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Home » HP Blocco Testo Destra » Alba Donati, poetessa nella libreria più piccola del mondo: “Le donne sono state zitte per troppo tempo”

Alba Donati, poetessa nella libreria più piccola del mondo: “Le donne sono state zitte per troppo tempo”

A Lucignana, in provincia di Lucca, ha costruito il suo "castello" dove poter rinascere da una vita che le si è accanita più volte contro, tra malattia, depressione e mancanza di risorse. Ora racconta la sua storia ne “La libreria sulla collina”

Geraldina Fiechter
10 Maggio 2022
Alba Donati e la poesia nella libreria più piccola del mondo

Alba Donati e la poesia nella libreria più piccola del mondo

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Ha fatto molti giri di giostra, Alba Donati, prima di tornare a se stessa. Ed è questa epifania, questa invidiabile novella, ad attrarre come api sul miele lo sciame di pellegrini che da ogni dove la raggiungono sul cucuzzolo di un monte, dove ha costruito il più piccolo e il più lucente dei castelli che un essere umano possa edificare. Sembra la casa di una bambola, la sua libreria, uno di quei giochi rimasti intrappolati nella fantasia quando lei povera, lei bambina, lei orfana di un padre da cui si sentiva abbandonata, sognava e ri-sognava nella soffitta del paesello a cui ha fatto ritorno. Tutto vero, tutto maledettamente vero, in questa fiaba raccontata nel libro appena uscito per Enaudi, “La libreria sulla collina”. Nella vita di Alba c’è stato tutto: il lupo, i tre porcellini, Cappuccetto rosso, Cenerentola, poi di nuovo il lupo e li lieto fine. O un nuovo inizio? Da qui, comunque, noi partiamo.

Alba Donati
Alba Donati, autrice del libro “La libreria sulla collina”, Einaudi

Alba, come sta in cima al cucuzzolo?
“Mi diverto, mi riposo, ho una vita nuova”.

Vogliamo il segreto: come si arriva a una decisione così forte, lasciare tutto per aprire una libreria in un paesino di 180 anime?
“Ero stanca. Tutto qui. Stanca della vita che avevo fatto fino a quel momento”.

Sembrava una buona vita: prendersi cura degli scrittori e promuovere i libri. Era stancante?
“Molto. È un lavoro che dissipa le energie, sempre stretti fra gli scrittori e i giornalisti, gli uni stressati e gli altri in cerca di un’identità in crisi, un continuo lavoro di mediazione che mi stava consumando. Dopo essermi tanto presa cura degli altri, volevo occuparmi di me stessa, trovare le risorse per farmi stare bene”.

Aveva avuto segnali che stava tirando troppo la corda?
“Più che altro ho pensato a quegli amici che, una volta andati in pensione, hanno avuto gravi contraccolpi di salute. Come se il corpo si fosse ribellato alle sofferenze imposte per una vita. E allora ho detto no, devo correre ai ripari prima di tirare troppo la corda”.

Se la sarebbe aspettata da se stessa, una scelta così radicale?
“No, non credevo di andare fino in fondo, pensavo che sarei rimasta nel paese non più di due o tre mesi. Ma una volta qui mi sono resa conto che la vita mi piaceva, per molti motivi”.

Provi ad elencare questi motivi
“I rapporti con le persone, intanto. Ho scritto più di una poesia su questo, ma provarlo sulla propria pelle è stata una cosa incredibile: vivere qui è come stare non in un paese ma in una stanza di una grande casa. Se apri la finestra qualcuno ti saluta, ti interpella, se hai fame ti porta da mangiare, se hai bisogno apri la porta e sei in una famiglia. C’è un filo che tiene insieme i giovani e i meno giovani, una coesione di cui poi è difficile non sentire la mancanza”.

I borghi si spopolano, ma non il suo. A Lucignana (provincia di Lucca, ndr) c’è ancora una comunità viva, perché?
“È un mistero. Anche Tereglio, qui vicino, si era spopolato, e le persone che lo stanno ripopolando sono turisti, spesso stranieri. Lucignana, invece, è abitata dai locali, chi si sposa o si fidanza vuole restare qui, cerca casa qui, e se proprio è costretto a emigrare poi torna almeno per l’intera estate”.

Ha avuto una vita difficile, faticosa e con molti ostacoli, come racconta nel libro, fra cui anche una violenza sessuale, l’incontro con la malattia di sua figlia operata due volte al cuore, e una importante depressione. Cosa l’ha salvata?
“Ognuno si salva da solo, e se lo vuole. I libri, intanto, mi hanno salvato molto. Poi Lucia, la psicoanalista. E sì, la vita del paese. Perché come dice un mio amico poeta, ci si salva solo se si è avuto una famiglia unita oppure origini umili e contadine. Io la seconda”.

alba donati
Alba Donati è un mamma, poetessa, libraia, addetta stampa: nella sua vita è stata ed è tutto questo, ma se le si chiede come si definisce risponde “fioraia, accudire i fiori è una delle cose che mi piace di più”

La poesia non salva?
“Certo, scrivere e trovare le parole per raccontare quello che ci succede è sempre salvifico. Scrivere lo paragono spesso a un parto, un figlio, qualcosa che si muove dentro di te e che partendo da un’immagine o una parola esce come qualcosa di strutturato senza che te ne accorga. E quando metti fuori quel masso che ti stava dentro, sei già su un percorso di guarigione”.

