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Home » HP Blocco Testo Destra » Andrea Martinelli: “Il volto maestoso di un vecchio è specchio della nostra storia, passata e futura”

Andrea Martinelli: “Il volto maestoso di un vecchio è specchio della nostra storia, passata e futura”

Il pittore toscano, nella sua mansarda bohémien affacciata sul duomo di Prato, realizza col suo pennello veri e propri omaggi poetici all'universo senescente. Attraverso la sua arte concretizza così il ricordo dell'amato nonno Dino e, allo stesso tempo, lancia un messaggio importante: "Gli anziani non sono un ostacolo, ma ricchezza e opportunità"

Guido Guidi Guerrera
4 Aprile 2022
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I vecchi. Con le loro storie antiche, gli sguardi rivolti a un passato che non potrà mai tornare, la fragilità nelle ossa, la forza dell’esperienza. Volti che sembrano pergamene in cui è possibile leggere i drammi di una vita intera, la fuggevolezza delle gioie e la consapevolezza dell’incalzare del tempo, della sabbia di una clessidra che scorre veloce senza poterci far niente. I vecchi, troppo spesso abbandonati a se stessi, lasciati in un angolo come rottami inservibili oppure parcheggiati in ‘posti bellissimi’ da figli che hanno ben altro a cui pensare. Loro con gli occhi sgomenti, quasi in allarme, sbigottiti nel sapere quanto siano considerati inservibili, mentre il loro orizzonte temporale diventa sempre più basso, come un sole al tramonto.

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Il pittore Andrea Martinelli

Andrea Martinelli, pittore pratese famoso nel mondo, ha fissato da sempre sulla sua tela queste sensazioni tradotte in immagini che parlano, come nel caso della recente mostra Gli occhi del tempo, dedicata a Vincent Van Gogh, perfetta nel ricreare il mondo del genio olandese grazie anche ai costumi d’epoca realizzati dalla figlia Maria Serena Martinelli. Tutti i dipinti dell’artista sono una elegia, un omaggio poetico a quell’universo senescente così poco interessante per chi vive nelle logiche dell’accelerazione insensata di questo mondo in declino. Martinelli coglie con straordinaria efficacia la bellezza che si nasconde in quei visi scavati, rugosi, dalle chiaroveggenti pupille ancora avide di vita e ne fa capolavori minuziosi di meraviglie capaci di svelare il segreto di una intera esistenza colta in pochi istanti dal tratto sapiente del pennello.

Il suo amore per questo genere di pittura nasce da uno ancora più grande: quello nei confronti di nonno Dino. Suo modello ideale, sempre nel cuore dell’artista come mentore e guida insostituibile. E che la poesia della memoria rende feconda l’arte è provato anche dall’ambiente in cui Andrea lavora, una mansarda bohémien che sembra la copia perfetta di quelle della Parigi di fine Ottocento. Una atmosfera di incredibile fascino, in cui i colori sparsi ovunque contendono il primato alle tele e ai pennelli di ogni specie. Il tutto immerso in una luce che sembra creata apposta da un regista per girarci un film. Un luogo sospeso nel tempo eppure centralissimo e affacciato sul Duomo di Prato con cui condivide silenzio e identica dimensione ieratica. Lì Andrea Martinelli vive e lavora. In quello spazio immenso hanno preso forma, a partire dagli anni ’90, i suoi dipinti con una serie di opere intitolate proprio Senescenze, esposte prima a Firenze presso l’Accademia delle Arti del Disegno, di cui è membro, poi presso la  Compagnia del Disegno di Milano. La sua arte è stata apprezzata in numerose mostre personali e collettive, tanto in Italia che all’estero. E come se non bastasse, un suo autoritratto è esposto nel Corridoio Vasariano della Galleria degli Uffizi.

studio martinelli
Lo studio di Andrea Martinelli, una mansarda in perfetto stile bohémien che affaccia sul Duomo di Prato

Martinelli, cosa significa per lei dipingere volti di persone anziane?
“Dipingere il volto di un anziano significa narrare la sua storia e nel contempo quella di ognuno di noi. Le tracce e i solchi che la vita lascia sulla nostra pelle raccontano i nostri dolori come le nostre gioie e speranze. Trovo che i volti dei giovani o delle belle ragazze siano ancora vuoti di responsabilità perché manca il racconto di una vita. Il volto di una giovane donna evoca il mistero, la sensualità, qualcosa che ha a che fare con la “notte” e i suoi fantasmi. Se dovessi dipingere un giovane carpirei il suo mistero attraverso gli occhi, che quasi sempre guardano lontano. Ma nei vecchi è racchiuso tutto. Ecco perché li preferisco: in loro è concentrata una storia infinita, perciò dipingere quelle rughe e quelle imperfezioni mi aiuta a  scoprire un mondo sconfinato”.

