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Home » Attualità » Vittorio Brumotti, il campione di bike trial attento all’ambiente: “La natura va tutelata”

Vittorio Brumotti, il campione di bike trial attento all’ambiente: “La natura va tutelata”

La prima bici, la casa circondata da seicento alberi, le paure, i record e le prossime avventure: tutto sull'inviato di Striscia la Notizia

Elsa Toppi
3 Dicembre 2022
Il conduttore televisivo e ciclista italiano, Vittorio Brumotti

Il conduttore televisivo e ciclista italiano, Vittorio Brumotti

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Dalle scalate in bici sulle cime del mondo ai blitz per “Striscia la Notizia”, non lo ferma nessuno. Vittorio Brumotti, classe 1980, nonostante lo spirito da guascone ha uno spiccato senso della disciplina. D’altronde, se non fosse così, non potrebbe scalare le ripidità del Grand Canyon come fosse la cosa più naturale del mondo. Il senso delle regole è un retaggio in parte familiare (papà e zio erano nell’Arma) e in parte sportivo. E la bicicletta è la sua grande compagna di vita. In pochi sanno, invece, che nutre una vera e propria fissazione per alberi e piante. Da anni, inoltre, il campione del mondo di bike trial è al fianco del FAI (Fondo ambientale italiano) per tutelare le bellezze del nostro Paese. Celebri i suoi tour dell’Italia in bici nel segno di un turismo lento e sostenibile.

A Vittorio Brumotti la questione ambientale sta molto a cuore: in occasione dell'accensione dell'albero l'8 dicembre, raggiungerà Forlì con una bici a impatto zero
A Vittorio Brumotti la questione ambientale sta molto a cuore: in occasione dell’accensione dell’albero l’8 dicembre, raggiungerà Forlì con una bici a impatto zero

La prima bici con i risparmi di mamma e papà

Cosa è per lei la bicicletta?

“E’ un estensione del mio corpo. Sono 31 anni che faccio bike trials, ho iniziato l’11 novembre del 1991”.

Che memoria! Se la ricorda la sua prima bici?

“E’ appesa nell’hangar privato di casa mia. E’ una Monty spagnola, acquistata grazie ai soldi messi da parte dei miei genitori. Costava 890mila lire. Per farmi questa sorpresa hanno fatto uno sforzo immenso. Mamma Lisa e papà Claudio sono la mia vita. Ho tatuate le loro date di nascita, 58 e 68, sulle dita di entrambe le mani”.

E’ felice di quello che ha realizzato finora?

“L’uomo che della propria passione farà una professione sarà sempre costretto a essere felice. Vorrei che tante persone potessero avere la possibilità che ho avuto io. Comunque sono uno che non vive di passato ma di futuro”.

L’8 dicembre sarà protagonista d’eccezione a Forlì per l’accensione dell’albero. Un Natale, per la città, nel segno della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente…

“Forlì per me è una meta cara e quando mi hanno chiamato mi ha fatto molto piacere. Ci andavo a vedere l’Air show, da piccolo ero fissato con gli aerei militari. Chiaramente ci andrò con la mia bici a impatto zero, molto diversa dagli aerei super inquinanti”.

Centinaia di alberi nel giardino di casa

Qual è il suo personale rapporto con la natura?

“Nel giardino di casa mia, in Liguria, ho acquistato più di seicento alberi”.

Dice sul serio?

“Sì, certo. Non esibisco auto, bici o moto ma piante e alberi. Praticamente la mia abitazione è al centro di seicento alberi. Dalle piante grasse alle vulcaniche, passando per le Washingtonia, la meno attaccabile dal punteruolo rosso. Adoro le sempreverdi perché mi danno la percezione dell’esplosione della natura. Mi considero parte di essa. Penso che la natura vada curata e tutelata”.

Vittorio Brumotti durante il programma televisivo Striscia la Notizia

Tutelare la natura significa preservare noi stessi

Prevenire è meglio che curare…

“Certo. Se c’è un castello vicino a un fiume, è chiaro che il letto del fiume va pulito ogni anno. In Liguria, per esempio, abbiamo i terrazzamenti che vanno sempre curati e preservati perché altrimenti con la pressione dell’acqua cedono i muretti a secco e crolla la montagna. Tutelare la natura significa preservare noi stessi. Non si può rimandare. L’ Italia è il Paese più bello del mondo e va protetto”.

È vero che voleva scalare l’Everest con la bici?

“Ho provato più volte ma per motivi politici mi hanno bloccato. Ho passato due anni sulla catena dell’Himalaya a prepararmi. Sono stato sulle più alte cime europee”.

Ha mai paura?

“In realtà sono con la testa sempre da un’altra parte. L’anima va altrove. Sono sempre in bici che salto e non considero i pericoli. Sono drogato dalla vita e cerco di godermela appieno. Mi sento realizzato facendo sport, avendo due genitori che mi danno tanto amore e delle regole. E quando ti senti così, affronti queste battaglie a testa alta”.