Professione poetessa: cosa significa?
“Trovare le parole giuste per descrivere l’altra faccia della medaglia, per scendere nell’esperienza che prende valore proprio perché tu la stai riscrivendo. Come ha detto Seamus Heaney, premio Nobel per la poesia, un fatto accade due volte, quando succede e quando lo riscrivi. Gli occhi di una persona che scrive sono occhi che riescono a raccontare quello che non viene visto, che rimane fra le pieghe delle cose”.

C’è una differenza di genere, uomini e donne, in poesia?
“Una differenza c’è, le donne sono state zitte per tanto tempo, sono state destinate ad altro, e quando si sono messe a scrivere hanno cominciato a raccontare un mondo nascosto, un punto di vista fino a quel momento sconosciuto. In questo senso sì, c’è uno specifico femminile. Mi viene in mente Il Canto di Penelope, il libro di Margherita Atwood: siamo abituati al punto di vista di Ulisse, ma c’è anche quello di Penelope che dice ma come, sono stata sola trent’anni, ho creato le mie relazioni, il mio mondo, e tu Ulisse torni e uccidi tutti?”.

Tutta la storia è stata raccontata dagli uomini. Ci vorranno secoli per bilanciare i punti di vista fra uomini e donne?
“Sì, dopo secoli di mutismo la storia andava riscritta: le donne hanno molto da raccontare. Alla fine di questo percorso, forse, non ci sarà più una questione di genere”.

Alba Donati nella sua libreria di Lucignana
Alba Donati nella sua libreria di Lucignana (LU): più volte colpita dalla malattia, sua e della figlia, dalla depressione, a un certo punto ha deciso di mollare tutto e ritirarsi su un ‘cucuzzolo’ dove ha aperto la sua attività

La poesia ha sempre dato voce alle diversità: si può dire che abbatte tutti gli stereotipi?
“Certo, la poesia è sempre stata la voce dei diversi, mi viene in mente Alda Merini: “L’altra verità, diario di una diversa”. La poesia ha sempre dato voce e sostenuto qualsiasi forma di diversità: il colore della pelle, le identità sessuali, penso a Sandro Penna, a Carol Duffy, ma anche a Saffo, andando alle origini”.

E il mondo, nonostante una capacità di ascolto sempre più ridotta, sembra riscoprire la poesia: ne abbiamo bisogno?
“In questo momento storico sembra che stiamo facendo tutti un passo indietro, forse la pandemia ha aperto domande nuove: perché andiamo così di fretta? Perché questo bisogno di aumentare la velocità, di essere multitasking, di risparmiare tempo? A che pro? Mi sembra che le persone stiano riscoprendo quei valori che la poesia ha fatto sempre suoi, una certa calma, la riflessione, la lentezza, togliere i piedi dall’acceleratore per riuscire a soffermarsi sulle cose. Secondo me questo è un bisogno planetario, oggi. Non per caso, il giorno che la libreria ha aperto sono venute da tutt’Italia, è diventata un po’ il simbolo di questa alterativa. Sa quanta gente mi ha scritto per chiedere come fare a cambiare vita?”.

Quindi lei ha una grande responsabilità, con l’uscita di questo libro. Se la sente addosso?
“Sì, la sento. E lo dico onestamente: non è facile, un po’ di conti in tasca bisogna farseli”.

Lei riesce a sostenersi economicamente?
“Beh, io ho speso molto nelle case. Nel libro lo dico bene. Sono nata in una casa abbandonata prima da mio fratello e poi da mio padre, quindi ho la fissa delle case. Su questo ho scialato, ne sono consapevole. Ma l’ho detto: voglio vivere con mille euro al mese, voglio che mi bastino, voglio una vita tranquilla, che mi piace, che mi consenta solo di comprare qualcosa che abbellisca la casa o il giardino o la libreria. I ricavi dai libri? Sono presto detti: come tutti i librai, guadagno il 30 per cento. Se vendo 1000 euro di libri, me ne restano 300”.

alba donati
Donati circondata da giovanissimi ascoltatori e lettori

Possiamo dire che dopo il premio Nobel a Bob Dylan e dopo la riscoperta dei testi nelle canzoni giovanili, anche la musica stia virando verso la poesia?
“Questo non mi trova molto d’accordo. C’è una differenza fondamentale fra la poesia e la musica. La poesia è in grado di creare la musica, c’è quella di Eliot, della Szymborska, di Montale, e se la sono fatta con le parole, si sono trovati la loro musica. E riconosci Sandro Penna da Montale proprio per la musica creata dalle loro poesie. Ma se dalle canzoni togli la musica, quasi mai il testo regge da solo. I rapper poi non c’entrano nulla con la poesia: la parola iterativa, quasi meccanica, il bisogno della rima a tutti i costi, è sempre un po’ infantile. Poi se mi chiede di Achille Lauro, per esempio, le dico che l’adoro”.