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Un quadro di un’anziana donna realizzato da Andrea Martinelli

Quale impulso lo ha spinto in questa direzione?
“Tutto ha avuto inizio con  la scomparsa del mio adorato nonno Dino. Ho amato moltissimo quest’uomo e non ho mai smesso di farlo. Sono trascorsi più di trent’anni dalla sua scomparsa e lui è ancora qui con me. Avevo una sola arma per riportarlo in vita: la mia arte. Così ogni volta che ritraggo un anziano è come se rivedessi lui con la inspiegabile ma precisa sensazione di salvarlo, di renderlo eterno. Forse non è affatto strano che certe persone, dopo la loro scomparsa, diventano ai nostri occhi, quasi per magia,  più maestose e regali di prima. Ecco, io voglio dipingere questa maestosità. Come diceva Emily Dickinson: “L’intangibilità di quanti/hanno raggiunto la morte/possiede per me una regalità/superiore a ogni maestà terrena”.

Osservare il viso di un vecchio equivale, per lei, a leggere una storia personale assieme a quella del mondo?
“Il volto “maestoso” di un vecchio è uno specchio importante per tutti noi. Ci aiuta a capire il mondo, noi stessi, la nostra vita passata e futura. Quel volto è una vera e propria cartina geografica con tutte le strade e i sentieri che a  ognuno di noi toccherà percorrere. Senza le risposte che ci offrono queste vie,  saremmo totalmente smarriti. Ecco perché i vecchi sono così importanti per ognuno di noi: sono come un camino acceso che ci riscalda, che ci rincuora, che ci fa capire cos’è la vita”. 

Che emozione ha provato alla sua prima pennellata quando ha scoperto l’universo senile evocato dal suo talento?
“Ciò che ho provato è un po’ difficile da spiegare. La cosa che ricordo, però, è che ero particolarmente eccitato. Mi chiedevo: ‘Chi mai acquisterà queste mie opere? Questa personale visione del mondo sarà accettata dagli altri? A chi può interessare la rappresentazione di un vecchio, o ancor di più il volto del mio amato nonno?’. Queste domande mi assillavano giorno dopo giorno, e non riuscivo a trovare una risposta. Eppure nonostante tutto ero certo che quella sarebbe stata l’unica strada da seguire. Sapevo che quando dipingevo alla mia maniera il cuore cominciava a battermi forte, e questo mi ha fatto vincere paure e incertezze”.

ritratto-martinelli-anziani
Il pittore martinelli sullo sfondo con la protagonista del suo quadro in primo piano

Le piacerebbe dipingere altro?
“No, non ho nessun desiderio di abbandonare il mio mondo. In arte non esiste l’ispirazione, bensì l’ossessione. L’essere umano è da sempre al centro dei miei pensieri e non ho nessuna intenzione di abbandonarlo. Anzi, semmai vorrei più tempo a disposizione per poter realizzare tutti i progetti che ho in mente che hanno come unico protagonista L’uomo”.

Di cosa, a suo giudizio, hanno più bisogno le persone anziane?
“Rischio di essere scontato, ma lo sostengo ugualmente con forza: hanno bisogno di amore e di maggiore attenzione. Non c’è più tra i giovani d’oggi questo genere di interesse. Troppo spesso gli anziani sono visti come un ostacolo, quando dovrebbero essere invece considerati una vera e propria ricchezza e un’opportunità.  Personalmente rimpiango spesso  i momenti trascorsi con i  nonni e questo  mi scalda il cuore perché mi  fanno pensare ad un mondo migliore, un  mondo che non c’è più  e cerco di proteggere preservandolo con l’espressione della mia arte. Quel che conta oggi è   vivere solo nel  presente  ma in realtà  proiettati nel futuro:quindi  il passato sembra non avere più importanza per nessuno. Invece in quella lontana dimensione temporale  è racchiusa  tutta la nostra ricchezza, una fonte inesauribile  di bellezza  fatta di ricordi e  memorie, da cui ho sempre attinto. “

Quale aspetto della loro fisionomia l’attrae di più?
“La loro caducità, le imperfezioni, i solchi, i nei, gli occhi lucidi e spenti come se fossero sempre in perenne attesa. Ma la lista potrebbe essere ancora più lunga. Insomma, sono bellissimi! Capisco che queste mie affermazioni potrebbero apparire strane se non assurde: eppure mi sento molto fortunato per il fatto di saper riconoscere la bellezza lì dove pochi la vedono. Forse devo tutto a nonno Dino che prima di andarsene per sempre mi aveva voluto regalare con il suo sorriso e il suo amore il senso totale della “bellezza”, una bellezza infinita che voglio raccontare fino alla fine dei mie giorni”.

