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Home » Attualità » Wyoming, primo Stato Usa che vieta l’uso della pillola abortiva

Wyoming, primo Stato Usa che vieta l’uso della pillola abortiva

Il governatore Mark Gordon ha firmato la nuova legge che vieta anche la prescrizione del medicinale. Pene fino a sei mesi di carcere e una multa fino a 9.000 dollari

Marianna Grazi
18 Marzo 2023
Wyoming primo stato americano a vietare l'uso e la prescrizione delle pillole per abortire

Wyoming primo stato americano a vietare l'uso e la prescrizione delle pillole per abortire

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Il Wyoming diventa il primo stato Usa a porre il divieto alle pillole abortive. Era solo questione di tempo, purtroppo, viste le polemiche sulle decisioni prese a livello nazionale (dalla Fda ad esempio) e le continue minacce da parte degli Stati guidati repubblicani a un diritto femminile sempre più in pericolo. Il governatore Mark Gordon ha firmato venerdì 17 marzo una legge che vieta l’uso o la prescrizione di farmaci per abortire, misura approvata all’inizio del mese dal parlamento federale.

Cosa prevede la legge del Wyoming

La pillola abortiva mifepristone
La pillola abortiva mifepristone

Mentre un giudice federale del Texas sta valutando la possibilità di vietare a livello nazionale la pillola abortiva mifepristone, in risposta a una causa intentata da gruppi anti-aborto, Gordon ha già firmato la legge per renderla illegale. Il punto cruciale delle due pagine del disegno di legge è la disposizione che vieta di “prescrivere, dispensare, distribuire, vendere o utilizzare qualsiasi droga allo scopo di procurare o eseguire un aborto”. Sono esentate dal divieto le cosiddette pillole del “giorno dopo”, farmaci contraccettivi prescritti dopo il rapporto sessuale ma prima che possa essere confermata una gravidanza. La misura prevede anche un’esenzione per qualsiasi trattamento necessario a proteggere una donna “da un rischio imminente che mette in serio pericolo la sua vita o la sua salute”, nonché qualsiasi trattamento di “aborto spontaneo secondo le linee guida mediche attualmente accettate”. La violazione del divieto, invece, dovrà essere trattata come un reato penale, punibile con un massimo di sei mesi di carcere e una multa fino a 9.000 dollari. Il provvedimento stabilisce infine che una donna “su cui viene eseguito o tentato un aborto chimico non sarà perseguita penalmente”.

Divieto di aborto: le eccezioni

Attivisti pro-aborto in Wyoming contro i divieti alla procedura

Il governatore ha detto di aver autorizzato la promulgazione, senza la sua firma, di una legge separata approvata dai legislatori statali che vieta le procedure abortive convenzionali, tranne quando è necessario per proteggere la salute e la vita della madre, o in caso di stupro o incesto. L’eccezione è consentita anche per interrompere una gravidanza se i medici stabiliscono che il feto presenta un’anomalia mortale. Le battaglie legali sui diritti riproduttivi delle donne si sono intensificate negli Stati Uniti in seguito alla decisione della Corte Suprema dello scorso anno che ha annullato la storica decisione Roe v. Wade. Gordon ha dichiarato infatti che i gruppi pro-aborto, che hanno già contestato il divieto del Wyoming, entrato in vigore dopo il rovesciamento della sentenza del 1973, hanno intentato una causa per bloccare preventivamente il nuovo divieto nello Stato.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il Wyoming diventa il primo stato Usa a porre il divieto alle pillole abortive. Era solo questione di tempo, purtroppo, viste le polemiche sulle decisioni prese a livello nazionale (dalla Fda ad esempio) e le continue minacce da parte degli Stati guidati repubblicani a un diritto femminile sempre più in pericolo. Il governatore Mark Gordon ha firmato venerdì 17 marzo una legge che vieta l'uso o la prescrizione di farmaci per abortire, misura approvata all'inizio del mese dal parlamento federale.

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