E glielo chiedo: perché l’adora?
“Perché mi piace la musica che fa, mi piace il personaggio, questo suo modo di non saper cantare, di cantare come per caso, le scivolate di tono, come se dicesse mi fa un po’ fatica ma canto. E questa sua distrazione rispetto all’ego, al cantante pieno di sé, mi piace tantissimo”.

Libraia, madre, poetessa, addetta stampa, presidente del Viesseux. Come definirebbe se stessa?
“Una fioraia. Accudire i fiori è una delle cose che mi piace di più. Faccio la regina: ho inventato questo castello e cerco di farlo sempre più bello affinché le persone siano felici di venire a vederlo”.

Ha avuto una vita complessa, dicevamo. Ha tirato su una figlia da sola, ha incontrato più volte la malattia, la tristezza, la mancanza di risorse, eppure è sempre ripartita con nuove energie e progetti. È la forza delle madri, delle donne? 
“Nel mio caso credo che la forza venga da mio padre, il suo essere stato positivo sempre, anche nella tragedia. Nel libro lo racconto. Mio padre non ha mai chiuso la portiera di una macchina in vita sua. Mia madre chiudeva la porta di casa alle cinque del pomeriggio. Due visioni del mondo”.

La libreria è il paradiso, comincia quel capitolo…
“E io il paradiso lo lascio sempre aperto, non chiudo i cancelli”.

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  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
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alba donati
Alba Donati è un mamma, poetessa, libraia, addetta stampa: nella sua vita è stata ed è tutto questo, ma se le si chiede come si definisce risponde "fioraia, accudire i fiori è una delle cose che mi piace di più"
La poesia non salva? "Certo, scrivere e trovare le parole per raccontare quello che ci succede è sempre salvifico. Scrivere lo paragono spesso a un parto, un figlio, qualcosa che si muove dentro di te e che partendo da un’immagine o una parola esce come qualcosa di strutturato senza che te ne accorga. E quando metti fuori quel masso che ti stava dentro, sei già su un percorso di guarigione".
Professione poetessa: cosa significa? "Trovare le parole giuste per descrivere l’altra faccia della medaglia, per scendere nell’esperienza che prende valore proprio perché tu la stai riscrivendo. Come ha detto Seamus Heaney, premio Nobel per la poesia, un fatto accade due volte, quando succede e quando lo riscrivi. Gli occhi di una persona che scrive sono occhi che riescono a raccontare quello che non viene visto, che rimane fra le pieghe delle cose". C’è una differenza di genere, uomini e donne, in poesia? "Una differenza c’è, le donne sono state zitte per tanto tempo, sono state destinate ad altro, e quando si sono messe a scrivere hanno cominciato a raccontare un mondo nascosto, un punto di vista fino a quel momento sconosciuto. In questo senso sì, c’è uno specifico femminile. Mi viene in mente Il Canto di Penelope, il libro di Margherita Atwood: siamo abituati al punto di vista di Ulisse, ma c’è anche quello di Penelope che dice ma come, sono stata sola trent’anni, ho creato le mie relazioni, il mio mondo, e tu Ulisse torni e uccidi tutti?".
Tutta la storia è stata raccontata dagli uomini. Ci vorranno secoli per bilanciare i punti di vista fra uomini e donne? "Sì, dopo secoli di mutismo la storia andava riscritta: le donne hanno molto da raccontare. Alla fine di questo percorso, forse, non ci sarà più una questione di genere".
Alba Donati nella sua libreria di Lucignana
Alba Donati nella sua libreria di Lucignana (LU): più volte colpita dalla malattia, sua e della figlia, dalla depressione, a un certo punto ha deciso di mollare tutto e ritirarsi su un 'cucuzzolo' dove ha aperto la sua attività
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Lei riesce a sostenersi economicamente? "Beh, io ho speso molto nelle case. Nel libro lo dico bene. Sono nata in una casa abbandonata prima da mio fratello e poi da mio padre, quindi ho la fissa delle case. Su questo ho scialato, ne sono consapevole. Ma l’ho detto: voglio vivere con mille euro al mese, voglio che mi bastino, voglio una vita tranquilla, che mi piace, che mi consenta solo di comprare qualcosa che abbellisca la casa o il giardino o la libreria. I ricavi dai libri? Sono presto detti: come tutti i librai, guadagno il 30 per cento. Se vendo 1000 euro di libri, me ne restano 300".
alba donati
Donati circondata da giovanissimi ascoltatori e lettori
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