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Il volto di un anziano ritratto da Martinelli

Quali sono i colori ideali per ritrarne aspetto esteriore e intima essenza?
“Le tinte ideali appartengono al dominio del grigio, del nero e del bianco: sono i colori della memoria. Ogni mia opera è simile a  foto in bianco e nero sfocate e ingiallite dal tempo. Chi si avvicina ai miei dipinti deve sentire il desiderio di avvicinarsi e toccarli fino ad avvertire tutto il profumo di chi vi è ritratto e del suo passato sospeso nel tempo”.

Sono solo modelli per lei o si viene a stabilire un rapporto?
“No, pensare a loro come modelli non avrebbe per me alcun senso. Ci deve sempre essere un rapporto interpersonale, per quanto minimo. Tra i tanti che ritraggo ci sono amici o parenti, ma soprattutto  si tratta di  gente che incontro per caso, volti  nei quali sento di infondere  qualcosa che ha a che fare con il mio vissuto e per questo chiamo “volti della lontananza”. Un modo di  dipingere e disegnare  che potrei definire per amor lontano“.

Come si pensa da vecchio? Sarà il momento di un nuovo autoritratto o preferirà lasciare di sé una immagine incorrotta dal tempo?

“Ho ormai dipinto molti autoritratti, in trent’anni di attività, e nel 2013 ho donato uno di questi alla Galleria degli Uffizi. Credo che continuerò perché lo reputo un modo efficace per dialogare con quel me stesso denso di spiriti e fantasmi, al quale non concederò mai nessuna indulgenza. Certo, riconosco di essere un gran narciso e sono anche molto vanitoso, in fondo come ogni artista: ma so di essere altrettanto spietato nell’autocritica. Forse, per fortunata genetica, mi saranno risparmiati molti insulti del tempo anche se continuerò a perdere i capelli. Ma di una cosa sono certo: armato del mio pennello affilato come un bisturi, preciso quanto un raggio laser, andrò sempre dritto alla ricerca di me stesso. Fino in fondo all’anima”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
I vecchi. Con le loro storie antiche, gli sguardi rivolti a un passato che non potrà mai tornare, la fragilità nelle ossa, la forza dell'esperienza. Volti che sembrano pergamene in cui è possibile leggere i drammi di una vita intera, la fuggevolezza delle gioie e la consapevolezza dell'incalzare del tempo, della sabbia di una clessidra che scorre veloce senza poterci far niente. I vecchi, troppo spesso abbandonati a se stessi, lasciati in un angolo come rottami inservibili oppure parcheggiati in 'posti bellissimi' da figli che hanno ben altro a cui pensare. Loro con gli occhi sgomenti, quasi in allarme, sbigottiti nel sapere quanto siano considerati inservibili, mentre il loro orizzonte temporale diventa sempre più basso, come un sole al tramonto.
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Il pittore Andrea Martinelli
Andrea Martinelli, pittore pratese famoso nel mondo, ha fissato da sempre sulla sua tela queste sensazioni tradotte in immagini che parlano, come nel caso della recente mostra Gli occhi del tempo, dedicata a Vincent Van Gogh, perfetta nel ricreare il mondo del genio olandese grazie anche ai costumi d'epoca realizzati dalla figlia Maria Serena Martinelli. Tutti i dipinti dell'artista sono una elegia, un omaggio poetico a quell'universo senescente così poco interessante per chi vive nelle logiche dell'accelerazione insensata di questo mondo in declino. Martinelli coglie con straordinaria efficacia la bellezza che si nasconde in quei visi scavati, rugosi, dalle chiaroveggenti pupille ancora avide di vita e ne fa capolavori minuziosi di meraviglie capaci di svelare il segreto di una intera esistenza colta in pochi istanti dal tratto sapiente del pennello. Il suo amore per questo genere di pittura nasce da uno ancora più grande: quello nei confronti di nonno Dino. Suo modello ideale, sempre nel cuore dell'artista come mentore e guida insostituibile. E che la poesia della memoria rende feconda l'arte è provato anche dall'ambiente in cui Andrea lavora, una mansarda bohémien che sembra la copia perfetta di quelle della Parigi di fine Ottocento. Una atmosfera di incredibile