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Home » HP Blocco Testo Destra » Bruno Santini, il volto inclusivo del cinema: “Leggo libri per non vedenti, il pregiudizio nasce dall’ignoranza”

Bruno Santini, il volto inclusivo del cinema: “Leggo libri per non vedenti, il pregiudizio nasce dall’ignoranza”

L'attore e regista guidato dall'amore per il prossimo si racconta a Luce!: "Far ridere è difficile, ma è la migliore delle terapie. Mi piace curiosare su come è cambiato il mondo: siamo passati dal twist al twerk, dalla scatoletta di carne alle dritte di MasterChef. Le battute sui diversi? È un malcostume che sta scomparendo"

Guido Guidi Guerrera
7 Aprile 2022
Bruno Santini: un attore e regista fiorentino con la passione per il sociale

Bruno Santini: un attore e regista fiorentino con la passione per il sociale

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Bruno Santini: un attore e regista fiorentino con la passione per il sociale. Famoso per i suoi ruoli in diverse fiction televisive di successo, ammirato nelle sue interpretazioni cinematografiche a fianco di Roberto Benigni, Carlo Monni e Leonardo Pieraccioni, ha scritto libri dedicati all’infanzia inventando il divertente e pedagogico personaggio di Stravideo ma anche cimentandosi nell’analisi degli anni ’60. Quel topico momento epocale in cui i baby boomer di allora vivevano in un eden simbolo di un mondo che si immaginava sempre più rotondo e perfetto, simile a quello rappresentato nelle sfere di vetro in cui tutto è bello, chiaro, cristallino e rassicurante. O per lo meno, così è all’apparenza.

L’occhio dell’attore fiorentino spazia però oltre e si infila anche nelle pieghe dei bisogni spiccioli del quotidiano quando dalle antenne della radio o sulle pagine del mensile Informacoop intreccia con la gente un dialogo franco e volutamente ‘alla buona’. Bruno è esattamente questo: una persona semplice con cui si scopre la bellezza della conversazione senza pose, priva di inutili infingimenti, e per questo se ne riconoscono meglio i meriti e l’innegabile valore professionale. La sua ironia bonaria lascia scoprire allo spettatore il piacere della battuta intelligente, mai volgare. Le risate che suscita il suo recitare non sono quelle di pancia: piuttosto nascono da quella tipica fiorentinità di una volta, in cui sentimenti diversi e contrastanti convergono talvolta nella considerazione amara e franca, in un gioco di incoerenze quasi surreali.

Bruno Santini, 64 anni, è un attore e regista nato a Firenze

“Far ridere è difficile, ma è la migliore delle terapie. Specialmente di questi tempi”, afferma Bruno, mentre appoggia sul tavolo il calice di bianco che si è concesso. “Sapere che un bambino sta ridendo per una mia battuta, che una persona anziana ricorda e sorride o un malato trova sollievo anche solo per un’ora abbandonandosi alla distrazione che offro, mi ripaga di tutto. E cerco di farlo anche con chi non ha la fortuna di vedere, raccontando storie e leggendo libri per il Centro del Libro Parlato dell’Unione Italiana Ciechi”. 

Santini è un uomo dallo sguardo proiettato verso il futuro ma volto con interesse a un passato perfino remoto, come nel caso dell’antico Egitto. La sua immagine in ologramma nei panni di Howard Carter, il famoso archeologo scopritore della tomba di Tutankhamon (al quale tra l’altro somiglia in modo straordinario) , è da anni presente in una mostra itinerante proprio incentrata sul giovane faraone della tredicesima dinastia. Anche in questo caso vale il detto latino ‘ludendo disce‘ (“impara giocando”) . Perché il rigore delle informazioni, frutto degli studi della figlia Valentina, egittologa, è mediato da una bella dose di leggerezza affinché il percorso didattico risulti fruibile a chiunque. Ed ecco rivelarsi il volto nuovo, o per meglio dire, intero di Bruno Santini: non soltanto noto uomo di spettacolo, ma persona dedicata al prossimo, alla gente comune che ogni giorno incontra per strada da cittadino qualunque. Forse proprio in questi gesti autentici va cercato il vero segreto del suo successo. Chi lo vede in televisione o al cinema lo indica, lo riconosce e ne apprezza tutte le qualità e sa bene che il giorno dopo quando lo incontrerà al bar o dal giornalaio non ci sarà nessuna distanza, nessun muro di separazione. Un modo, il suo, di fare il mestiere dell’attore in modo inclusivo, aperto, profumato di semplicità e ricco di quella dignità che sa di antico, fa bene e rende migliori.

