci. Che sanano. E’ quello che deve aver pensato l’attivista afrocolombiana Virgelina Chará che, mentre il conflitto armato colombiano ancora insanguina il paese nonostante gli accordi di pace tra il governo e le Farc-Ep del 2016, porta avanti un progetto per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito, nell’intento di rispondere alla necessità di verità e giustizia.

L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)
L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)

Quasi 70 anni, un viso segnato dalle traversie di un Paese difficile eppure solare nella sua espressione pacata, Virgelina, leader riconosciuta del movimento per la pace e i diritti umani, candidata al premio Nobel per la Pace nel 2005, è oggi la figura più visibile dell’Unión de Costureros (Unione dei Sarti), associazione nata nel 2014, che ha creato uno spazio accogliente – all’interno della Casa della Pace di Bogotà – dove le vittime, soprattutto donne, possono raccontare le loro storie e tramandare la memoria di quanto è successo.

“Cucire significa riparare un paese rotto dal conflitto, generando consapevolezza e conoscenza allo stesso tempo, e dicendo alla Colombia che vogliamo la verità” dice Virgelina Chará. Che ha imparato a cucire e ricucire negli anni anche la sua vita. Nata nel 1953 a Suárez (dipartimento del Cauca), madre di sette figli, Chará è stata per due volte obbligata con la forza a lasciare la sua casa e più volte ha dovuto far fronte a minacce e intimidazioni. Nel 1985 il primo episodio: da Suarez dovette riparare a Santiago de Cali, quartiere di Aguablanca, dove vive maggior parte delle persone sfollate a causa della violenza. Nel 2000 però Chará fu stata costretta a cambiare nuovamente residenza, trasferendosi a Bogotà, dopo aver denunciato dei gruppi criminali che, con il beneplacito di alcuni membri dell’esercito, si dedicavano al reclutamento di giovani nel suo quartiere. Le minacce e le intimidazioni alla sua persona sono tuttavia continuate, senza tuttavia piegare la resistenza e la ferrea volontà di Chará.

 Virgelina Chará insieme ai suoi fili per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito (Instagram)
Virgelina Chará insieme ai suoi fili per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito (Instagram)

Sotto la sua guida, l’Unione dei Sarti ha già realizzato iniziative di forte impatto, come la copertura con enormi pezzi di stoffa cuciti a mano del Memoriale ubicato nel Centro Memoria, Pace e Riconciliazione (settembre 2018) e del Castello delle Arti nel 2021. Ora il nuovo e ambizioso progetto è quello di un copertura con tele della memoria (arropamiento con telas de la memorias) del Palazzo di Giustizia di Bogotá. Un atto comunitario e simbolico che sarà celebrato 37 anni dopo che la guerriglia M-19 occupò con la forza l’edificio, provocando un conflitto che portò all’incendio del palazzo e alla morte di oltre 100 persone.

In tutto si tratta di 166.000 mq di tela ricamata dai cosiddetti “sarti e sarte itineranti” provenienti da tutto il mondo a rivestire il Palazzo di Giustizia. Un’impresa titanica, dai costi ingenti che saranno sostenuti grazie alla vendita di prodotti acquistabili nei vari punti di riunione dell’Unione dei Sarti in tutto il paese: vestiti, bambole e accessori realizzati a mano. Intanto, come a testimoniare simbolicamente il frutto delle lotte di Chará, a seguito delle ultime elezioni del 19 giugno, a sedere sulla sedia della vicepresidenza sarà Francia Marquéz. Starà a lei, oltre che al nuovo presidente, Gustavo Petro, accogliere questa richiesta di riconciliazione, verità e giustizia che arriva da migliaia di donne e uomini, attivisti, attiviste e leader comunitari che hanno messo su tela il loro sentire e la loro memoria.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