Cos’è l’adrenalina per lei?

“E’ una droga naturale. Bisogna saperla calibrare perché ti può fregare”.

Il record che le manca?

“Mi piace stupire con cose non scontate. Sono un provocatore. Magari un giorno penserò a un record diverso dai miei soliti”.

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Instagram

  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet

Dalle scalate in bici sulle cime del mondo ai blitz per "Striscia la Notizia", non lo ferma nessuno. Vittorio Brumotti, classe 1980, nonostante lo spirito da guascone ha uno spiccato senso della disciplina. D’altronde, se non fosse così, non potrebbe scalare le ripidità del Grand Canyon come fosse la cosa più naturale del mondo. Il senso delle regole è un retaggio in parte familiare (papà e zio erano nell'Arma) e in parte sportivo. E la bicicletta è la sua grande compagna di vita. In pochi sanno, invece, che nutre una vera e propria fissazione per alberi e piante. Da anni, inoltre, il campione del mondo di bike trial è al fianco del FAI (Fondo ambientale italiano) per tutelare le bellezze del nostro Paese. Celebri i suoi tour dell’Italia in bici nel segno di un turismo lento e sostenibile.

A Vittorio Brumotti la questione ambientale sta molto a cuore: in occasione dell'accensione dell'albero l'8 dicembre, raggiungerà Forlì con una bici a impatto zero
A Vittorio Brumotti la questione ambientale sta molto a cuore: in occasione dell'accensione dell'albero l'8 dicembre, raggiungerà Forlì con una bici a impatto zero

La prima bici con i risparmi di mamma e papà

Cosa è per lei la bicicletta?

"E’ un estensione del mio corpo. Sono 31 anni che faccio bike trials, ho iniziato l’11 novembre del 1991".

Che memoria! Se la ricorda la sua prima bici?

"E’ appesa nell’hangar privato di casa mia. E’ una Monty spagnola, acquistata grazie ai soldi messi da parte dei miei genitori. Costava 890mila lire. Per farmi questa sorpresa hanno fatto uno sforzo immenso. Mamma Lisa e papà Claudio sono la mia vita. Ho tatuate le loro date di nascita, 58 e 68, sulle dita di entrambe le mani".

E’ felice di quello che ha realizzato finora?

"L’uomo che della propria passione farà una professione sarà sempre costretto a essere felice. Vorrei che tante persone potessero avere la possibilità che ho avuto io. Comunque sono uno che non vive di passato ma di futuro".

L’8 dicembre sarà protagonista d’eccezione a Forlì per l’accensione dell’albero. Un Natale, per la città, nel segno della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente…

"Forlì per me è una meta cara e quando mi hanno chiamato mi ha fatto molto piacere. Ci andavo a vedere l’Air show, da piccolo ero fissato con gli aerei militari. Chiaramente ci andrò con la mia bici a impatto zero, molto diversa dagli aerei super inquinanti".

Centinaia di alberi nel giardino di casa

Qual è il suo personale rapporto con la natura?

"Nel giardino di casa mia, in Liguria, ho acquistato più di seicento alberi".

Dice sul serio?

"Sì, certo. Non esibisco auto, bici o moto ma piante e alberi. Praticamente la mia abitazione è al centro di seicento alberi. Dalle piante grasse alle vulcaniche, passando per le Washingtonia, la meno attaccabile dal punteruolo rosso. Adoro le sempreverdi perché mi danno la percezione dell’esplosione della natura. Mi considero parte di essa. Penso che la natura vada curata e tutelata".

Vittorio Brumotti durante il programma televisivo Striscia la Notizia

Tutelare la natura significa preservare noi stessi

Prevenire è meglio che curare…

"Certo. Se c’è un castello vicino a un fiume, è chiaro che il letto del fiume va pulito ogni anno. In Liguria, per esempio, abbiamo i terrazzamenti che vanno sempre curati e preservati perché altrimenti con la pressione dell’acqua cedono i muretti a secco e crolla la montagna. Tutelare la natura significa preservare noi stessi. Non si può rimandare. L’ Italia è il Paese più bello del mondo e va protetto".

È vero che voleva scalare l’Everest con la bici?

"Ho provato più volte ma per motivi politici mi hanno bloccato. Ho passato due anni sulla catena dell’Himalaya a prepararmi. Sono stato sulle più alte cime europee".

Ha mai paura?

"In realtà sono con la testa sempre da un’altra parte. L’anima va altrove. Sono sempre in bici che salto e non considero i pericoli. Sono drogato dalla vita e cerco di godermela appieno. Mi sento realizzato facendo sport, avendo due genitori che mi danno tanto amore e delle regole. E quando ti senti così, affronti queste battaglie a testa alta".

Cos’è l’adrenalina per lei?

"E’ una droga naturale. Bisogna saperla calibrare perché ti può fregare".

Il record che le manca?

"Mi piace stupire con cose non scontate. Sono un provocatore. Magari un giorno penserò a un record diverso dai miei soliti".

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