Per Bruno Santini “far ridere è difficile, ma è la migliore delle terapie. Specialmente di questi tempi”

Bruno Santini, che cosa significa regalare un sorriso di questi tempi?

“Credo che sia un regalo prezioso, come un buon consiglio o una parola di conforto. Ovviamente un sorriso o una franca risata non possono essere la panacea di tutti i mali, ma credo siano un propellente indispensabile per il nostro stato d’animo. Perciò mi auguro che Il sesso degli angeli, il nuovo film di Pieraccioni presto nelle sale in cui interpreto il ruolo del notaio Bacci, possa regalare un paio d’ore di spensieratezza e divertimento”.

Le capita mai di pensare al passato con nostalgia?

“Assolutamente no! Come evidenzio nei miei ultimi due libri ‘Si stava meglio quando si stava peggio?’ e ‘Profumo di boom‘, il mio vuole essere un modo di voltarsi indietro con tanta sana ironia, guardando alle piccole cose del passato con indulgenza e sempre con il sorriso sulle labbra. In realtà mi piace curiosare sulle ragioni che hanno determinato tanti cambiamenti negli stili di vita: dal twist siamo finiti al twerk, dalla scatoletta di carne che si apriva con la speciale chiavetta alle dritte di MasterChef. Cos’è rimasto dei remigini, della mucca Carolina, delle figurine da ritagliare del Corriere dei Piccoli, dei fotoromanzi, dei piriché e degli eque qua? Beh, sì siamo senza dubbio cambiati: qualcuno sosterrà che lo siamo in meglio, altri in peggio”.

Per un attore scrivere significa rifugiarsi in un altrove più rassicurante dell’oggi?

“Ho più di sessant’anni e credo che l’esperienza di vita mi permetta di saper affrontare anche i nostri giorni molto accelerati e incerti, comunque figli del nostro passato e di cui siamo tutti in qualche misura responsabili. Gli attuali venti di guerra spaventano come lo fecero quelli che sembravano ormai archiviati della ‘guerra fredda’, e i giorni terribili della pandemia ci hanno trasmesso un’apprensione non troppo diversa rispetto a quelli per il flagello dell’aids. Tuttavia a mio parere proprio questa non facile decodificazione del presente può rivelarsi il pungolo ideale a tenere desta la nostra attenzione: quindi non credo che scrivere significhi rifugiarsi in un altrove più rassicurante, così come un personaggio del passato è per un attore soltanto motivo di attingere alla ricchezza del suo vissuto”.

Bruno Santini legge libri per non vedenti: “Da più di vent’anni sono uno dei lettori del Centro del Libro Parlato dell’Unione Italiana Ciechi”

Lei legge libri per i non vedenti. Di cosa si tratta?

“Da ormai più di vent’anni sono uno dei lettori del Centro del Libro Parlato dell’Unione Italiana Ciechi. Un’esperienza straordinaria. A Firenze abbiamo a disposizione tre studi di registrazione per realizzare la lettura a voce alta dei libri che ci invia la direzione di Roma . Si tratta di recentissimi bestseller e di grandi classici che grazie al supporto di un tecnico/regista diventano fruibili per il pubblico di non vedenti o ipovedenti che ne fa richiesta. La cosa essenziale è non far prevalere la recitazione sulla parola scritta: il vero protagonista deve essere sempre chi ascolta, mai chi legge!”.

Ha mai pensato alle sue interpretazioni come alla più efficace terapia scacciamali e cattivi pensieri?

“È una responsabilità non da poco e ravviso in questo aspetto della mia professione un fondo di verità. Sicuramente quando una interpretazione cinematografica riflette il modo di vivere comune diventa un aiuto efficace per comprendere il nostro quotidiano. Spesso la sequenza di un film fa da specchio o addirittura da lente d’ingrandimento della realtà che stiamo vivendo. Ed è proprio immedesimandoci in un determinato personaggio che riusciamo a percepire in modo empatico e lucido certi stati d’animo. Forse addirittura il fatto di scoprire il meccanismo che lega tra loro gli interpreti può servire a comprendere meglio i sentimenti di chi ci sta vicino, condividendoli. Sì, non mi sento di esagerare affermando che il lavoro dell’attore è in questo senso sicuramente terapeutico”.

