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Home » Attualità » Virginia, bimba trans esclusa dalla squadra femminile di sci

Virginia, bimba trans esclusa dalla squadra femminile di sci

Il caso arriva davanti alla Corte Suprema. I legali della ragazzina: "Inconcepibile negarle di partecipare agli sport con i suoi coetanei"

Barbara Berti
11 Marzo 2023
Becky Pepper-Jackson, bambina transgender a cui è stato negato di fare sport insieme alle compagne di classe

Becky Pepper-Jackson, bambina transgender a cui è stato negato di fare sport insieme alle compagne di classe

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Il caso di una bambina transgender esclusa nella squadra di sci femminile davanti alla Corte Suprema. Nel giugno del 2021, l’allora undicenne Becky Pepper-Jackson e l’Aclu (American Civil Liberties Union, un’associazione che promuove le libertà civili e i diritti civili) del West Virginia avevano citato in giudizio il Dipartimento dell’Istruzione dello Stato, perché le era stata negata l’opportunità di gareggiare con la squadra di sci femminile della sua scuola media in quanto bambina transgender: una vera e propria discriminazione in materia di istruzione in base al sesso.

Becky Pepper-Jackson (Foto: Aclu)
Becky Pepper-Jackson (Foto: Aclu)

Adesso, secondo quanto riportano i media americani, alla massima corte è stato chiesto di ribaltare una decisione della corte d’appello che ha congelato una legge del 2021 del West Virginia che vieta a Becky Pepper-Jackson, e ad altri transgender, di competere con altre ragazze perché nata maschio. Con l’appoggio dell’Aclu, Pepper-Jackson aveva iniziato la sua battaglia: la ragazzina aveva detto di sfidare la legge discriminatoria perché non voleva che lei, e gli coetanei transgender perdessero le opportunità di fare sport. “I bambini trans meritano di meglio” erano state le sue parole.

La bambina è da sempre appassionata di sport. Ha iniziato a correre con sua madre quando aveva solo cinque anni. Ha anche due fratelli maggiori che hanno iniziato a correre alla stessa età. Nel 2021, alla fine delle restrizioni dovute alla pandemia, sperava di unirsi alla squadra di sci di fondo della sua scuola. Tuttavia, quando ha cercato di unirsi alla squadra di sci di fondo femminile della Bridgeport Middle School nel West Virginia, è stata chiamata nell’ufficio del preside insieme ai suoi genitori. Il preside ha spiegato che Pepper-Jackson non avrebbe potuto unirsi alla squadra, perché è trans.

Così, due anni fa, aveva fatto causa contro la legge sostenendo che violasse la Costituzione americana e una legge federale del 1972, nota come Title IX, che proibisce la discriminazione nelle scuole in base al sesso. Il tribunale distrettuale non le aveva dato ragione ma la bambina era riuscita a ottenere il congelamento della legge in attesa dell’appello. Oggi lo stato, appoggiato dall’organizzazione di destra Alliance Defending Freedom, ha chiesto alla Corte Suprema di annullare la sospensione sostenendo che “le differenze biologiche tra maschi e femmine contano nello sport”. Gli avvocati della bambina hanno risposto che nel 2021 e nel 2022, ha gareggiato “senza incidenti” nella squadra della scuola. “Negarle la possibilità di continuare a competere, le procurerebbe danni irreparabili” hanno dichiarato i legali dell’Aclu. E hanno ricordato che “Becky ha provato ed è stata accettata come membro della squadra di atletica femminile, senza alcun problema dai suoi compagni di squadra. Ha ricevuto farmaci per ritardare la pubertà e ormoni che affermano il genere. È inconcepibile che il procuratore generale del West Virginia voglia impedire a Becky di partecipare a sport con i suoi coetanei”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il caso di una bambina transgender esclusa nella squadra di sci femminile davanti alla Corte Suprema. Nel giugno del 2021, l’allora undicenne Becky Pepper-Jackson e l’Aclu (American Civil Liberties Union, un’associazione che promuove le libertà civili e i diritti civili) del West Virginia avevano citato in giudizio il Dipartimento dell’Istruzione dello Stato, perché le era stata negata l’opportunità di gareggiare con la squadra di sci femminile della sua scuola media in quanto bambina transgender: una vera e propria discriminazione in materia di istruzione in base al sesso.
Becky Pepper-Jackson (Foto: Aclu)
Becky Pepper-Jackson (Foto: Aclu)
Adesso, secondo quanto riportano i media americani, alla massima corte è stato chiesto di ribaltare una decisione della corte d'appello che ha congelato una legge del 2021 del West Virginia che vieta a Becky Pepper-Jackson, e ad altri transgender, di competere con altre ragazze perché nata maschio. Con l'appoggio dell'Aclu, Pepper-Jackson aveva iniziato la sua battaglia: la ragazzina aveva detto di sfidare la legge discriminatoria perché non voleva che lei, e gli coetanei transgender perdessero le opportunità di fare sport. “I bambini trans meritano di meglio” erano state le sue parole. La bambina è da sempre appassionata di sport. Ha iniziato a correre con sua madre quando aveva solo cinque anni. Ha anche due fratelli maggiori che hanno iniziato a correre alla stessa età. Nel 2021, alla fine delle restrizioni dovute alla pandemia, sperava di unirsi alla squadra di sci di fondo della sua scuola. Tuttavia, quando ha cercato di unirsi alla squadra di sci di fondo femminile della Bridgeport Middle School nel West Virginia, è stata chiamata nell'ufficio del preside insieme ai suoi genitori. Il preside ha spiegato che Pepper-Jackson non avrebbe potuto unirsi alla squadra, perché è trans. Così, due anni fa, aveva fatto causa contro la legge sostenendo che violasse la Costituzione americana e una legge federale del 1972, nota come Title IX, che proibisce la discriminazione nelle scuole in base al sesso. Il tribunale distrettuale non le aveva dato ragione ma la bambina era riuscita a ottenere il congelamento della legge in attesa dell'appello. Oggi lo stato, appoggiato dall'organizzazione di destra Alliance Defending Freedom, ha chiesto alla Corte Suprema di annullare la sospensione sostenendo che “le differenze biologiche tra maschi e femmine contano nello sport”. Gli avvocati della bambina hanno risposto che nel 2021 e nel 2022, ha gareggiato “senza incidenti” nella squadra della scuola. “Negarle la possibilità di continuare a competere, le procurerebbe danni irreparabili” hanno dichiarato i legali dell'Aclu. E hanno ricordato che "Becky ha provato ed è stata accettata come membro della squadra di atletica femminile, senza alcun problema dai suoi compagni di squadra. Ha ricevuto farmaci per ritardare la pubertà e ormoni che affermano il genere. È inconcepibile che il procuratore generale del West Virginia voglia impedire a Becky di partecipare a sport con i suoi coetanei".
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