fascino, in cui i colori sparsi ovunque contendono il primato alle tele e ai pennelli di ogni specie. Il tutto immerso in una luce che sembra creata apposta da un regista per girarci un film. Un luogo sospeso nel tempo eppure centralissimo e affacciato sul Duomo di Prato con cui condivide silenzio e identica dimensione ieratica. Lì Andrea Martinelli vive e lavora. In quello spazio immenso hanno preso forma, a partire dagli anni '90, i suoi dipinti con una serie di opere intitolate proprio Senescenze, esposte prima a Firenze presso l’Accademia delle Arti del Disegno, di cui è membro, poi presso la  Compagnia del Disegno di Milano. La sua arte è stata apprezzata in numerose mostre personali e collettive, tanto in Italia che all’estero. E come se non bastasse, un suo autoritratto è esposto nel Corridoio Vasariano della Galleria degli Uffizi.
studio martinelli
Lo studio di Andrea Martinelli, una mansarda in perfetto stile bohémien che affaccia sul Duomo di Prato
Martinelli, cosa significa per lei dipingere volti di persone anziane? "Dipingere il volto di un anziano significa narrare la sua storia e nel contempo quella di ognuno di noi. Le tracce e i solchi che la vita lascia sulla nostra pelle raccontano i nostri dolori come le nostre gioie e speranze. Trovo che i volti dei giovani o delle belle ragazze siano ancora vuoti di responsabilità perché manca il racconto di una vita. Il volto di una giovane donna evoca il mistero, la sensualità, qualcosa che ha a che fare con la "notte" e i suoi fantasmi. Se dovessi dipingere un giovane carpirei il suo mistero attraverso gli occhi, che quasi sempre guardano lontano. Ma nei vecchi è racchiuso tutto. Ecco perché li preferisco: in loro è concentrata una storia infinita, perciò dipingere quelle rughe e quelle imperfezioni mi aiuta a  scoprire un mondo sconfinato".
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Un quadro di un'anziana donna realizzato da Andrea Martinelli
Quale impulso lo ha spinto in questa direzione? "Tutto ha avuto inizio con  la scomparsa del mio adorato nonno Dino. Ho amato moltissimo quest'uomo e non ho mai smesso di farlo. Sono trascorsi più di trent'anni dalla sua scomparsa e lui è ancora qui con me. Avevo una sola arma per riportarlo in vita: la mia arte. Così ogni volta che ritraggo un anziano è come se rivedessi lui con la inspiegabile ma precisa sensazione di salvarlo, di renderlo eterno. Forse non è affatto strano che certe persone, dopo la loro scomparsa, diventano ai nostri occhi, quasi per magia,  più maestose e regali di prima. Ecco, io voglio dipingere questa maestosità. Come diceva Emily Dickinson: "L'intangibilità di quanti/hanno raggiunto la morte/possiede per me una regalità/superiore a ogni maestà terrena". Osservare il viso di un vecchio equivale, per lei, a leggere una storia personale assieme a quella del mondo? "Il volto "maestoso" di un vecchio è uno specchio importante per tutti noi. Ci aiuta a capire il mondo, noi stessi, la nostra vita passata e futura. Quel volto è una vera e propria cartina geografica con tutte le strade e i sentieri che a  ognuno di noi toccherà percorrere. Senza le risposte che ci offrono queste vie,  saremmo totalmente smarriti. Ecco perché i vecchi sono così importanti per ognuno di noi: sono come un camino acceso che ci riscalda, che ci rincuora, che ci fa capire cos'è la vita".  Che emozione ha provato alla sua prima pennellata quando ha scoperto l'universo senile evocato dal suo talento? "Ciò che ho provato è un po' difficile da spiegare. La cosa che ricordo, però, è che ero particolarmente eccitato. Mi chiedevo: 'Chi mai acquisterà queste mie opere? Questa personale visione del mondo sarà accettata dagli altri? A chi può interessare la rappresentazione di un vecchio, o ancor di più il volto del mio amato nonno?'. Queste domande mi assillavano giorno dopo giorno, e non riuscivo a trovare una risposta. Eppure nonostante tutto ero certo che quella sarebbe stata l'unica strada da seguire. Sapevo che quando dipingevo alla mia maniera il cuore cominciava a battermi forte, e questo mi ha fatto vincere paure e incertezze".