Lei che è una persona molto sensibile ai problemi sociali, è affezionato in particolare a qualcuno dei suoi ruoli in cui si pone l’accento su questo aspetto?

“Il cinema è facce diceva Fellini… e così non mi stupisco se i ruoli che mi propongono, facendo leva sulla fisiognomica, sono solitamente da ‘buono’. In oltre cinquanta lavori per il cinema, senza contare le fiction televisive, non ho mai interpretato la parte di un criminale, di un cattivo. Ho avuto da giovane la faccia da bravo ragazzo, adesso quello della brava persona. Confesso che mi piace moltissimo interpretare il ruolo del medico. Il dottore per eccellenza, quello stile Cronin nel romanzo ‘La Cittadella’: sempre disponibile e davvero al servizio del paziente, pronto a guarire il corpo ma aperto a conoscere i drammi della psiche. Per questo ricordo sempre con affetto quei ruoli in cui indosso un camice bianco”.

Bruno Santini ci spiega cosa vuol dire essere e fare l’attore: “Solo immedesimandosi in un personaggio riusciamo a percepire in modo empatico certi stati d’animo. Il lavoro dell’attore è sicuramente terapeutico”

L’amica geniale e Nero a metà affrontano i problemi del disagio sociale e della diversità razziale. Possono queste fiction di successo accrescere la sensibilità delle persone su simili tematiche?

“Senza dubbio! Credo che film come Soldato blu o Un uomo chiamato cavallo siano stati utili per gli indiani d’America più di tante dichiarazioni di politici pronunciate da un qualsiasi palco o davanti a qualsiasi telecamera. Molte volte il pregiudizio nasce dalla nostra ignoranza, quindi abituarsi a riconoscere il disagio con le varie diversità è sicuramente il modo migliore per combatterlo. Riproporre queste tematiche in un film o in una fiction è il modo più efficace di portarle all’ attenzione del pubblico, stimolandone la sensibilità e spingendolo a riflettere. Quando questi lavori sono premiati dal successo dimostra in modo evidente che la gente ti è grata dell’impegno profuso”.

La commedia italiana più feconda è nata proprio nel dopoguerra. Dopo questa nostra crisi, che ci auguriamo termini presto, prevede una rinascita del nostro cinema?

“Quello della commedia all’italiana è un filone che si è esaurito con la scomparsa degli interpreti più rappresentativi: attori, registi, sceneggiatori… Questo però non vuol dire che non ci sia più spazio per nuovi stili e nuove proposte. La crisi economica complica molto le cose e produrre un film è sempre più difficile. Bisogna superare una infinità di ostacoli burocratici e occorrono finanziamenti robusti per arrivare a fare prodotti di buon livello. Il cinema è un’industria e come tale può esprimersi al meglio solo quando è certa di poter contare su indispensabili supporti. Se queste condizioni si realizzano abbiamo tutti gli strumenti necessari per una ripresa in grande stile”.

Un tempo si rideva con troppa facilità alle battute che prendevano di mira certe categorie di diversi. Come sono mutate oggi le cose?

“Direi che è un malcostume che sta sempre più scomparendo. La televisione sta molto attenta a quello che propone e lo è anche il mondo cinematografico: il pubblico dal canto suo ha voltato definitivamente le spalle a certe battutacce, dimostrando quanto siamo decisamente cresciuti forse in buona parte grazie a quei lavori di buona qualità che ci hanno insegnato a capire e riconoscere la diversità e il razzismo”.

Bruno Santini e Vanessa Incontrada insieme per la serie televisiva “Non dirlo al mio capo”

Qual è il personaggio che non ha ancora interpretato, con la speranza che prima o poi accada?

“Mi piacerebbe molto interpretare la biografia di un uomo, non necessariamente famoso, ma dalla condotta esemplare e dall’etica cristallina. Ovviamente per questi ruoli occorre possedere un aspetto aderente al personaggio in questione e al momento non mi pare di essere il ‘clone’ di nessuno in particolare. Dicono che somiglio molto all’archeologo Howard Carter, così ho finito per indossarne i panni per illustrare la mostra itinerante Tutankhamon viaggio verso l’eternità” .

Se un giorno dovesse dirigere un film di cosa parlerebbe e che titolo avrebbe?