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Ritrovarsi. Ricucire. Tessere una tela che colmi i buchi, mettendo una toppa, laddove qualcuno aveva strappato il tessuto. Tra il cucito e le relazioni umane c’è uno speciale filo conduttore, fatto di contatti ed intrecci. Che sanano. E’ quello che deve aver pensato l’attivista afrocolombiana Virgelina Chará che, mentre il conflitto armato colombiano ancora insanguina il paese nonostante gli accordi di pace tra il governo e le Farc-Ep del 2016, porta avanti un progetto per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito, nell’intento di rispondere alla necessità di verità e giustizia.
L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)
L’attivista afrocolombiana Virgelina Chará (Instagram)
Quasi 70 anni, un viso segnato dalle traversie di un Paese difficile eppure solare nella sua espressione pacata, Virgelina, leader riconosciuta del movimento per la pace e i diritti umani, candidata al premio Nobel per la Pace nel 2005, è oggi la figura più visibile dell’Unión de Costureros (Unione dei Sarti), associazione nata nel 2014, che ha creato uno spazio accogliente - all'interno della Casa della Pace di Bogotà - dove le vittime, soprattutto donne, possono raccontare le loro storie e tramandare la memoria di quanto è successo. “Cucire significa riparare un paese rotto dal conflitto, generando consapevolezza e conoscenza allo stesso tempo, e dicendo alla Colombia che vogliamo la verità” dice Virgelina Chará. Che ha imparato a cucire e ricucire negli anni anche la sua vita. Nata nel 1953 a Suárez (dipartimento del Cauca), madre di sette figli, Chará è stata per due volte obbligata con la forza a lasciare la sua casa e più volte ha dovuto far fronte a minacce e intimidazioni. Nel 1985 il primo episodio: da Suarez dovette riparare a Santiago de Cali, quartiere di Aguablanca, dove vive maggior parte delle persone sfollate a causa della violenza. Nel 2000 però Chará fu stata costretta a cambiare nuovamente residenza, trasferendosi a Bogotà, dopo aver denunciato dei gruppi criminali che, con il beneplacito di alcuni membri dell’esercito, si dedicavano al reclutamento di giovani nel suo quartiere. Le minacce e le intimidazioni alla sua persona sono tuttavia continuate, senza tuttavia piegare la resistenza e la ferrea volontà di Chará.
 Virgelina Chará insieme ai suoi fili per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito (Instagram)
Virgelina Chará insieme ai suoi fili per promuovere la riconciliazione e la memoria delle vittime attraverso il cucito (Instagram)
Sotto la sua guida, l’Unione dei Sarti ha già realizzato iniziative di forte impatto, come la copertura con enormi pezzi di stoffa cuciti a mano del Memoriale ubicato nel Centro Memoria, Pace e Riconciliazione (settembre 2018) e del Castello delle Arti nel 2021. Ora il nuovo e ambizioso progetto è quello di un copertura con tele della memoria (arropamiento con telas de la memorias) del Palazzo di Giustizia di Bogotá. Un atto comunitario e simbolico che sarà celebrato 37 anni dopo che la guerriglia M-19 occupò con la forza l’edificio, provocando un conflitto che portò all’incendio del palazzo e alla morte di oltre 100 persone. In tutto si tratta di 166.000 mq di tela ricamata dai cosiddetti “sarti e sarte itineranti” provenienti da tutto il mondo a rivestire il Palazzo di Giustizia. Un’impresa titanica, dai costi ingenti che saranno sostenuti grazie alla vendita di prodotti acquistabili nei vari punti di riunione dell’Unione dei Sarti in tutto il paese: vestiti, bambole e accessori realizzati a mano. Intanto, come a testimoniare simbolicamente il frutto delle lotte di Chará, a seguito delle ultime elezioni del 19 giugno, a sedere sulla sedia della vicepresidenza sarà Francia Marquéz. Starà a lei, oltre che al nuovo presidente, Gustavo Petro, accogliere questa richiesta di riconciliazione, verità e giustizia che arriva da migliaia di donne e uomini, attivisti, attiviste e leader comunitari che hanno messo su tela il loro sentire e la loro memoria.
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