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Il pittore martinelli sullo sfondo con la protagonista del suo quadro in primo piano
Le piacerebbe dipingere altro? "No, non ho nessun desiderio di abbandonare il mio mondo. In arte non esiste l'ispirazione, bensì l'ossessione. L'essere umano è da sempre al centro dei miei pensieri e non ho nessuna intenzione di abbandonarlo. Anzi, semmai vorrei più tempo a disposizione per poter realizzare tutti i progetti che ho in mente che hanno come unico protagonista L'uomo". Di cosa, a suo giudizio, hanno più bisogno le persone anziane? "Rischio di essere scontato, ma lo sostengo ugualmente con forza: hanno bisogno di amore e di maggiore attenzione. Non c'è più tra i giovani d'oggi questo genere di interesse. Troppo spesso gli anziani sono visti come un ostacolo, quando dovrebbero essere invece considerati una vera e propria ricchezza e un'opportunità.  Personalmente rimpiango spesso  i momenti trascorsi con i  nonni e questo  mi scalda il cuore perché mi  fanno pensare ad un mondo migliore, un  mondo che non c'è più  e cerco di proteggere preservandolo con l'espressione della mia arte. Quel che conta oggi è   vivere solo nel  presente  ma in realtà  proiettati nel futuro:quindi  il passato sembra non avere più importanza per nessuno. Invece in quella lontana dimensione temporale  è racchiusa  tutta la nostra ricchezza, una fonte inesauribile  di bellezza  fatta di ricordi e  memorie, da cui ho sempre attinto. " Quale aspetto della loro fisionomia l'attrae di più? "La loro caducità, le imperfezioni, i solchi, i nei, gli occhi lucidi e spenti come se fossero sempre in perenne attesa. Ma la lista potrebbe essere ancora più lunga. Insomma, sono bellissimi! Capisco che queste mie affermazioni potrebbero apparire strane se non assurde: eppure mi sento molto fortunato per il fatto di saper riconoscere la bellezza lì dove pochi la vedono. Forse devo tutto a nonno Dino che prima di andarsene per sempre mi aveva voluto regalare con il suo sorriso e il suo amore il senso totale della "bellezza", una bellezza infinita che voglio raccontare fino alla fine dei mie giorni".
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Il volto di un anziano ritratto da Martinelli
Quali sono i colori ideali per ritrarne aspetto esteriore e intima essenza? "Le tinte ideali appartengono al dominio del grigio, del nero e del bianco: sono i colori della memoria. Ogni mia opera è simile a  foto in bianco e nero sfocate e ingiallite dal tempo. Chi si avvicina ai miei dipinti deve sentire il desiderio di avvicinarsi e toccarli fino ad avvertire tutto il profumo di chi vi è ritratto e del suo passato sospeso nel tempo". Sono solo modelli per lei o si viene a stabilire un rapporto? "No, pensare a loro come modelli non avrebbe per me alcun senso. Ci deve sempre essere un rapporto interpersonale, per quanto minimo. Tra i tanti che ritraggo ci sono amici o parenti, ma soprattutto  si tratta di  gente che incontro per caso, volti  nei quali sento di infondere  qualcosa che ha a che fare con il mio vissuto e per questo chiamo "volti della lontananza". Un modo di  dipingere e disegnare  che potrei definire per amor lontano". Come si pensa da vecchio? Sarà il momento di un nuovo autoritratto o preferirà lasciare di sé una immagine incorrotta dal tempo? "Ho ormai dipinto molti autoritratti, in trent'anni di attività, e nel 2013 ho donato uno di questi alla Galleria degli Uffizi. Credo che continuerò perché lo reputo un modo efficace per dialogare con quel me stesso denso di spiriti e fantasmi, al quale non concederò mai nessuna indulgenza. Certo, riconosco di essere un gran narciso e sono anche molto vanitoso, in fondo come ogni artista: ma so di essere altrettanto spietato nell'autocritica. Forse, per fortunata genetica, mi saranno risparmiati molti insulti del tempo anche se continuerò a perdere i capelli. Ma di una cosa sono certo: armato del mio pennello affilato come un bisturi, preciso quanto un raggio laser, andrò sempre dritto alla ricerca di me stesso. Fino in fondo all'anima".
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