“Avrei una voglia matta di realizzare il remake di La vita è meravigliosa. La storia di George, un brav’uomo a un passo dal suicidio che grazie all’intervento di un angelo custode capisce quanto dolore e vuoto avrebbe causato la sua morte. La versione originale diretta da Frank Capra è del ’46, ma i sentimenti che mette a nudo non hanno età e ritengo siano straordinariamente attuali anche adesso. In quanto alla location non c’è angolo di mondo in cui non sia credibile ambientarla. Quindi, perché no la nostra Italia: e a pensarci bene, proprio la mia Firenze sarebbe perfetta!”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

Bruno Santini: un attore e regista fiorentino con la passione per il sociale. Famoso per i suoi ruoli in diverse fiction televisive di successo, ammirato nelle sue interpretazioni cinematografiche a fianco di Roberto Benigni, Carlo Monni e Leonardo Pieraccioni, ha scritto libri dedicati all'infanzia inventando il divertente e pedagogico personaggio di Stravideo ma anche cimentandosi nell'analisi degli anni '60. Quel topico momento epocale in cui i baby boomer di allora vivevano in un eden simbolo di un mondo che si immaginava sempre più rotondo e perfetto, simile a quello rappresentato nelle sfere di vetro in cui tutto è bello, chiaro, cristallino e rassicurante. O per lo meno, così è all'apparenza.

L'occhio dell'attore fiorentino spazia però oltre e si infila anche nelle pieghe dei bisogni spiccioli del quotidiano quando dalle antenne della radio o sulle pagine del mensile Informacoop intreccia con la gente un dialogo franco e volutamente 'alla buona'. Bruno è esattamente questo: una persona semplice con cui si scopre la bellezza della conversazione senza pose, priva di inutili infingimenti, e per questo se ne riconoscono meglio i meriti e l'innegabile valore professionale. La sua ironia bonaria lascia scoprire allo spettatore il piacere della battuta intelligente, mai volgare. Le risate che suscita il suo recitare non sono quelle di pancia: piuttosto nascono da quella tipica fiorentinità di una volta, in cui sentimenti diversi e contrastanti convergono talvolta nella considerazione amara e franca, in un gioco di incoerenze quasi surreali.

Bruno Santini, 64 anni, è un attore e regista nato a Firenze

"Far ridere è difficile, ma è la migliore delle terapie. Specialmente di questi tempi", afferma Bruno, mentre appoggia sul tavolo il calice di bianco che si è concesso. "Sapere che un bambino sta ridendo per una mia battuta, che una persona anziana ricorda e sorride o un malato trova sollievo anche solo per un'ora abbandonandosi alla distrazione che offro, mi ripaga di tutto. E cerco di farlo anche con chi non ha la fortuna di vedere, raccontando storie e leggendo libri per il Centro del Libro Parlato dell’Unione Italiana Ciechi". 

Santini è un uomo dallo sguardo proiettato verso il futuro ma volto con interesse a un passato perfino remoto, come nel caso dell'antico Egitto. La sua immagine in ologramma nei panni di Howard Carter, il famoso archeologo scopritore della tomba di Tutankhamon (al quale tra l'altro somiglia in modo straordinario) , è da anni presente in una mostra itinerante proprio incentrata sul giovane faraone della tredicesima dinastia. Anche in questo caso vale il detto latino 'ludendo disce' ("impara giocando") . Perché il rigore delle informazioni, frutto degli studi della figlia Valentina, egittologa, è mediato da una bella dose di leggerezza affinché il percorso didattico risulti fruibile a chiunque. Ed ecco rivelarsi il volto nuovo, o per meglio dire, intero di Bruno Santini: non soltanto noto uomo di spettacolo, ma persona dedicata al prossimo, alla gente comune che ogni giorno incontra per strada da cittadino qualunque. Forse proprio in questi gesti autentici va cercato il vero segreto del suo successo. Chi lo vede in televisione o al cinema lo indica, lo riconosce e ne apprezza tutte le qualità e sa bene che il giorno dopo quando lo incontrerà al bar o dal giornalaio non ci sarà nessuna distanza, nessun muro di separazione. Un modo, il suo, di fare il mestiere dell'attore in modo inclusivo, aperto, profumato di semplicità e ricco di quella dignità che sa di antico, fa bene e rende migliori.

Per Bruno Santini "far ridere è difficile, ma è la migliore delle terapie. Specialmente di questi tempi"

Bruno Santini, che cosa significa regalare un sorriso di questi tempi?

“Credo che sia un regalo prezioso, come un buon consiglio o una parola di conforto. Ovviamente un sorriso o una franca risata non possono essere la panacea di tutti i mali, ma credo siano un propellente indispensabile per il nostro stato d’animo. Perciò mi auguro che Il sesso degli angeli, il nuovo film di Pieraccioni presto nelle sale in cui interpreto il ruolo del notaio Bacci, possa regalare un paio d’ore di spensieratezza e divertimento”.

Le capita mai di pensare al passato con nostalgia?

“Assolutamente no! Come evidenzio nei miei ultimi due libri 'Si stava meglio quando si stava peggio?' e 'Profumo di boom', il mio vuole essere un modo di voltarsi indietro con tanta sana ironia, guardando alle piccole cose del passato con indulgenza e sempre con il sorriso sulle labbra. In realtà mi piace curiosare sulle ragioni che hanno determinato tanti cambiamenti negli stili di vita: dal twist siamo finiti al twerk, dalla scatoletta di carne che si apriva con la speciale chiavetta alle dritte di MasterChef. Cos’è rimasto dei remigini, della mucca Carolina, delle figurine da ritagliare del Corriere dei Piccoli, dei fotoromanzi, dei piriché e degli eque qua? Beh, sì siamo senza dubbio cambiati: qualcuno sosterrà che lo siamo in meglio, altri in peggio”.

Per un attore scrivere significa rifugiarsi in un altrove più rassicurante dell’oggi?

“Ho più di sessant'anni e credo che l’esperienza di vita mi permetta di saper affrontare anche i nostri giorni molto accelerati e incerti, comunque figli del nostro passato e di cui siamo tutti in qualche misura responsabili. Gli attuali venti di guerra spaventano come lo fecero quelli che sembravano ormai archiviati della ‘guerra fredda’, e i giorni terribili della pandemia ci hanno trasmesso un’apprensione non troppo diversa rispetto a quelli per il flagello dell’aids. Tuttavia a mio parere proprio questa non facile decodificazione del presente può rivelarsi il pungolo ideale a tenere desta la nostra attenzione: quindi non credo che scrivere significhi rifugiarsi in un altrove più rassicurante, così come un personaggio del passato è per un attore soltanto motivo di attingere alla ricchezza del suo vissuto”.

Bruno Santini legge libri per non vedenti: "Da più di vent'anni sono uno dei lettori del Centro del Libro Parlato dell'Unione Italiana Ciechi"

Lei legge libri per i non vedenti. Di cosa si tratta?

“Da ormai più di vent'anni sono uno dei lettori del Centro del Libro Parlato dell’Unione Italiana Ciechi. Un’esperienza straordinaria. A Firenze abbiamo a disposizione tre studi di registrazione per realizzare la lettura a voce alta dei libri che ci invia la direzione di Roma . Si tratta di recentissimi bestseller e di grandi classici che grazie al supporto di un tecnico/regista diventano fruibili per il pubblico di non vedenti o ipovedenti che ne fa richiesta. La cosa essenziale è non far prevalere la recitazione sulla parola scritta: il vero protagonista deve essere sempre chi ascolta, mai chi legge!”.

Ha mai pensato alle sue interpretazioni come alla più efficace terapia scacciamali e cattivi pensieri?

“È una responsabilità non da poco e ravviso in questo aspetto della mia professione un fondo di verità. Sicuramente quando una interpretazione cinematografica riflette il modo di vivere comune diventa un aiuto efficace per comprendere il nostro quotidiano. Spesso la sequenza di un film fa da specchio o addirittura da lente d’ingrandimento della realtà che stiamo vivendo. Ed è proprio immedesimandoci in un determinato personaggio che riusciamo a percepire in modo empatico e lucido certi stati d’animo. Forse addirittura il fatto di scoprire il meccanismo che lega tra loro gli interpreti può servire a comprendere meglio i sentimenti di chi ci sta vicino, condividendoli. Sì, non mi sento di esagerare affermando che il lavoro dell’attore è in questo senso sicuramente terapeutico”.

Lei che è una persona molto sensibile ai problemi sociali, è affezionato in particolare a qualcuno dei suoi ruoli in cui si pone l’accento su questo aspetto?

“Il cinema è facce diceva Fellini… e così non mi stupisco se i ruoli che mi propongono, facendo leva sulla fisiognomica, sono solitamente da ‘buono’. In oltre cinquanta lavori per il cinema, senza contare le fiction televisive, non ho mai interpretato la parte di un criminale, di un cattivo. Ho avuto da giovane la faccia da bravo ragazzo, adesso quello della brava persona. Confesso che mi piace moltissimo interpretare il ruolo del medico. Il dottore per eccellenza, quello stile Cronin nel romanzo 'La Cittadella': sempre disponibile e davvero al servizio del paziente, pronto a guarire il corpo ma aperto a conoscere i drammi della psiche. Per questo ricordo sempre con affetto quei ruoli in cui indosso un camice bianco”.

Bruno Santini ci spiega cosa vuol dire essere e fare l'attore: "Solo immedesimandosi in un personaggio riusciamo a percepire in modo empatico certi stati d'animo. Il lavoro dell'attore è sicuramente terapeutico"

L’amica geniale e Nero a metà affrontano i problemi del disagio sociale e della diversità razziale. Possono queste fiction di successo accrescere la sensibilità delle persone su simili tematiche?

“Senza dubbio! Credo che film come Soldato blu o Un uomo chiamato cavallo siano stati utili per gli indiani d’America più di tante dichiarazioni di politici pronunciate da un qualsiasi palco o davanti a qualsiasi telecamera. Molte volte il pregiudizio nasce dalla nostra ignoranza, quindi abituarsi a riconoscere il disagio con le varie diversità è sicuramente il modo migliore per combatterlo. Riproporre queste tematiche in un film o in una fiction è il modo più efficace di portarle all' attenzione del pubblico, stimolandone la sensibilità e spingendolo a riflettere. Quando questi lavori sono premiati dal successo dimostra in modo evidente che la gente ti è grata dell’impegno profuso”.

La commedia italiana più feconda è nata proprio nel dopoguerra. Dopo questa nostra crisi, che ci auguriamo termini presto, prevede una rinascita del nostro cinema?

“Quello della commedia all’italiana è un filone che si è esaurito con la scomparsa degli interpreti più rappresentativi: attori, registi, sceneggiatori… Questo però non vuol dire che non ci sia più spazio per nuovi stili e nuove proposte. La crisi economica complica molto le cose e produrre un film è sempre più difficile. Bisogna superare una infinità di ostacoli burocratici e occorrono finanziamenti robusti per arrivare a fare prodotti di buon livello. Il cinema è un’industria e come tale può esprimersi al meglio solo quando è certa di poter contare su indispensabili supporti. Se queste condizioni si realizzano abbiamo tutti gli strumenti necessari per una ripresa in grande stile”.

Un tempo si rideva con troppa facilità alle battute che prendevano di mira certe categorie di diversi. Come sono mutate oggi le cose?

“Direi che è un malcostume che sta sempre più scomparendo. La televisione sta molto attenta a quello che propone e lo è anche il mondo cinematografico: il pubblico dal canto suo ha voltato definitivamente le spalle a certe battutacce, dimostrando quanto siamo decisamente cresciuti forse in buona parte grazie a quei lavori di buona qualità che ci hanno insegnato a capire e riconoscere la diversità e il razzismo”.

Bruno Santini e Vanessa Incontrada insieme per la serie televisiva "Non dirlo al mio capo"

Qual è il personaggio che non ha ancora interpretato, con la speranza che prima o poi accada?

“Mi piacerebbe molto interpretare la biografia di un uomo, non necessariamente famoso, ma dalla condotta esemplare e dall’etica cristallina. Ovviamente per questi ruoli occorre possedere un aspetto aderente al personaggio in questione e al momento non mi pare di essere il ‘clone’ di nessuno in particolare. Dicono che somiglio molto all’archeologo Howard Carter, così ho finito per indossarne i panni per illustrare la mostra itinerante Tutankhamon viaggio verso l’eternità” .

Se un giorno dovesse dirigere un film di cosa parlerebbe e che titolo avrebbe?

“Avrei una voglia matta di realizzare il remake di La vita è meravigliosa. La storia di George, un brav’uomo a un passo dal suicidio che grazie all’intervento di un angelo custode capisce quanto dolore e vuoto avrebbe causato la sua morte. La versione originale diretta da Frank Capra è del '46, ma i sentimenti che mette a nudo non hanno età e ritengo siano straordinariamente attuali anche adesso. In quanto alla location non c’è angolo di mondo in cui non sia credibile ambientarla. Quindi, perché no la nostra Italia: e a pensarci bene, proprio la mia Firenze sarebbe perfetta!”.

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